Ex Ilva, Bernabè sulla nuova Aia: «Forni elettrici e acciaio pulito. La richiesta di febbraio? Solo un rinnovo»

Le parole al Festival dello sviluppo sostenibile indetto da Asvis e svoltosi ieri alla Camera di Commercio

Ex Ilva, Bernabè sulla nuova Aia: «Forni elettrici e acciaio pulito. La richiesta di febbraio? Solo un rinnovo»
Ex Ilva, ​Bernabè sulla nuova Aia: «Forni elettrici e acciaio pulito. La richiesta di febbraio? Solo un rinnovo»
di Domenico PALMIOTTI
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Sabato 20 Maggio 2023, 05:00

Sui forni elettrici e sulla riconversione della produzione dell’acciaio nell’ex Ilva «verrà presentata una nuova Aia contestualmente da Dri d’Italia e da Acciaierie» e conterrà il piano di decarbonizzazione. Al Festival dello sviluppo sostenibile indetto da Asvis e svoltosi ieri alla Camera di Commercio, Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia e di Dri d’Italia, la società pubblica che costruirà gli impianti del preridotto, offre un chiarimento importante. In collegamento da Roma, il manager spiega perché nell’Aia che l’ex Ilva ha presentato a febbraio al ministero dell’Ambiente in vista della scadenza (23 agosto prossimo) di quella vigente, non c’è alcun riferimento al nuovo scenario. 

Tema, questo, sollevato sia da Alessandro Marescotti, portavoce di Peacelink, sia dal senatore M5S, Mario Turco, nella sua replica al question time in Senato dell’altro ieri del vice ministro dell’Ambiente, Vannia Gava.

Lo scenario

«Quella che ha presentato Acciaierie d’Italia - spiega Bernabè - è semplicemente la richiesta di rinnovo dell’Aia così com’è per la continuazione dell’attività degli impianti. Che è essenziale per il mantenimento della produzione e la continuità economica dell’impianto». Invece «la nuova Aia che verrà presentata insieme a Dri d’Italia conterrà tutto il progetto.

Sarà fatto - aggiunge Bernabè - non appena daremo il via alla realizzazione dell’impianto perché a quel punto avremo certezza sulla tecnologia scelta. Senza sapere oggi quale sarà la tecnologia, perché è in corso un processo di selezione, e quali saranno i suoi impatti, non si può presentare un’Aia. Non c’è nessun problema quindi. L’Aia verrà presentata con tutti i riscontri necessari per quantificare l’impatto del piano di decarbonizzazione e tutti gli elementi verranno messi a disposizione per valutarlo».

Bernabè ha spiegato nuovamente che Dri d’Italia, che fa capo a Invitalia, costruirà l’impianto del preridotto di ferro che alimenterà i forni elettrici dell’Ilva del futuro. I forni, invece, dovrà realizzarli Acciaierie d’Italia e il costo «sarà molto più basso di quello che impegna Dri d’Italia» per il preridotto. Secondo Bernabé, AdI potrà costruire i forni elettrici con «la cassa generata se si mantengono produzione e quote di mercato» e se c’è «un intervento degli azionisti. Per quanto riguarda lo Stato, è già prevista la disponibilità di circa un miliardo per il finanziamento del piano di rilancio e di decarbonizzazione». «La società - sostiene Bernabè su AdI - deve essere in grado di generare la cassa necessaria per finanziare almeno in parte la transizione, migliorare la qualità di processi e prodotti e posizionarsi sempre più in alto nella platea del valore delle acciaierie».

Le risorse

Oggi «il problema per Acciaierie è sistemare questo vincolo del finanziamento del circolante - rileva Bernabè -, che è veramente una cosa che ci angoscia da quando ArcelorMittal ha deconsolidato la propria partecipazione», cioè ha fatto uscire l’azienda italiana dal perimetro della multinazionale. Da allora, osserva, «non c’è stato modo di trovare un finanziamento, una modalità di accesso al finanziamento bancario comportando problemi che anche Taranto soffre: l’indotto e i ritardi nei pagamenti». Dri d’Italia, invece, «è completamente finanziata. Ha fondi per un miliardo di euro, già attribuiti alla società per legge dal decreto Aiuti Ter». 

Ma a che punto è Dri d’Italia sulla strada del preridotto, destinato a sostituire il rottame nella carica dei forni elettrici? La società «a marzo ha lanciato la gara per la scelta della tecnologia - afferma Bernabé -. Per il Dri sono presenti al mondo due sole tecnologie. I due titolari stanno lavorando intensamente e l’obiettivo che abbiamo è arrivare entro il 15 luglio ad un’offerta impegnativa. Quindi, a partire dal 15 luglio, e contiamo di farlo entro il mese, il cda di Dri d’Italia sarà in grado di prendere la decisione finale di investimento. A settembre è prevista l’assegnazione del contratto per il primo modulo che dovrà soddisfare le esigenze di AdI». A settembre, evidenzia Bernabè sul preridotto, «partono gli appalti per la realizzazione del primo modulo il cui avvio di produzione è previsto a giugno 2026». 

Dalla costituzione di Dri d’Italia, rammenta, «è passato poco più di un anno di lavoro molto intenso. La realizzazione di un impianto così complesso è estremamente impegnativa». Ma solo dopo questo step, cioè l’impianto pronto, «comincerà il processo, nell’arco di dieci anni, di progressiva sostituzione degli altiforni, che nel frattempo verranno ambientalizzati, con i forni elettrici. Sarà un processo lungo ma inevitabile». Confermato, inoltre, che i moduli del preridotto saranno due: uno per AdI, che sarà costruito nello stabilimento, e uno per i siderurgici privati, che probabilmente sarà realizzato in un’area Zes. 
«Il gas naturale è il combustibile che verrà utilizzato nella produzione del Dri, successivamente l’idrogeno - chiarisce Bernabè -, perché di idrogeno non vi sono ancora quantità sufficienti e a prezzo adeguato». I rapporti sono infatti 4/5 euro al chilo per l’idrogeno verde contro meno di un euro per il gas naturale, che negli Usa scende a 30/40 centesimi. Ieri, al Festival, intervenuto in collegamento anche Enrico Giovannini, già ministro per due volte e direttore scientifico Asvis, per il quale Taranto, prima di altre aree, «ha sposato il lavoro sul Bes, il Benessere equo e sostenibile».

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