Ergastolo "ostativo", dopo quattro lauree e un romanzo chiede la libertà: negata

Ergastolo "ostativo", dopo quattro lauree e un romanzo chiede la libertà: negata
di Roberta GRASSI
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Sabato 18 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:33

Quattro lauree, un romanzo e una condotta irreprensibile in carcere. Ma per la Cassazione potrebbe tornare ad avere contatti con la criminalità locale, per di più da detenuto all’ergastolo “ostativo”, non ha mai collaborato. Dopo trent’anni di detenzione, è stata negata la liberazione condizionale a Giuseppe Perrone, 57enne di Trepuzzi, in cella per il delitto del giovane di Brindisi, Mauro Maniglio, avvenuto a Casalabate nel 1992. Omicidio rispetto al quale si è sempre dichiarato innocente. 

La decisione della Cassazione

Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso della difesa dopo analoga decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Ritornando, quindi sul tema rovente dell’ergastolo ostativo e del “fine pena mai”. 
«L’accesso alla liberazione condizionale - hanno scritto i giudici - gli è precluso». Per la «mancata collaborazione del condannato con la giustizia», ma non solo. Per la «carenza di validi e convincenti elementi da cui desumere il venir meno dei collegamenti con la criminalità organizzata e l’inesistenza del pericolo di un loro ripristino». Così si era infatti espressa la Direzione nazionale antimafia nel parere, mentre la relazione penitenziaria aveva anche optato per il «mantenimento della detenzione nel circuito di alta sicurezza». 
«Sussisterebbe - hanno aggiunto i giudici - in caso di rientro del condannato nel contesto socio - ambientale di riferimento, il concreto pericolo di ripristino dei collegamenti».

Perrone aveva chiesto anche in subordine i domiciliari, per occuparsi del figlio nato nel 2016. Ma la Suprema Corte ha stabilito che non vi è un reale impedimento da parte materna ad accudire il bambino, non lo è la situazione lavorativa della donna, specie se vi sono altri famigliari che possono aiutare. 

I possibili collegamenti 

Tornando ai possibili «collegamenti», Perrone ha sempre dichiarato di aver rotto ogni legame con la vita precedente e di aver iniziato un nuovo percorso, fatto di scrittura e di studi accademici. 
È recente la laurea (ottenuta per altro in presenza, con permesso premio), in Editoria, comunicazione e informazione, attestato conseguito all’Università Tor Vergata. Aveva affrontato la seduta con una tesi dal titolo: «Gli abissi di una pena a partire da Primo Levi». 
Aveva già concluso gli studi al Dams, a Bologna. Poi in discipline teatrali. Infine alla facoltà di Lettere, sempre nella Capitale. Di recente ha pubblicato un romanzo, “Sofia aveva lunghi capelli”, incentrato proprio sul tema dell’attesa. 
In una intervista, subito dopo il romanzo, Perrone aveva parlato della situazione dei detenuti “ostativi”. Del carcere come pena, e del permesso di un’ora che gli era stato concesso per tornare a Trepuzzi, in occasione della nascita di suo figlio. Per il tramite dei legali, trascorsi trent’anni, ha chiesto la liberazione condizionale, ma non l’ha ottenuta. Per la Dna, e quindi per il magistrato di sorveglianza di Roma e per la Cassazione, ci sono tuttora pericoli di ricongiungimento con un territorio che risente ancora, senza alcun dubbio, della presenza della criminalità organizzata. 

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