Renzi: sconfitta, ora si corre sulle riforme

Matteo Renzi
Matteo Renzi
di Nino Bertoloni Meli
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Martedì 16 Giugno 2015, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 15:46

E ora? Matteo Renzi non nasconde la sconfitta ma, nel suo studio di Palazzo Chigi, la mette in questa luce: «E' un risultato molto a macchia di leopardo. E comunque, ho sbagliato io quando mi sono fermato a discutere a ogni piè sospinto». Traduzione di uno stretto collaboratore del premier: «E' arrivato il momento in cui Renzi torni a fare Renzi, senza le estenuati mediazioni di questi mesi».

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E insomma: «Riforme, riforme, riforme» e in più - parola di Matteo - «devo tornare a girare attraverso l'Italia».

Intanto al quartier generale del Pd, al Nazareno, non si parla di batosta elettorale ma la parola «sconfitta» per la prima volta fa capolino. Con le prevedibili critiche tipo «l'elettorato di sinistra ha rotto con il Pd» (Stefano Fassina) accompagnate da un altro, insidioso discorso, sul doppio turno dell'Italicum, che da oggetto del desiderio di ogni sinistra da un trentennio o giù di lì, è diventato il pericolo incombente nelle urne.

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LE POSIZIONI

«Se tutti si coalizzano contro il Pd, perdiamo», il refrain agitato da alcuni parlamentari dem. «Ma se c'è questo fantasma del “tutti contro il Pd”, avviene con qualunque sistema elettorale, non c'è nulla che possa evitarlo», replica Giorgio Tonini, della segreteria dem, e aggiunge: «Il bello dell'Italicum sta anche non fatto che non c'è nulla di garantito per nessuno». Il voto locale penalizza direttamente il governo del premier segretario? «Se è così, allora Hollande anziché all'Eliseo dovrebbe stare in esilio, alle amministrative è arrivato terzo», replicano dal Nazareno. E comunque, aggiunge Anna Ascani, «anche nel 2014, l'anno del 41 per cento alle Europee, perdemmo città storicamente a sinistra come Livorno e Perugia».

Riforme, dunque. La scena si sposta a palazzo Madama dove sono in rampa di lancio la scuola, la Rai e la riforma costituzionale.

E' opinione diffusa che le minoranze recalcitranti adesso troveranno più fiato per gridare i propri no. Il ddl sulla scuola è già in bilico, con alcuni senatori ribelli che si mostrano interessati all'emendamento di Sel che vorrebbe stralciare la norma sui precari dal resto della riforma, «ma noi non intendiamo la riforma della scuola come una sanatoria, bensì come l'occasione di mutamenti profondi», il mantra renziano. Per non parlare della riforma costituzionale, dove il duo Gotmin (dal dem Gotor e dal forzista Minzolini) insiste perché i futuri senatori siano comunque eleggibili «e non su listini regionali, non va bene, devono esserlo come i deputati», insiste l'ex direttore del Tg1.

Renzi è intenzionato a trattare fin dove è possibile. Ma spiega Tonini, il più renziano degli ex veltroniani: «Non riesco a immaginare Renzi che tira a campare». E allora, che cosa è cambiato dopo questa tornata elettorale? «E' cambiato che Renzi non è il padrone d'Italia, come da alcune parti, compreso dal nostro interno, si era temuto o si era strumentalmente agitato. Prima la forza di Renzi poteva magari spaventare, ma si è visto che non c'è alcun golpe alle viste, il Pd è tuttora contendibile, ci sarà il congresso nel 2017. Altrimenti che facciamo, un'altra legislatura andata a male?».

LA LEGISLATURA

E per i lavori parlamentari al Senato, questo che significa? «Forza Italia intanto - incalza Tonini - dovrebbe ora stare più tranquilla. Hanno un elettorato che li segue, ma non sono pronti al voto, un accordo conviene anche a loro. Non so se chiamarlo un nuovo patto, ma ci sono le premesse perché la legislatura possa proseguire portando a casa alcune riforme importanti». Ritocchi all'Italicum? Tonini stoppa subito: «Cambiare l'Italicum, no. Noi come Pd siamo un partito senza coalizione, loro sono una coalizione senza partiti, non vedo perché dovremmo fargli questo favore, o perché dovrebbero farglielo alcuni dei nostri».