Siderurgia, il Made in Italy rilancia ma sui prossimi mesi l'incognita crescita Ue

Il prodotto nazionale risente anche del caro energia: all’Ast di Terni un megawattora costa il triplo rispetto ai concorrenti francesi

L’acciaieria Ast di Terni
L’acciaieria Ast di Terni
di Giusy Franzese
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Mercoledì 6 Settembre 2023, 11:44 - Ultimo aggiornamento: 7 Settembre, 06:00

La siderurgiaitaliana ha navigato a vele spiegate questa estate.

Dopo il dato leggermente positivo di giugno (+0,7%), Federacciai ha comunicato che la produzione italiana di acciaio grezzo di luglio ha sfiorato un incremento a due cifre, facendo registrare +9,2% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Non basta a compensare il calo cumulato da inizio 2023 (-4,3% da gennaio a luglio per un totale di circa settecentomila tonnellate in meno) ma potrebbe far sperare in un'inversione di tendenza del mercato per i prossimi mesi. Operatori e analisti, però, restano molto vigili. D'altronde se luglio, come detto, per l'Italia è stato buono, in Europa il settore ha grandi difficoltà: la produzione complessiva di acciaio grezzo nell'Ue-27 nel settimo mese dell'anno si è fermata a 10,3 milioni di tonnellate, il 7, 1% in meno rispetto a quanto sfornato nello stesso mese dello scorso anno (il calore è ancora maggiore, -11,7%, se si guarda il dato gennaio-luglio). Continua ad andare molto male la Germania: dopo il tonfo di giugno (-8,4%) anche a luglio la produzione di acciaio tedesco è rimasta in territorio negativo seppur in modo decisamente meno marcato (-0,5%). Una crisi, quella dell'economia tedesca, che da sempre ha fatto da traino per tutta l'Europa, che non può che preoccuparsi.

LE INCOGNITE

 Insomma le nubi restano dense. La guerra in Ucraina che non accenna a virare verso soluzioni di pace, l’inflazione a livelli ancora preoccupanti, la frenata cinese, e i costi dell’energia sì lontani dai picchi della scorsa estate ma comunque alti, sono spade di Damocle minacciose sull’andamento del mercato anche in questa seconda parte dell’anno. L’attenzione ora è rivolta a settembre (agosto per il settore è tradizionalmente un mese di fermo attività). «Se il trend del bimestre giugno-luglio in Italia dovesse confermarsi in questa ultima parte dell’anno si può sperare in una chiusura del 2023 non negativa, vicina ai risultati del 2022» dice Stefano Ferrari, responsabile ufficio studi di Siderweb. «Parlo a livello di volumi di produzione – precisa – non di redditività, dato che i prezzi sono in declino o al massimo stabili».

Certamente il recente dato sul Pil in calo smorza i già flebili entusiasmi su una ripresa più sostenuta della domanda.

L’OPPORTUNITÀ

 Non mancano però gli ottimisti. La parolina magica anche in questo settore è “Pnrr”. Al di là delle polemiche sulle risorse destinate alla decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto, l’enorme flusso di fondi europei potrebbe avere un impatto indiretto importante per la siderurgia italiana nel momento in cui le opere infrastrutturali programmate inizieranno a uscire dai cassetti e saranno “messe a terre”, come si suol dire. Pensiamo a quanto acciaio richiede la costruzione di nuovi binari delle ferrovie, per esempio. Ma anche ponti, strade e gallerie. Ruggero Brunori, amministratore delegato di Ferriera Valsabbia (Bs), è tra chi vede più bianco che nero. «A inizio 2023 dominava l’incertezza» ricorda. «Non si riusciva a definire quali fossero i volumi adeguati al mercato. Alcuni Paesi, Italia compresa, avevano ridotto fortemente la domanda. C’erano aspettative di rimbalzo, che purtroppo poi è avvenuto lentamente. Adesso però la situazione potrebbe cambiare. Il Pnrr ci dà l’opportunità di avere infrastrutture moderne» ha detto intervenendo all’ultimo webinair organizzato da Siderweb su “Mercato e dintorni dell’acciaio”.

I COSTI

Restano invece le preoccupazioni per i costi energetici. «Sebbene i prezzi all’ingrosso del gas si siano recentemente stabilizzati, sono ancora circa più del doppio rispetto a prima della crisi; ciò crea grandi problemi a tutti i settori industriali energivori» spiega Antonio Gozzi, presidente di Federacciai. All’Ast di Terni, maggiore produttore italiano di acciaio inossidabile, hanno calcolato che per alimentare i loro forni pagano l'energia anche più del triplo rispetto ai principali concorrenti europei: un megawattora costa ad Ast, infatti, più di 140 euro contro i 42 versati dalla concorrente francese in virtù di un'azione intrapresa dal governo di Parigi ei 20 di quella finlandese. «Persino in Spagna – osservano –, dove alcuni costi accessori sono superiori all'Italia, le acciaierie usufruiscono di una tariffa agevolata attraverso un meccanismo di rilascio di energia». Di qui l'appello dell'azienda di Terni: «Se non ci sarà in tempi brevi un intervento del governo, a risentirne non sarà solo Ast ma tutto il settore siderurgico italiano».

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