Soleto, ascoltata in caserma per sei ore l'infermiera testimone-chiave della Rsa

Soleto, ascoltata in caserma per sei ore l'infermiera testimone-chiave della Rsa
di Erasmo MARINAZZO
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Giovedì 23 Aprile 2020, 09:18
Ascoltata per sei ore dai carabinieri del Nas l'infermiera in servizio nella residenza sanitaria assistenziale (rsa) La Fontanella di Soleto durante tutta la fase critica sfociata poi nel commissariamento affidato alla Asl. Il testimone chiave. Colei che ha visto e vissuto fino all'ultimo giorno i problemi di mancata assistenza ricaduti sugli ospiti per mancanza di personale. Ha riferito tutto dell'emergenza innescata dalla certezza che fosse positiva al coronavirus l'ospite di 95 anni ricoverata in ospedale e poi deceduta. La prima delle 16 vittime di quella struttura.

Sei ore per rispondere alle domande degli investigatori delegati dal pubblico ministero Alberto Santacatterina della Procura di Lecce, titolare dell'inchiesta per omicidio colposo ed abbandono di persone incapaci. Assistita, quell'infermiera, dall'avvocato Alberto Gatto che interpellato sul punto ha chiarito che si sia trattato di un ascolto di persona informata sui fatti. Non è indagata, in altra parole, quell'infermiera.

Dunque, le indagini stanno approfondendo quella fase intercorsa dall'allarme scatenato dal primo contagio fino alla gestione commissariale presa dalla Asl il 27 marzo dopo l'ordinanza emanata dal sindaco di Soleto, Graziano Vantaggiato. Quella settimana in cui gran parte del personale restò a casa in quarantena in attesa dell'esito dei tamponi. Quella settimana in cui la carenza di assistenti avrebbe creato i disservizi denunciati da quei parenti che hanno dato il via all'inchiesta con gli esposti presentati ai carabinieri ed in Procura. Un quadro arricchito poi dalla documentazione acquisita dai carabinieri nella rsa ed anche dalla memoria di oltre 20 pagine depositata dal legale rappresentante, don Vittorio Matteo e dalla responsabile Federica Cantore, con gli avvocati Michele e Giuseppe Bonsegna.

Tanti gli aspetti che l'inchiesta vuole chiarire e che sono stati sottoposti all'infermiera chiamata a riferire di quei giorni drammatici raccontati anche da quegli ospiti con le telefonate di aiuto ai familiari, le telefonate registrate in cui i medici dell'ospedale Vito Fazzi di Lecce parlano di pazienti giunti in stato di ipotermia e di disidratati e le telefonate che urlano le richieste di assistenza rimaste per ore senza risposta.
Quale situazione si era creata nel momento in cui, era il pomeriggio del 25 marzo, la gestione privata è rimasta senza personale? E perché non è stato possibile continuare a garantire l'assistenza agli anziani? Queste alcune delle questioni affrontate con l'infermiera, per chiederle se è vero - come ha sostenuto la proprietà - che la quarantena sia stata imposta dalla stessa Asl dopo avere avuto la certezza del primo contagio. Se è vero che il 23 marzo, lunedì, i turni di servizio furono garantiti da sei operatori socio assistenziali (oss) e tre infermieri e se nella stessa giornata furono assunti tre nuovi oss per fare fronte alla emergenza.

Giornata cruciale anche quella successiva, per capire perché poi venne meno l'assistenza: 19 contagi accertati. Con questi pazienti spostati tutti in una area isolata e l'assistenza garantita da otto oss ed un infermiere? Fino al 25 marzo, quando alle 15.30 sarebbe cessato il servizio di assistenza per mancanza di personale. Quell'infermiera c'era: ha prestato servizio fino all'ultimo turno.

L'inchiesta sta inoltre accertando se e quali carenza ci siano state anche nella gestione della Asl, come hanno chiesto i familiari della centenaria Maria Luce Tundo scambiata di persona per tre volte e poi deceduta. Se ne parla nell'esposto depositato dall'avvocato Carlo Gervasi. Altre anomalie sono state segnalate negli atti depositati in Procura dagli avvocati Angela Rizzo e Anna Sabato.
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