Al Bano, 80 anni di successo. «Il regalo più bello? La pace da Putin». L’artista sabato compirà i suoi “20 anni per quattro”

Festa con con un grande concerto nell’Arena di Verona in onda su Canale 5

Al Bano, 80 anni di successo. «Il regalo più bello? La pace da Putin». L’artista sabato compirà i suoi “20 anni per quattro”
di Massimiliano IAIA
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Mercoledì 17 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 19:48

L’umore è alle stelle, l’entusiasmo contagioso, la voce, beh, quella poi, figurarsi pure. C’è solo, di tanto in tanto, qualche fastidioso colpo di tosse («È per via di un po’ di freddo che ho preso l’altra sera a Bolzano, al Palasport»), ma non sarà certo un po’ di bronchite a fermare Al Bano, che sabato compirà 80 anni, e che è a Verona per le prove del concerto che andrà in onda il 23 maggio su Canale 5. Un concerto speciale all’Arena, tramutato in una festa di compleanno con tanti amici e colleghi (da Gianni Morandi a Renato Zero, dai Ricchi e Poveri a Iva Zanicchi) di una vita artistica infinita e impossibile da raccontare in una serata sola.
Ha girato il mondo, ha tenuto concerti ovunque, è un idolo dall’America Latina all’Est Europa, e raramente si potrà individuare un artista così legato alla proprie radici, alla terra che non ha mai abbandonato - in tutti i sensi, basti pensare alla produzione vitivinicola dedicata idealmente a papà Carmelo -, fatta eccezione per il viaggio da giovanissimo, alla ricerca di un avvenire diverso e del successo poi raggiunto.
Ottant’anni vissuti senza fermarsi mai: una carriera iniziata nel Clan di Celentano e suggellata dalla popolarissima “Nel Sole”, 56 anni or sono, poi un’infinità di canzoni, innumerevoli concerti, 15 partecipazioni in gara al Festival di Sanremo (e molte altre da ospite), oltre 25 milioni di dischi venduti, 26 dischi d’oro e 8 di platino vinti, persino 10 film, quando andavano in voga i “musicarelli”, e poi anche tanti programmi televisivi (non solo per cantare, ha fatto alcune volte il conduttore, altre il “giurato”).


E accanto all’artista, l’uomo, con le sue gioie e i dolori. Il matrimonio nel 1970 nella sua Cellino San Marco con Romina Power, con cui ha formato la coppia più “nazional popolare”, prima di una dolorosa separazione e un rapporto successivamente tornato sereno grazie ad una fortunata tournée. Perché nella sua vita c’è sempre da dire un grazie alla musica. E poi l’amore che dura ancora oggi per Loredana Lecciso. Sei figli, quattro con Romina, due con Loredana. Proprio per la figlia maggiore il dolore più grande, la scomparsa di Ylenia nel 1994, i cui dettagli Al Bano ha raccontato proprio in una recente intervista al Corriere della Sera («Ho interrogato l’ultima persona che l’ha vista, a New Orleans, il guardiano del porto. Era seduta in riva al mare, lei disse “Io appartengo alle acque”, e si tuffò nel fiume, nuotava a farfalla. Il guardiano ha detto la verità, lei da bambina diceva quella frase prima di tuffarsi, e nuotava a farfalla. Ma il Mississippi non perdona. Romina non l’ha mai voluto accettare. Ma è andata così»). Anche se un dolore così grande, nemmeno a questo punto della vita, non può passare mai.
Tra tre giorni saranno 80.

O, come campeggia sui manifesti dell’Arena di Verona, “4 volte 20”.


