“Risorgono” le Province: il progetto per tornare a eleggere consiglieri e presidente. Ed è polemica

Palazzo Chigi
Palazzo Chigi
di Maria Claudia MINERVA
4 Minuti di Lettura
Lunedì 29 Aprile 2019, 08:10
Province sì, Province no. È il tema che in queste ore infiamma la polemica politica. «Inutili e costosi poltronifici» le definisce Luigi Di Maio. «Servono per dare servizi ai cittadini» replica Matteo Salvini. Di fatto, la riforma delle Province convertita in legge nell'aprile del 2014 dalla Camera non ha previsto un'abolizione totale delle stesse, ma una sostituzione con nuovi enti che hanno continuato a occuparsi di edilizia scolastica, tutela e valorizzazione dell'ambiente, trasporti, strade provinciali e per i quali non sono più previste elezioni dirette. Per la loro abolizione totale sarebbe stata necessaria una modifica della Costituzione, ma solo come primo passaggio formale. La riforma costituzionale bocciata con il referendum del 4 dicembre prevedeva solo di eliminare la parola Province dalla Costituzione, rimandando poi a una futura legge ordinaria la determinazione delle funzioni e delle competenze di questi enti o la loro eventuale cancellazione (una nuova riforma dunque, che sostituisse la riforma Delrio). In tutti questi passaggi la situazione è rimasta piuttosto confusa, e complicata.
Ed ora, mentre si consuma il nuovo scontro Lega-M5s sull'utilità di questi enti, l'Upi Unione Province Italiane porta in audizione alla Commissione Bilancio del Senato un documento in cui, pur facendo degli appunti critici al Def (Documento di Economia e Finanza), avanza delle proposte nelle more della revisione dell'ordinamento delle Province nel Programma nazionale delle riforme. Prima fra tutte «la creazione di una Stazione Unica Appaltante», partendo proprio dal presupposto che solo «la ricostruzione di una prospettiva certa per le Province, dal punto di vista istituzionale, può consentire di valorizzare le iniziative di razionalizzazione della spesa e di miglioramento degli acquisti a livello locale (che nel complesso ammontano a circa 40 miliardi di euro) attraverso la creazione di Stazioni Uniche Appaltanti provinciali e metropolitane che si pongano a servizio di tutti gli enti locali del territorio, per favorire una gestione più efficace degli appalti pubblici e la ripresa degli investimenti a livello locale, come vero volano per la crescita di tutto il Paese».
L'Upi insiste molto sulla riforma dell'ordinamento «che costituisce il presupposto per la semplificazione di tutta l'amministrazione pubblica a livello territoriale», poiché si legge nel documento portato in audizione al Senato «è possibile ed economicamente utile ricondurre a queste istituzioni costitutive della Repubblica funzioni e risorse che oggi sono disperse in strutture e organismi non sottoposti ad un controllo democratico (Ato, Aro, ecc), eliminando le sovrapposizioni di competenze e riducendo i costi di struttura e gli sprechi, a beneficio dei cittadini e dei territori». Poi, nel ricordare «il dl 91/18 che ha previsto l'istituzione di un tavolo tecnico-politico per la redazione delle linee guida finalizzate all'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle Province» incalza il governo sottolineando che «ad oggi, di questo impegno, non si riscontrano tracce nel Pnr». Motivo per cui sollecita un intervento che rimedi a questa mancanza.
Nel frattempo, ribadisce come il profilo dei nuovi enti sia virtuoso e vocato allo sviluppo locale, con un'azione di qualificazione della spesa - scrive «non eguagliata dagli altri enti locali, anzi: la spesa corrente dei Comuni scende del -1,1% e quella delle città metropolitane addirittura aumenta di un +8,17%. Non solo. L'Upi porta anche a corredo del suo documento al Def «una puntuale ricognizione delle opere infrastrutturali relative sia alla viabilità sia agli edifici scolastici, che hanno determinato la fotografia del fabbisogno del Paese sia in termini di urgenze e di necessità finanziaria, sia rispetto alla disponibilità di progetti per opere subito cantierabili nel 2019-2020». Rispetto alla Puglia i progetti sono 121, dei quali 86 cantierabili nel 2019, 35 nel 2020, per un costo complessivo pari a 249.892.891 (di cui 119.044.891 per il 2019 e 130.848.000 per il 2020). Riguardo alle scuole, invece, sempre per la Puglia, i progetti ammissibili sono 82 mentre le risorse complessive sono 273.461.490. «Dei 762 progetti che riguardano tutta l'Italia, solo 170 risultano finanziati nel 2018. Restano dunque senza risorse, pur essendo immediatamente cantierabili, gli interventi per mettere in sicurezza 592 scuole secondarie, per una spesa di un miliardo e 686 milioni di euro».
Cinque, infine, le richieste prioritarie per l'Upi: 1) l'assegnazione di 2,5 miliardi per i progetti viari, 2)l'esclusione dell'Anas dal novero di enti beneficiari delle risorse previste nella legge di bilancio, 3) l'assegnazione di 1,6 miliardi per le scuole, 4) l'accelerazione delle procedure di assunzione di personale, 5) l'abrogazione del limite di spesa sulla dotazione organica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA