Amina, la mamma: «Un incubo: la vedo solo 15 minuti al giorno, temo per la sua salute»

Amina, la mamma: «Un incubo: la vedo solo 15 minuti al giorno, temo per la sua salute»
Amina, la mamma: «Un incubo: la vedo solo 15 minuti al giorno, temo per la sua salute»
di Giuseppe ANDRIANI
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Lunedì 30 Ottobre 2023, 07:17 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 14:46

Assemgul Sapenova, la mamma di Amisa, racconta l'incubo che sta vivendo ormai da settimane. Nata e cresciuta in Kazakistan, in Italia ha sposato Sergio Milo, con cui ha avuto due figli, tra cui la 18enne arrestata e trattenuta in carcere ad Astana dalla metà di luglio. Era tornata in patria, dopo aver ottenuto un visto per la figlia, per motivi di famiglia ma ora sogna solo il rientro in Italia, a Lecce. Sorride soltanto quando le si fa presente che alla fine di questa terribile storia potrà tornare a vivere a Lecce. È amareggiata, arrabbiata, disperata. «Non capisco più nulla», ripete più volte dalla capitale del Kazakistan, dove ieri non c'era né corrente elettrica e né acqua. E anche la connessione a internet era precaria. Attende solo che qualcuno le dica che sua figlia sarà scarcerata. Lavora ormai da giorni con il Consolato, con due consulenti giuridiche, e con l'avvocato Alibek Sekerov. Ormai da settimane le sue giornate - racconta a Quotidiano - sono tutte uguali: si sveglia molto presto, porta da mangiare ad Amina, la incontra per 15 minuti, si assicura che stia bene e che i nervi non stiano cedendo ancor di più e poi ritorna a casa. «Mia figlia è una ragazza come tante, non ha mai avuto problemi con la giustizia ed è pulita. Quello che sta accadendo è una grave violazione del diritto», dice in un italiano non sempre impeccabile ma comprensibile anche per la sua forte determinazione.
Asia, sua figlia è in carcere in Kazakistan ormai da giorni. Di cosa è accusata?
«Di spaccio di droga, ma non hanno trovato niente, mia figlia è pulita. Non ne ha neppure fatto uso, lo dicono i documenti. Lei stava passeggiando con un ragazzo del posto quando è stata presa dalla Polizia. Non ci hanno fatto sapere niente per giorni».
Lei è riuscita a incontrarla nel corso di queste settimane di detenzione?
«La incontro cinque volte a settimana per 15 minuti. In quel quarto d'ora le porto cibo, acqua, tutto quello che può servirle, perché qui le condizioni sono molto difficili».
Come vi state muovendo?
«Abbiamo fatto tante istanze, ovunque. Ci siamo rivolti a chiunque, anche per avere i domiciliari. Sono stanca, siamo tutti stanchi. Poi qualcosa si è mosso quando abbiamo chiamato i giornalisti in Kazakistan. Su Instagram abbiamo ricevuto tanta solidarietà».
Avete chiesto la scarcerazione ma non l'avete ottenuta. Cosa è successo?
«Abbiamo chiesto per tre volte i domiciliari. Ci avevano anche assicurato che li avremmo ottenuti, ci hanno illusi. E poi invece ci hanno negato. Anche per questo sono molto arrabbiata. Ora ci siamo rivolti alla Procura Speciale del Kazakistan per denunciare gli abusi e le violenze della Polizia. Adesso attendiamo il confronto. Ci hanno persino detto che loro volevano liberare Amina, ma lei voleva restare in quella casa. È assurdo. Pensi che ci hanno chiesto dei soldi».
Si spieghi meglio.
«Ci hanno chiesto circa 60mila euro per liberare nostra figlia. Una sorta di cauzione».
La sua vita è diventata un incubo.
«Io mi alzo ogni giorno alle 5, faccio una fila di un'ora e mezzo fuori dal carcere, tutto per vederla per 15', per parlare con lei e per assicurarmi che il suo umore non peggiori. Sono stremata e sono preoccupata per mia figlia».
Chi è Amina? Ci racconta la vita di sua figlia prima di questa brutta storia?
«È una ragazza normale, viviamo a San Cesario ma lei è spesso a Lequile. Non ha mai avuto problemi con la giustizia in Italia. Ha studiato al Liceo artistico Pellegrino di Lecce. È una ragazza come tante, sensibile, gentile, educata, tranquilla. Non riesco a spiegarmi quello che sta succedendo anche per questo...».
Tornerete in Italia quando tutto sarà finito?
«Certo, magari. Appena sarà possibile torneremo in Italia. Magari...».

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