Greenpeace, esposto in Procura: l'inquinamento da microplastiche parte da Brindisi

Microplastiche sulle spiagge pugliesi
Microplastiche sulle spiagge pugliesi
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Sabato 2 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:40

“L’inquinamento da plastica comincia qui”. Con questo slogan, in inglese, su uno striscione i volontari di Greenpeace si sono fatti fotografare nel mare di fronte al polo petrolchimico di Brindisi. Secondo le conclusioni dell’indagine condotta sulle spiagge pugliesi, infatti, proprio da Brindisi, ed in particolare dagli stabilimenti Versalis e Basell, arrivano le microplastiche, della dimensione di una lenticchia, prodotte dalla raffinazione di idrocarburi come petrolio e gas fossile individuate su dodici spiagge lungo tutte le coste adriatiche della Puglia. Conclusioni che hanno spinto gli ambientalisti a presentare un dettagliato esposto in Procura.

Lo studio

I campionamenti sono stati effettuati da Greenpeace nel 2021 e per la precisione nei mesi di aprile, maggio, giugno e novembre a distanze differenti dal petrolchimico brindisino, fino a 100 chilometri. Sono stati raccolti, complessivamente, 7.938 pellet (noti anche come nurdles): il 66,8% individuato nei tre siti più vicini allo stabilimento brindisino con la concentrazione maggiore registrata sull’isola di Sant’Andrea (recentemente destinataria di un finanziamento da 5 milioni di euro, nell’ambito del Cis, per l’avvio del suo recupero in termini turistici). “Al contrario - si legge nella sinesi del rapporto di Greenpeace - i siti di campionamento più distanti hanno mostrato, quasi ovunque e seppur con differenze stagionali, livelli di contaminazione inferiori con un minimo di 9 granuli raccolti nella spiaggia situata a 50 chilometri a nord del petrolchimico.

Gran parte dei nurdles (pari a circa il 70% del totale) erano traslucidi e trasparenti: un’evidenza che sembra indicare un rilascio recente nell’ambiente”.

I “sospettati”

Secondo le analisi effettuate in laboratorio, poi, il 78% dei granuli, fa sapere Greenpeace, “era in polietilene (un tipo di plastica prodotto in loco dall’azienda Versalis, di proprietà di Eni) e poco più del 17% in polipropilene (prodotto nell’area brindisina da Basell Poliolefine Italia)”. Gli esiti dell’indagine “mostrano che, anche nell’area di Brindisi, così come in altre aree limitrofe a impianti petrolchimici specializzati nella produzione di materie plastiche, si registrano picchi di contaminazione da nurdles”. La dispersione in natura di questi granuli, si legge nel rapporto, “può essere riconducibile ad incidenti” ma anche a “perdite nella filiera logistica-produttiva delle materie plastiche”.

L'esposto

Nei pressi di Rotterdam, ricorda inoltre Greenpeace, proprio per un caso di inquinamento analogo, “un’azienda produttrice è stata al centro di una vertenza legale in cui è stata costretta a farsi carico dei costi di pulizia dell’ambiente”. Da qui l’esposto presentato per chiedere “di investigare sull’inquinamento e verificare se sussistano le condizioni affinché si proceda al sequestro delle attività produttive che producono granuli nell’area”. Ma anche la richiesta alle istituzioni nazionali e locali di realizzare monitoraggi indipendenti per individuare le fonti di inquinamento. Inoltre, gli ambientalisti chiedono a Versalis e Basell “di rendere pubbliche tutte le evidenze in loro possesso che dimostrino la loro estraneità alla contaminazione nell’area”. Infine, la richiesta al ministero della Transizione ecologica di prevedere, nei futuri rinnovi delle autorizzazioni ambientali come Via e Aia relative agli impianti che producono questo tipo di materiali “prescrizioni specifiche per azzerare parametri sull’inquinamento da microplastiche”. Proprio il riesame complessivo dell’Autorizzazione integrata ambientale è stato riavviato, nelle scorse settimane, da Basell. È necessario e urgente, conclude Greenpeace, “un trattato globale sull’inquinamento da plastica, sotto l’egida delle Nazioni Unite, che includa una concreta riduzione di tutti gli impatti nell’intero ciclo di vita di questo materiale, inclusa la dispersione di pellet nell’ambiente”.

Le reazioni

«È giusto e condivisibile - commenta il sindaco Riccardo Rossi - l’esposto alla magistratura perché si rilevi quanto accaduto. Il tema della plastica in mare è estremamente preoccupante perché non riguarda solo l’inquinamento delle acque ma anche la salute, considerato che questi materiali, attraverso i pesci, entrano nella catena alimentare umana. Quindi è bene fare luce su quanto è successo e che si chiariscano le responsabilità. Dopo di che, condivido che sia necessario ragionare con Regione ed Arpa per un programma di monitoraggio delle acque brindisine per comprendere la reale portata del fenomeno».

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