Avvocati, fuga dalla professione, poco pagati e frustrati

Il 30% sogna di cambiare lavoro

Avvocati, fuga dalla professione, poco pagati e frustrati
di Luana PRONTERA
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Lunedì 8 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:16

Fuga dalla facoltà di Giurisprudenza e dalla professione legale anche nel Salento, il 32,8% degli avvocati prende in seria considerazione l’ipotesi di lasciare l’attività mentre i giovani preferiscono scegliere facoltà a carattere scientifico o sanitario. Una crisi complessiva che trova immediato riscontro sul piano degli iscritti all’albo. Per la prima volta, infatti, i numeri sono in calo. A rivelarlo è il rapporto Censis sull’Avvocatura 2022. Le motivazioni sono innumerevoli e complesse. La prima è legata ai costi eccessivi dell’esercizio della professione legale, la seconda invece al riscontro economico spesso insufficiente a garantire una vita dignitosa a professionisti giovani e meno giovani. Insomma anche malpagati. Il dato, su scala nazionale, preoccupa e fa riflettere ma la situazione diventa più grave nel Sud Italia e in particolar modo nel Salento.

Il presidente dell'Ordine: «Non fuggono solo i giovani ma anche i 50enni»

«Il contesto economico in cui ci troviamo è particolarmente penalizzante perché l’avvocatura non può sopravvivere con i micro-conflitti e piccole liti - dice il presidente dell’Ordine degli avvocati di Lecce Antonio De Mauro -.

Manca un tessuto economico, fatto di grandi imprese, capace di assorbire dignitosamente le professionalità. Non fuggono solo i giovani ma anche gli avvocati con decenni di esperienza alle spalle. Un tempo, a 50 anni, un professionista iniziava a raccogliere i meritati frutti di un lavoro complesso e prestigioso. Oggi, a 50 anni, chiedono la cancellazione dall’albo e provano a reinventarsi in altri settori giocandosi, magari, la carta dei concorsi pubblici. Il vero problema è il malcostume diffuso dei clienti che ritengono il pagamento dell’avvocato del tutto inopportuno». 

L'impoverimento della classe forense

Ogni volta che una persona entra in uno studio legale, racconta ancora De Mauro, «e chiede un parere pensa che non sia necessario neppure chiedere se quel parere abbia un costo, dando per scontato che non ce l’abbia. Ma non è così. Ogni professionista mette a disposizione anni di studio, esperienza, sacrifici e tempo che devono essere rispettati. Un avvocato non lavora solo otto ore al giorno ma è sempre reperibile, per tutti. Dall’osservatorio privilegiato del Consiglio dell’ordine è impossibile non notare un impoverimento generale della classe forense. In realtà le tariffe sono adeguate e la legislazione recentissima sull’equo compenso tutela il professionista tuttavia, resta il grave problema del malcostume diffuso che impoverisce e toglie dignità ad un’intera ed eccellente classe di professionisti», conclude De Mauro.
C’è da dire che, nonostante la fuga dalla professione, il numero degli avvocati nella provincia di Lecce resta alto, attestandosi sulle 4mila unità. Basta percorrere una qualsiasi strada, del centro o della periferia, per contare il numero di targhette affisse ai portoni. Dietro ad ogni nome c’è una storia e il sacrificio di famiglie che hanno investito nel futuro dei figli, poi cresciuti, diventati professionisti e finiti in un mondo dove spesso il prestigio della professione è andato perso insieme al lungo e difficile percorso di tutte quelle persone competenti che Dickens avrebbe definito “grandi speranze”. 

«La vittima principale è il merito»

 

«Nel corso degli ultimi venti anni abbiamo visto che è sempre più difficile misurare il valore del lavoro intellettuale ed ottenere un compenso adeguato - afferma Vincenzo Caprioli, delegato per il distretto di Lecce, Brindisi e Taranto nel parlamento dell’avvocatura forense -. Le cause sono molteplici. Da una parte, il blocco dei concorsi pubblici che ha precluso uno degli sbocchi tradizionali dei laureati in giurisprudenza e ciò ha elevato il numero degli iscritti agli albi; dall’altra parte, la crisi economica arrivata nel momento in cui Bersani aboliva le tariffe professionali ha fatto il resto. Proprio la liberalizzazione delle tariffe, certamente giusta in astratto, è però arrivata nel momento sbagliato, quando il numero dei professionisti cresceva. Il vero dramma è che oggi, agli occhi del cliente, non è più importante il rapporto di fiducia ed il contenuto della prestazione, che diventavano fama e prestigio, e il compenso da pagare, in passato non discutibile, oggi oggetto di una gara al ribasso. Le vittime principali di questa situazione sono il merito e i giovani».

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