Un milione e 200mila pugliesi beneficeranno del robusto taglio al cuneo fiscale-contributivo deciso dal Consiglio dei ministri lunedì scorso. Il taglio di quattro punti si tradurrà in un appesantimento delle buste paga nei mesi da luglio a dicembre e si aggiungerà a quello già vigente deciso da Mario Draghi e confermato poi dal Governo Meloni con la legge di Bilancio 2023. Oggi, in virtù delle sforbiciate decise nei mesi scorsi, i redditi fino a 25mila euro lordi annui beneficiano di un taglio del cuneo fiscale del 3%; i redditi sopra i 25mila euro ed entro i 35mila euro invece hanno in busta paga un taglio al cuneo del 2%. A partire dal mese di luglio e fino alla fine dell’anno, con il decreto Lavoro approvato il Primo Maggio lo “sconto” fiscale contributivo per gli stipendi fino a 25mila euro salirà a sette punti percentuali, che diverranno sei punti per i lavoratori dipendenti che guadagnano dai 25 a 35mila euro.
I dati per la Puglia
La platea di lavoratori che trarrà beneficio dalla misura – salutata con favore dalle imprese aderenti a Confartigianato e Confindustria Puglia – è molto vasta nella regione: copre, infatti, oltre il 90% dei dipendenti secondo lo studio condotto dall’Osservatorio economico Aforisma, diretto da Davide Stasi. Per avere un’idea della estensione della misura, basti dire che i lavoratori dipendenti pugliesi rappresentano il 52,3% dei contribuenti della regione e il 6,3% del totale dei contribuenti in Italia. Ma i numeri elaborati dall’Osservatorio per calcolare quale impatto avrà il decreto Lavoro approvato simbolicamente il Primo Maggio svelano anche che la quasi totalità dei lavoratori dipendenti - ovvero nove su dieci - non supera i 35mila euro lordi di retribuzione annua e, anzi, il reddito medio di un dipendente pugliese è di 17.030 euro contro i 21.500 della media nazionale.
Si vedrà, dunque, in che modo questa misura - finanziata dal Governo Meloni con 4 miliardi di euro - si riverbererà sulla Puglia dove i prezzi al consumo, nel 2022, sono cresciuti dell’8,1%, la quota più alta dal 1985 secondo i calcoli Istat. L’obiettivo, appesantendo le buste paga dei lavoratori, è aumentare il potere d’acquisto, rimettere in circolo denaro e far scendere l’inflazione.
Sempre Stasi ha effettuato delle simulazioni del taglio del cuneo: un lavoratore con una retribuzione annua di 20mila euro, da luglio a dicembre prossimi, troverà in busta paga 76,82 euro in più, che si tradurranno a fine anno in un aumento di 460,92 euro.
Le prospettive future
Se il taglio del cuneo dovesse essere confermato anche per il 2024 - com’è lecito immaginare giacché la crisi inflattiva non si risolverà in pochi mesi e visto che nel 2024 si andrà a votare per le Europee - al Governo serviranno dieci miliardi di euro per finanziarne la copertura per tutto l’anno.
Accanto al taglio del cuneo fiscale - la misura più “pesante” e più attesa tanto dalle imprese quanto dai sindacati che, tuttavia, l’hanno giudicata insoddisfacente - il decreto Lavoro riforma il Reddito di cittadinanza, sostituito dall’Assegno di inclusione per offrire un sostegno economico ai nuclei familiari in difficoltà, e da uno Strumento di attivazione destinato agli “occupabili”, che in Puglia sono due milioni, per rimborsare la frequenza ai corsi di formazione o riqualificazione professionale. Lo stesso decreto ripristina il tetto di tremila euro per i fringe benefit, ovvero per una sorta di “premio” e riconoscimento che l’azienda può inserire nella busta del lavoratore, ma dedicato soltanto ai dipendenti con figli. «Si tratta di una misura che punta a sostenere le famiglie limitando l’impatto dell’inflazione sui redditi» ha spiegato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. I fringe benefit, infatti, potranno essere dedicati anche al pagamento delle bollette energetiche.
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