Giovani e donne: boom dei voucher

Giovani e donne: boom dei voucher
di Pierpaolo Spada
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Domenica 16 Agosto 2015, 20:38 - Ultimo aggiornamento: 17 Agosto, 09:54
Con il voucher è meglio. È disponibile anche dal tabaccaio e vale 10 euro. Non è un caso che sempre più datori di lavoro ne acquistino per impiegare i propri addetti a titolo di “lavoro accessorio”. Vanno a ruba: 162 milioni negli ultimi 6 anni. Nel 2014 ne sono stati utilizzati 70 milioni. Quasi 5,5 nella sola Puglia; 26,5 in Lombardia, regina dei voucher, seguita da Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Friuli Venezia Giulia. Un vero e proprio boom, che la Cna fotografa con entusiasmo affermando la bontà di uno strumento che risulta essere sempre più adottato per impiegare i giovani e le donne. Se prima erano destinati ai soli pensionati o ai lavoratori agricoli - introdotti in Italia con la “Riforma Biagi” nel 2003 prima di essere rivisitati dal “Decreto Fornero” nel 2012 e poi dal “Jobs act” nel 2014 -, oggi, infatti, i voucher soddisfano una gamma assai più ampia di impieghi che vengono etichettati come “accessori”, generando conseguenze – già intercettate in passato – tuttavia non sempre apprezzabili soprattutto sul versante del lavoratore che aspira a una condizione di lavoro regolata da contratto. E che dunque punta a una condizione di lavoratore “dipendente” e non “occasionale” quale il voucher, a tutti gli effetti, lo rende, tanto più se si considera che spesso un voucher non fa fede al numero di ore effettivamente lavorate dal singolo “prestatore”.

Non c’è più freno. La diffusione del voucher è galoppante e penetra soprattutto nel settore del “commercio” che ne assorbe una quantità pari, in termini percentuali, al 18,2, sebbene la quota più rilevante della torta (28,2%) sia ascrivibile a non meglio classificate “altre attività”. Secondo il rapporto di Cna (elaborato sulla base di dati Inps), i voucher trovano sempre più terreno fertile anche nei servizi (14%), come anche nel turismo (12,3%), nelle manifestazioni sportive (9,1%), nel giardinaggio e nelle pulizie (7,6%). Resta invece stabile l’utilizzo nelle attività agricole (7,3%) e nei lavori domestici (2,6%).



Il Sud contribuisce non poco all’escalation dei voucher: «La media nazionale è di 6,4 voucher per ognuno dei 25.514.924 di italiani in età lavorativa. Sotto questo spartiacque - spiegano dalla Confederazione delle imprese artigiane - non solo tutte le regioni meridionali ma anche Liguria, Toscana, Lombardia e Lazio».



Tutti col voucher. Dai campi di pomodori ai bar, non c’è più distinzione. L’estensione nell’utilizzo di questo strumento a nuove categorie lavorative è alla base dell’aumento esponenziale registrato. Complice la crisi, tra il 2008 e il 2014, come detto, è cambiato profondamente anche il profilo di lavoratore destinato all’impiego “coperto” dal solo voucher: per età e per genere. Risultato? «Nel 2008 quattro su cinque erano maschi con un’età media vicina ai 61 anni. Le donne erano appena più giovani: avevano oltre 56 anni e mezzo. Quasi certamente pensionati. Nel 2014 l’età media si è abbattuta, calando a quasi 38 anni per gli uomini e a 34 anni e mezzo per le donne. Nel mercato dei voucher sono entrati i giovani e soprattutto le giovani. L’anno scorso – recita il rapporto di Cna - le donne hanno idealmente piantato una bandierina rosa, sorpassando gli uomini e arrivando a quasi il 52 per cento del totale. In sei anni sono cresciute 97 volte, gli uomini si sono fermati a 25».



La Confederazione delle imprese artigiane ne è davvero convinta: pur rappresentando, forse, una strumento utile in risposta alle esigenze dettate dalla crisi che ha abbattuto il tessuto produttivo nazionale, con effetti devastanti anche in Puglia, i voucher sono funzionali a una “mission” molto più ampia: «Prima di tutto – così spiega Cna - è uno strumento per assicurare ai privati la possibilità di “comprare” un aiuto per i piccoli lavori e per consentire alle imprese una flessibilità, quasi in tempo reale, utile a tappare improvvisi buchi organizzativi o a rispondere prontamente a picchi di attività. Nella totale trasparenza e correttezza fiscale, previdenziale, assicurativa. L’antitesi del “lavoro in nero”. Una offerta di legalità, accessibile a tutti, chiara e semplice, accolta con favore crescente da cittadini e imprese».
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