Beni confiscati, di 1.700 aziende sottratte alla mafia sopravvisute solo 60

Beni confiscati, di 1.700 aziende sottratte alla mafia sopravvisute solo 60
di Andrea Bassi
2 Minuti di Lettura
Sabato 8 Novembre 2014, 11:50 - Ultimo aggiornamento: 11:52
Di 1.700 aziende confiscate dallo Stato alla ciminalità organizzata, sono sessanta sono tutt'ora operative. Da questo dato, drammatico, ha preso il via oggi il congresso nazionale degli amministratori giudiziari, i professionisti che affiancano i magistrati gestendo le aziende durante le fasi del procedimento giudiziario.



Come ha spiegato Bruno Frattasi, direttore dell'ufficio affari legislativi del ministero dell'interno, in questo modo si dà "la sensazione che un'azienda può avere vita e continua a produrre lavoro e reddito quando è nelle mani della mafia, mentre ha una svolta negativa quando arriva lo Stato". Secondo il vice ministro dell'Economia, Enrico Morando, si tratta di un "fallimento di fronte al quale reagire". Morando ha assicurato l'impegno del governo su alcuni temi, a cominciare dalla possibilità, oggi spesso negata, di permettere l'accesso ai lavoratori delle aziende sotto sequestro agli ammortizzatori sociali. Su questo il governo ha assicurato una corsia preferenziale.



Ma il punto, come ha spiegato Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, è anche un altro. Il governo ha approvato un disegno di legge che ha molti aspetti positivi. A cominciare dall'inserimento di professionalità specifiche all'interno dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, la rotazione degli incarichi degli amministratori giudiziari, i criteri di trasparenza nella loro scelta. Altri aspetti, tuttavia, andrebbero migliorati, come la necessità di prevedere l'affiancamento dell'Agenzia già nella fase di sequestro dei beni. Un punto questo su cui ha in qualche misura concordato anche il direttore della direzione investigativa anti mafia Antonio Ferla.



Il vice ministro Morando, nel suo intervento, ha lanciato anche una proposta: quella che il primo passo nella fase del sequestro delle aziende sia la predisposizione di un piano industriale. Questo lascerebbe presupporre una gestione manageriale delle società coinvolte. Un punto molto delicato e dibattutto. Come ha spiegato Domenico Posca, presidente dell'Istituto nazionale degli amministratori giudiziari, questi ultimi "non sono imprenditori e non possono assumersi rischi". Se fossero chiamati manager esterni, con elevate competenze professionali, ha sottolineato, emergerebbe il problema di "chi li paga". Attualmente a pagare gli amministratori giudiziari è lo Stato e il tema dei compensi è un altro degli anelli deboli del sistema.