Nardò, fiumi di droga: chieste condanne per 130 anni di carcere

Nardò, fiumi di droga: chieste condanne per 130 anni di carcere
di Roberta GRASSI
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Martedì 23 Maggio 2023, 20:17 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 18:27

Arriva il conto dell’accusa nel processo con rito abbreviato che nasce dall’inchiesta sul business della droga nella zona di Nardò. Il pm della Dda, Carmen Ruggiero, ha invocato 11 condanne, per un totale di 130 anni di reclusione.

Il processo 

Dovrà esprimersi il gup Angelo Zizzari. Le richieste sono le seguenti: 18 anni per Roberto Longo, 16 anni e sette mesi per Roberto Giammarruto, otto anni per la moglie, Chiara Marzano; 10 anni e 7 mesi per Fernando De Mitri; 11 anni e 4 mesi per Giulio Falconieri; 10 anni per Alessio Fahrat e Antony Fracella; 16 anni per Lorenzo Grillo; 10 anni e 7 mesi per Sergio Spenga; 10 anni e cinque mesi per Alex Mazzarella; 8 anni per Gianluca Sanasi. Sono tutti di Nardò. In nove furono arrestati nell’aprile del 2022 dai poliziotti della Squadra mobile e del commissariato di Nardò. 
Sono contestate a vario titolo ipotesi di associazione per delinquere finalizzata al traffico ed alla commercializzazione di sostanze stupefacenti, estorsione, usura e violazione della legge sulle armi. Fatti riferiti agli anni 2019 e 2020. Le indagini sono state svolte con intercettazioni telefoniche, con sequestri e verifiche sul campo, ma anche sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia più recenti. Uno in particolare, che aggiorna al 2019 l’influenza di Pippi Durante sulla piazza neretina.

Gli ordini dal carcere

Ancora in grado, secondo quanto emerso, di controllare i suoi “uomini” tra cui, Roberto  Longo. E di impartire ordini dal carcere, attraverso la moglie che periodicamente lo incontrava nei colloqui autorizzati. Da qui emergerebbe l’esistenza di una rete di pusher in grado di smerciare quantitativi ingenti di stupefacente. Di ricorrere alla minaccia delle armi o a veri e propri pestaggi in caso di inadempienza nei pagamenti, che dovevano essere fatti per lo più con ricarica su postepay. O alla sottrazione di auto, qualificata come estorsione. C’è poi il capitolo dedicato all’usura. Episodi che si inseriscono sì nel giro di approfondimenti fatti dagli uomini in divisa, ma che sono riferiti soltanto a uno degli indagati, Roberto Giammarruto. Avrebbe prestato denaro a strozzo a un commerciante del settore abbigliamento per chiederne, in più circostanze, la restituzione con interessi di 20 euro per ogni giorno di ritardo nella restituzione. Le difese sono sostenute dagli avvocati Ladislao Massari, Giampiero Geusa e Tommaso Valente, Andrea Frassanito.
L’inchiesta degli investigatori diretti dai vicequestori Pasquale Testini e Sabrina Manzone, era nata da una informazione reperita durante l’operazione “Final Blow”, sviluppata poi in seguito e con particolare riferimento alla situazione di Nardò.

Ruolo di capo o promotore viene attribuito a Longo, Giammarruto e Grillo. Altre figure sarebbero state partecipi dell’associazione con compiti diversi. 

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