Fondi europei e decontribuzione le vie per spingere gli investimenti

Fondi europei e decontribuzione le vie per spingere gli investimenti
di Luca Cifoni
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Sabato 8 Agosto 2015, 19:04 - Ultimo aggiornamento: 19:06
Aumentare non solo la mole ma anche la qualità degli investimenti, sia pubblici che privati. Al di là delle indicazioni di carattere per così dire culturale, come l’invito di Renzi a rottamare i piagnistei, in tema di rilancio del Mezzogiorno sarà questo il filo rosso per il governo nei prossimi mesi. Un approccio che punta anche a valorizzare le esperienze positive che esistono in alcuni settori, quale ad esempio l’agroalimentare.



CRITICITÀ

Naturalmente tutto ciò deve tenere conto delle ben note criticità, a partire dalla difficoltà di spendere tempestivamente i fondi strutturali. Un nuovo impegno in questa direzione passa dalla collaborazione tra Stato centrale e Regioni, collaborazione che sulla carta dovrebbe essere facilitata dal fatto che tutte le attuali giunte regionali del Mezzogiorno sono di centro-sinistra. Ma serve anche una ridefinizione della cabina di regia a livello centrale. La delega per la Coesione attualmente non è assegnata: dopo il trasloco di Graziano Delrio al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è rimasta formalmente allo stesso presidente del Consiglio. Riguarda l’Europa anche un’altra partita, quella della famosa clausola degli investimenti, che nell’ambito del nuovo quadro di flessibilità introdotto a inizio anno dalla commissione di Bruxelles, dovrebbe essere richiesta dal nostro Paese accanto a quella delle riforme. Sotto questa voce però possono essere inserite - e non considerate ai fini del parametro del rapporto deficit/Pil - solo nuove spese destinate a ben determinate tipologie di investimenti.



IL FISCO

C’è poi il capitolo fisco. Il rapporto Svimez uscito la settimana scorsa, che è all’origine della scelta di dedicare al tema Sud la riunione di ieri, parla di “fiscalità di compensazione” citando l’esempio delle zone economiche speciali. Ma una delle possibilità che l’esecutivo potrebbe prendere in considerazione ha una portata più generale: si tratterebbe di concentrare sulle Regioni meridionali quella deontribuzione totale per le nuove assunzioni, che per il 2015 è stata attuata - su tutto il territorio nazionale - più o meno in contemporanea con il debutto sul piano normativo del Jobs Act ed in particolare dei contratti a tutela crescente. Questa agevolazione, molto forte perché riduce di circa un quarto il costo del lavoro, ma anche molto costosa, potrebbe essere riproposta a partire dal prossimo anno solo nelle Regioni meridionali. Una misura che secondo le prime valutazioni sarebbe compatibile con le regole europee.



PUBBLICO-PRIVATO

Ma per l’esecutivo il Mezzogiorno non è solo un problema di bilancio pubblico. C’è la volontà di coinvolgere anche le aziende private, secondo il modello già delineato nel piano per la banda ultralarga, in cui lo Stato si sostituirà ai privati in quelle aree in cui non sarebbe immediatamente redditizio portare la fibra o altre tecnologie. Parecchie di queste aree naturalmente si trovano nelle Regioni meridionali. Gli investimenti diretti in infrastrutture portano con sé in quanto tali una spinta allo sviluppo ed anche all’innovazione; ma la loro importanza è naturalmente legata anche alla capacità di generare ulteriori investimenti. E questo vale anche per settori nei quali esistono già segnali più che confortanti. È il caso dell’agroalimentare. Ieri il ministro Martina ha ricordato come nel corso del 2014 l’occupazione in agricoltura sia cresciuta del 4,4 per cento, in un contesto in cui la metà delle industrie alimentari opera nel Mezzogiorno. E ha citato come filoni infrastrutturali da perseguire oltre alla banda larga anche logistica e gestione delle acque.