Torna oggi il tavolo sulla decarbonizzazione: tutti attendono gli annunci di Enel

La centrale Enel "Federico II" di Cerano
La centrale Enel "Federico II" di Cerano
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Martedì 5 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 07:36

È convocata per oggi alle 15 la nuova, e in qualche modo inattesa, riunione del Comitato di coordinamento per la riconversione delle aree industriali della centrale di Cerano, meglio noto come tavolo per la decarbonizzazione.

Niente tavoli locali

Inattesa perché, almeno in teoria, avrebbe dovuto essere preceduto da riunioni a livello locale per coordinare tutte le istituzioni, i sindacati e le associazioni datoriali e provare ad allineare tutti i portatori d’interesse attorno ad una serie coerente di richieste da presentare ad Enel per la riqualificazione del sito della centrale “Federico II” di Cerano, destinata alla chiusura entro il 31 dicembre del 2025 ma, di fatto, già sostanzialmente ferma. All’ordine del giorno, i passi successivi rispetto a quanto emerso nelle riunioni precedenti, comprese quelle territoriali. Che, almeno fino ad oggi, non sono riuscite a raggiungere l’unanimità rispetto a chi dovrà intervenire e come per “compensare” la chiusura della centrale “Federico II” ed evitare che il suo spegnimento definitivo abbia impatti deleteri dal punto di vista occupazionale, economico e sociale. Il secondo punto all’ordine del giorno riguarda l’individuazione dell’indotto, in modo da elencare con certezza tutte le aziende collegate - come forniture, manutenzioni o anche movimentazione del carbone - alle attività della centrale. Infine l’ultimo punto: “Ipotesi azioni della proprietà”. Una questione rispetto alla quale, come detto, non si è ancora riusciti a trovare un accordo.

La speranza nella logistica

Tutti, però, concordano su un punto: è necessario un impegno forte da parte di Enel. Più forte di quello, giudicato insufficiente, inserito all’interno del nuovo piano industriale che, non a caso, in molti hanno letto come un tentativo di “disimpegno” soprattutto sul fronte delle attività non direttamente collegate alla produzione di energia. Proprio le stesse attività che, almeno in teoria, dovrebbero garantire un minimo di continuità occupazionale nel sito di Brindisi. A cominciare dall’investimento di Enel Logistics nell’area immediatamente retrostante le banchine di Costa Morena. In questo senso, Enel è da tempo alla ricerca di un partner con esperienza per gestire l’iniziativa, strettamente legata al riconoscimento di Zona franca doganale interclusa all’interno della Zes ottenuto dalla società per l’area prescelta. Una iniziativa rispetto alla quale, da mesi e mesi ormai, il territorio attende inutilmente informazioni più dettagliate. Neanche le pressioni dell’onorevole Mauro D’Attis sono riuscite a convincere Enel a rivelare qualche dettaglio sulle attività che si dovrebbero svolgere all’interno del polo logistico e sull’impatto che questo potrebbe avere sull’economia del porto e della città.
Sicuramente insufficienti sono giudicate le iniziative che riguardano la produzione di energia, ovvero la realizzazione di due parchi fotovoltaici con annesso sistema di accumulo a batterie “Bess”. Mentre è guardato in maniera favorevole il possibile investimento per un impianto di produzione di idrogeno verde collegato ad un parco eolico, che insieme ad altri della stessa tipologia farebbe di Brindisi una delle protagoniste principali della hydrogen valley pugliese.

Altri investimenti

Fondamentali, infine, saranno gli investimenti da parte di terzi, sempre all’interno del piano di Enel. Come quelli, dei quali si discute da tempo, di Act Blade e Standex. La prima azienda, che ha concluso l’iter autorizzativo necessario per la realizzazione di un sito produttivo (temporaneo, in teoria) sulla banchina di Sant’Apollinare, dovrebbe costruire pale eoliche con una tecnologia innovativa. Come ogni startup, tuttavia, ha il problema dei finanziamenti, tant’è che è alla ricerca di un sostegno pubblico tramite Invitalia o Puglia Sviluppo. Ed è verosimilmente per questo motivo che, pur avendo tutte le carte in regola, non ha ancora iniziato la costruzione dello stabilimento. Altro investimento “terzo” dovrebbe essere quello di Standex, che a Brindisi immaginava di riciclare plastiche per realizzare i moduli all’interno dei quali inserire i pannelli fotovoltaici. Da mesi, tuttavia, si sono perse le tracce di questa iniziativa che, quindi, potrebbe essere andata perduta. Come del resto, in linea con il piano industriale del nuovo management di Enel, è andata perduta la possibilità di realizzare a Brindisi la seconda gigafactory italiana per la produzione di pannelli solari.

Un’attività già avviata da tempo a Catania ma che alla “nuova” Enel non piace più.

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