Il futuro della ex Ilva? Sarà a idrogeno. Urso all'Ue: via alla conversione green

Il caso siderurgico
Il caso siderurgico
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 26 Gennaio 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 18:54

A tendere, cioè in prospettiva, lo stabilimento siderurgico di Acciaierie d’Italia (ex Ilva) a Taranto funzionerà a idrogeno. È un obiettivo da raggiungere «alla fine» di un percorso complesso (Franco Bernabé, presidente di AdI, lo ha stimato in dieci anni) ma la strada è questa. 

A Bruxelles e a Taranto


Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, delinea anche da Bruxelles (ieri al Parlamento europeo) lo scenario che attende l'ex Ilva. E sono dichiarazioni che sembrano andare incontro a quelle fatte dal sindaco Rinaldo Melucci sia l’altro ieri, in sede di audizione al Senato sul nuovo decreto legge, che ieri da Palazzo di Città. Con la differenza che l’altro ieri, davanti alla commissione Industria, Melucci ha marcato l’aspetto industriale e ambientale: «Il Governo apre ad un accordo di programma, il presidente Franco Bernabé ci assicura per un piano green, dobbiamo quindi sederci al tavolo e ragionare sulla ricerca di un equilibrio. Il forno elettrico si avvicina al punto di equilibrio di questo territorio». 


Ieri, invece, Melucci ha evidenziato l’aspetto sociale e del lavoro da affrontare con una transizione del genere, che inevitabilmente non sarà indolore per l’occupazione. «La transizione ecologica del nostro sistema produttivo non sarà possibile senza una complementare transizione sociale. Questo passaggio è il cuore della nostra proposta per sciogliere il nodo ex Ilva» chiarisce infatti Melucci. 
E spiega: «L’accordo di programma tiene inevitabilmente insieme tutte queste opzioni e, opportunamente calibrato, è lo strumento ideale per consentire all’intero sistema di proiettarsi nel futuro senza scossoni per le parti coinvolte. Tra queste, penso soprattutto ai lavoratori, che siano essi diretti, dell’indotto o in amministrazione straordinaria. Abbiamo l’obbligo di occuparci della loro salute e del loro destino professionale». 
Il punto, però, è capire chi metterà in cantiere questa transizione lunga.

Sarà ancora Acciaierie d’Italia dove il privato Mittal è maggioranza e lo Stato, con Invitalia, minoranza, oppure sarà un assetto societario modificato? 

Le parole della Cgil


Da Bari, dal congresso regionale pugliese della Cgil, Maurizio Landini, leader del sindacato, preme, come il resto delle organizzazioni, perché la svolta ci sia. «Su Ilva - sostiene Landini - sono necessarie due cose fondamentali: il Governo la smetta di tergiversare ed entri a tutti gli effetti nel capitale azionario e prenda maggioranza: c’erano impegni in questo senso. Secondariamente - aggiunge - bisogna mettere in moto una discussione vera perché vengano applicati quegli accordi che prevedevano investimenti, messa in sicurezza degli impianti e anche la qualificazione del territorio». 
«In questi anni - rileva Landini - quello che è avvenuto è che si è più che dimezzata la produzione, che di manutenzione se ne fa sempre meno e che c’è un ritardo serio degli investimenti che dovrebbero essere realizzati». Landini rilancia quindi un tema prioritario per il sindacato e anche se il decreto legge ora al vaglio del Senato prevede che il passaggio dello Stato al 60 per cento possa essere fatto in qualsiasi momento su richiesta dell’azionista di minoranza (Invitalia) senza aspettare il 2024, non pare, tuttavia, che si vada nella direzione di un’anticipazione. A meno che gli emendamenti in Senato, a fronte delle richieste espresse (oggi ci saranno le audizioni di Federacciai, Regione Puglia e Arpa Puglia), non intervengano sull’impianto del decreto modificando significativamente le norme più rilevanti, cioè riequilibrio della governance societaria, risorse pubbliche (i 680 milioni che erogherà Invitalia) almeno in parte subordinate al rilancio di produzione e occupazione e scudo penale. Gli aspetti su cui l’altro ieri si sono concentrate le audizioni dell’azienda (è intervenuta l’ad Lucia Morselli), dei sindacati e del mondo ambientalista. 

Lo scudo penale


Proprio sullo scudo penale da Bruxelles Urso afferma: «Non c’è assolutamente nessuno scudo penale, ma soltanto le condizioni che abbiamo messo in questo decreto per poter finalmente realizzare a Taranto, che lo merita, il più grande impianto siderurgico green d’Europa». 
Materia controversa quella delle garanzie penali, con l’ad Morselli che ne chiede un’estensione. In questo senso vanno infatti le sue proposte al Senato finalizzate ad ampliare le norme sul sequestro anche ai casi in cui la revoca del sequestro viene negata dalla Magistratura. O la centralizzazione al Tar del Lazio (Roma quindi) dei contenziosi relativi alla giustizia amministrativa che ora invece si discutono al Tar di Lecce. O, ancora, l’intervento preliminare del ministero dell’Ambiente per le ordinanze del sindaco relative al siderurgico. Ma, considerate le polemiche sorte, appare difficile che il Parlamento possa allargare l’area delle norme penali a favore dell’azienda.

L'accordo di programma


Tornando invece all’accordo di programma, Melucci evidenzia che «dai lavoratori non si può prescindere. Lo ribadiamo dopo averlo ripetuto su ogni tavolo, a beneficio di chi erroneamente pensa che le istituzioni non siano dalla stessa parte dei lavoratori». 
Frasi che sono anche un segnale al sindacato, molto dubbioso, se non critico, sull’accordo di programma perché ritiene che sia sinonimo di tagli e chiusure. Invece il cambio di schema produttivo della fabbrica, non deve essere un’ecatombe occupazionale, è il ragionamento del sindaco. «Nella relazione presentata al ministro Adolfo Urso con la quale richiediamo l’accordo di programma, abbiamo individuato tra i punti salienti l’evoluzione degli scenari occupazionali, le misure a sostegno della comunità e gli interventi a salvaguardia dell’indotto e della platea di lavoratori già sotto amministrazione straordinaria. Inoltre, abbiamo proposto un’appendice riferita al miglior accordo sindacale» dice il sindaco. Che così esplicita: «Ammortizzatori sociali, accompagnamento alla pensione, reimpiego nelle attività di bonifica o in attività socialmente utili, con l’impegno diretto dello Stato a loro supporto, sono solo alcune tra le opzioni sulle quali oggi rilanciamo affinché nessuno possa sentirsi abbandonato dalla comunità».

La Fim Cisl 


«La transizione ecologica deve essere a trazione anche sociale - osserva Biagio Prisciano della Fim Cisl di Taranto, contrario a tagli nell’area a caldo -. Se transizione deve essere, è bene offrire ogni strumento utile e necessario affinché nessuno rimanga indietro, a livello lavorativo, professionale ed economico. Non basta dire di essere pronti e disponibili come slogan. Servono atti concreti fino ad ora lasciati in sospeso».

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