Aeroporto di Brindisi, l'azienda teme la tassa di imbarco ma garantirà gli investimenti

Aeroporto di Brindisi, l'azienda teme la tassa di imbarco ma garantirà gli investimenti
di Oronzo MARTUCCI
4 Minuti di Lettura
Lunedì 25 Luglio 2022, 05:00

Un fatto è certo: gli operatori turistici, gli imprenditori e i cittadini che fanno riferimento all’aeroporto del Salento considerano come una sorta di tassa sul territorio la decisione annunciata dal Comune di Brindisi di aderire all’intesa con il Governo per poter utilizzare l’articolo 43 del Decreto Aiuti che permette ai comuni sede di aeroporto che hanno difficoltà di introdurre una tassa di imbarco da 1 a 3 euro a partire dal 2023 per arrivare al riequilibrio di Bilancio. Il Comune di Brindisi è intenzionato a introdurre la tassa di imbarco (solo sui passeggeri in partenza) di 1 euro nel 2023 e di 2 euro nel 2024. Dunque una tassa sui cittadini del Salento e sui turisti che utilizzano l’aeroporto di Brindisi per fare fronte alle difficoltà del Comune di Brindisi.

La lettera a Rossi

La società aeroporti di Puglia in una interlocuzione informale con il sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, ha segnalato i rischi collegati a un intervento che potrebbe mettere in discussione le strategie delle compagnie aeree che operano a Brindisi, molto attente alla crescita dei costi che si scaricano sul biglietto, e costringere il gestore aeroportuale a elaborare una analisi di impatto sullo scalo come conseguenza dell’introduzione della nuova tassa di imbarco. L’analisi di Adp, presentata informalmente al sindaco, si conclude così: «L’eventuale adozione da parte del Comune di Brindisi della decisione di incrementare l’addizionale in questione, determinerà un danno ad AdP, in termini di costi aggiuntivi non recuperabili (in quanto i contratti con le compagnie aeree sono di durata pluriennale e “a costo fisso”); un danno diretto ed indiretto al territorio, andando a depotenziale tutti i positivi effetti moltiplicativi dell’economia. Ciò determinerà un riposizionamento dell’azione strategica di sviluppo di AdP, volta favorire gli altri scali pugliesi, a discapito di Brindisi, che saranno “più convenienti” per gli accordi con le compagnie aeree».
Si tratta di valutazioni collegate a scenari, dunque a situazioni potenziali, che una società è costretta a mettere in conto, elaborando analisi di impatto collegate a scelte che possono provocare: una riduzione della domanda di trasporto aereo, soprattutto per il Salento, area a vocazione turistica e con bassa dotazione infrastrutturale, soprattutto ferroviaria e stradale, con aumento del “gap” di connettività e di accessibilità; un incremento dei costi per gli operatori turistici e degli Enti territoriali che dovranno intervenire finanziariamente per difendere e consolidare i flussi turistici “incoming”.

Tenuto conto che lo sviluppo dell’offerta di trasporto aereo nel mercato europeo ha dimostrato di poter mettere in concorrenza i territori, prima degli aeroporti, per lo sviluppo del turismo incoming e dell’economia in generale.

L'intenzione di investire a Brindisi

Questi ragionamenti non vanno interpretati come volontà di ridimensionamento dell’aeroporto di Brindisi. Semmai i vertici di Adp ragionano nella prospettiva di raddoppiare l’infrastruttura e adeguarla a nuovi flussi di traffico, così da garantire il diritto alla mobilità dei salentini per tutto l’anno attraverso lo scalo del “Papola”. Il Pnrr, sono i ragionamenti che si fanno presso la società di gestione degli scali pugliesi, non prevede la possibilità di finanziare le infrastrutture aeroportuali, «ma Aeroporti di Puglia lavora in questa direzione e non la cambierà».
È anche noto che attualmente la tassa di imbarco che già esiste (e pesa per 6,50 euro sul costo del biglietto in fase di partenza) e che è stata introdotta dallo Stato con la legge di Bilancio del 2003, da tempo è contestata dai vettori low cost che ne chiedono la cancellazione. Soprattutto nella fase di ripartenza, dopo la crisi del settore provocata dal covid, Ryanair ha insistito per ottenere la cancellazione che fu introdotta sostanzialmente per sostenere la cassa integrazione e le politiche di sostegno dei dipendenti di Alitalia. Con il passare degli anni la tassa è cresciuta, prevedendo in essa una quota di 0,50 centesimi per finanziare le attività dei vigili del fuoco presso i vari scali e una piccola quota da destinare ai Comuni sede di aeroporto. Il Comune di Brindisi ha incassato nel 2021 circa 150mila euro a proposito. Con la tassa di imbarco a 1 euro le previsioni fanno riferimento a 1,4 milioni di euro nel 2023 e 2,8 milioni nel 2024 (con la tassa comunale di 2 euro per ogni passeggero in partenza) da destinare al riequilibrio di Bilancio. Ryanair gestisce 26 voli in partenza da Brindisi su un totale di 51.
In questo momento non ci possono essere conseguenze sui voli perché nel caso di Brindisi (e della Puglia) gli accordi di incentivazione con i vettori sono quinquennali e quindi per i prossimi anni non subiranno variazioni. Ma per il futuro è importante evitare scelte e decisioni che non tengano conto degli interessi dei vettori aeroportuali (tutti in cerca di incentivi e di tagli ai costi), degli operatori turistici e soprattutto dei cittadini del Salento: perché i fasanesi e i leccesi dovrebbero contribuire a risanare il disavanzo di Bilancio del Comune di Brindisi?

© RIPRODUZIONE RISERVATA