Le interviste/ Maraini: «La cultura va difesa, è il nostro petrolio»

Le interviste/ Maraini: «La cultura va difesa, è il nostro petrolio»
di Ilaria MARINACI
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Domenica 10 Febbraio 2013, 20:43 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 19:23
Dacia Maraini , senza dubbio, una delle scrittrici italiane pi autorevoli. A lungo compagna di Alberto Moravia, che in precedenza era stato sposato con Elsa Morante,

è autrice pluripremiata di celebri romanzi, opere teatrali, racconti, saggi e sceneggiature. Una voce, la sua, da anni tra le più attive nel nostro panorama culturale.

Reduce da una serie di appuntamenti nel nord della Puglia, la scrittrice è stata ospite ieri di un incontro a Leverano, promosso da Lions, Leo Club e Fidapa di Copertino, dove ha parlato del suo libro “Lettere d’amore” (Giulio Perrone Editore), che raccoglie le lettere di Gabriele D’Annunzio alla giovane amante Barbara Leoni.

Questa mattina, ultima tappa, la Maraini ha incontrato le studentesse dell’istituto Morvillo-Falcone di Brindisi, la scuola oggetto dell’attentato in cui il 19 maggio scorso rimase uccisa Melissa Bassi.

Signora Maraini, quale D’Annunzio emerge dall’epistolario?

«Un D’Annunzio innamorato, ma anche contraddittorio perché lui ama in modo molto suo, persino un po’ egocentrico. Le sue lettere sono proprio belle e appassionate».

C’è qualcosa che vi accomuna?

«In realtà, siamo abbastanza lontani ma, da autrice, sono sensibile alla bellezza della scrittura e devo dire che il suo modo di scrivere è, dal punto di vista estetico, molto complesso ma molto bello».

Le “Lettere d’amore” hanno avuto anche una trasposizione teatrale, dimensione che lei conosce bene. Quanto è importante oggi il teatro?

«Il mio scopo, quando ho scritto testi teatrali, è sempre stato quello di far riflettere il pubblico, di portarlo a ragionare. Oggi il teatro è la sola cosa che funziona. Anche se hanno ridotto i finanziamenti, le sale sono piene. In un mondo dello spettacolo che è sempre più virtuale e mediato da uno schermo, è rimasto l’unico luogo dove lo spettatore si incontra con l’attore, dove il rapporto non è virtuale, appunto, ma reale. In questo risiede tutta la sua importanza».

Nel suo recente libro “L’amore rubato” (Rizzoli), lei affronta il tema della violenza sulle donne. Un dramma che continua...

«Sì, perché le leggi si cambiano facilmente, ma la mentalità non altrettanto. Qui si tratta, appunto, di mentalità antiche, tradizionali, che fanno parte di una cultura atavica, legata all’idea dell’amore che dà diritto al possesso dell’altro. Un’idea sbagliata che porta come conseguenza la violenza, perché il possesso, quando viene messo in discussione dalle legittime richieste di libertà fatte dalle donne, scatena il finimondo. In Italia, nel 2012, abbiamo assistito a 120 casi di delitti in famiglia, perpetrati da uomini che hanno ucciso la propria compagna semplicemente perché se ne voleva andare».

In questo periodo, c’è qualcuno che rilancia la cultura come leva di sviluppo anche economico per il Paese. Cosa bisognerebbe cambiare per essere ai livelli di Francia o Germania?

«La cultura dovrebbe essere trattata come altrove trattano i loro beni maggiori. Il nostro petrolio è la cultura, quindi andrebbe difesa, coltivata e andrebbero fatti degli investimenti. Parlo ovviamente di territorio, ambiente, paesaggio, delle città, delle architetture, dei musei. Poi c’è un altro aspetto, quello della cultura in movimento, più propriamente legata al vivere insieme e al rispetto dell’altro. Come dicevamo prima, appunto, bisogna insegnare ai bambini che, se una donna non ama più il proprio uomo, non bisogna ucciderla».

Dal suo osservatorio privilegiato, qual è, invece, lo stato di salute della nostra
letteratura?

«In controtendenza con la crisi economica e politica del Paese, la letteratura va avanti a testa bassa e propone, per esempio, grandi temi etici, di cui la politica non si occupa più. Nei libri che escono, scritti anche dai giovani, si parla di amianto, di scioperi, di immigrazione, del rapporto con la malavita. Tutte emergenze di cui non mi risulta che si preoccupino i politici».

La letteratura svolge un ruolo supplente quando non c’è la politica?

«Non lo fa per compensare, ma è importante che lo faccia».
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