Al Bano, qual è il significato di questo titolo? È perché si sente sempre un ventenne nell’animo o perché sarebbe più giusto raccontare la sua vita in quattro periodi?
«Musicalmente il grande Vivaldi ha fatto le Quattro stagioni, no? E io, umanamente, mi scrivo le mie. E le ultime naturalmente sono quelle nuove».
Allora partiamo dalla prima stagione: l’infanzia a Cellino San Marco, crescendo tra la povertà ma anche nel rispetto della famiglia e dei lavori, con don Carmelo e mamma Jolanda. Il primo ricordo?
«Un mattino mio nonno mi svegliò all’alba e mi portò in campagna. Avrò avuto sette anni. Fino a quel momento non avevo mai dato al sole un’importanza particolare. Invece quel mattino mi impressionò: quando sorge il sole è un’emozione incredibile, tutti dovrebbero fermarsi a guardare quello spettacolo eccezionale. Chiudo gli occhi anche ora, e vedo la campagna pugliese, un calesse, il cavallo, mio nonno, e me».
Nella seconda stagione, però, ha dovuto lasciare tutto per cercare successo al Nord.
«Tagliai il cordone ombelicale dalla mia famiglia, dalla mia terra, dai miei affetti, perché avevo bisogno d’altro per vivere. Il coraggio non mi è mai mancato».
Consiglierebbe una scelta così coraggiosa a un ragazzo, oggi?
«Da Omero in poi, sappiamo che il viaggio è indispensabile nella vita. Senza mai perdere di vista il senso delle proprie radici, ma bisogna viaggiare. E io ancora adesso di viaggi ne faccio tanti. E li vivo sempre con la stessa curiosità, non c’è mai stanchezza».
Un esempio, su tutti?
«Santiago di Compostela. Sono cinquant’anni che vado lì. Non faccio il cammino, anche se ogni volta mi riprometto di farlo. Resto sempre incantato da quella pietra coperta di muschio, quel mondo che non cambia mai, soprattutto il centro di Santiago. È come andare indietro nel tempo. Entri in quella Cattedrale e avverti solo poesia e ispirazione religiosa».
Qual è stato il momento più difficile di quella stagione? Ha raccontato di essersi scontrato anche a muso duro con colleghi che le davano del “terrone”.
«Me ne fregavo. E quando mi definivano così, io rispondevo con ironia: “Ma tu su quale pianeta sei nato? Sulla Terra? Come me. E allora sei terrone pure te”».
La terza stagione è stata quella del successo. Qual è la fotografia indelebile di quella fase?
«Il palco di Sanremo. La prima volta ero in gara con Adriano Celentano, con cui avevo iniziato nel Clan, o con Domenico Modugno, che era il mio idolo. E poi Louis Armstrong, Bobbie Gentry. Mi chiedevo: sogno o son desto? Ero destissimo. Non so perché ma quel palco mi mette sempre un’emozione incredibile. Ho la “sanremite” acuta. Quest’anno cantare con Morandi e Ranieri è stato bellissimo, e non escludo di tornare in gara».
Nella quarta stagione non sono mancati i drammi ma anche nuove gioie, anche familiari. Dal punto di vista artistico, la definitiva consacrazione, e la festa di domani sera è solo un piccolo esempio.
«No, un momento, la festa è per gli altri, per me è lavoro (ride, ndr). Però l’affetto del pubblico è straordinario, quando sento la gente cantare le mie canzoni mentre mi esibisco mi sento un bambino tra le braccia di tante mamme e tanti papà». 


Tra la sua gente. E restando sempre in mezzo alla sua terra.
«La lasciai solo temporaneamente, andai via perché ero sconfortato dai difetti di quella terra, e mi stavo dimenticando i pregi. Fu Romina a convincermi che sarebbe stato meglio tornare, e facemmo bene. Quanto è bello stare qui. Quelle serate, quando incontri gli amici dell’infanzia, quando passeggi per i vicoli, la gente che è rimasta sempre la stessa. Anzi è tutto a restare sempre uguale. Le mie radici le difendo e le difenderò sempre. E dire che un tempo, quando ero fuori per concerti, dovevo disegnare dove fosse la Puglia perché nessuno lo sapeva».
C’è qualcosa che da un punto di vista umano, e da un punto di vista artistico, di cui si è pentito, e che non rifarebbe?
«No, no, rifarei tutto. In fondo, gli errori servono anche a capire che non devi commetterne più. Ci saranno state sicuramente cose andate meno bene ma in tutto quello che ho fatto sono stato mosso da amore e passione, e ne vado fiero. Ma un motivo c’è».
Quale?
«Ho avuto due genitori straordinari, non sono mai cambiati, fedeli a se stessi, onesti fino alla fine. Io ho cercato di seguire i loro valori, ovviamente la vita mi ha portato a conoscere molte più cose rispetto a loro, ma la radice resta la stessa».
Lei è nato in piena guerra, oggi parliamo ancora di conflitti. In territori, oltretutto, a lei molto cari.
«Proprio stamattina scrivevo a una ragazza bravissima, la cui vita è appesa a un filo. Ha una mente straordinaria e una scrittura bellissima. E con lei parlavo del bene e del male, due “signori” che vanno a braccetto, odiandosi, fin dall’inizio dell’umanità. Il guaio è che l’uomo riesce a compiere passi importantissimi, ha creato il computer, è arrivato nello Spazio, ha toccato il profondo degli oceani, ma non è ancora riuscito a eliminare la guerra. Vincerà sempre il bene, ma il male resta una condanna per il bene».
C’è un regalo che desidera per i suoi 80 anni?
«Vorrei che me lo facesse Putin. Vorrei che dicesse: smettiamo di fare la guerra, perché sono azioni criminali. Sarebbe un bel regalo non solo per me, ma per tutto il mondo».
Come vorrebbe essere ricordato? Non dica: per la musica, non vale.
«Vorrei che si dicesse: Al Bano è stato un uomo onesto. In tutte le cose che ha fatto».

 

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