Femminicidio a Manduria, uccide la convivente e prova a togliersi la vita

I carabinieri sul luogo del delitto
I carabinieri sul luogo del delitto
di Nazareno DINOI
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Martedì 12 Ottobre 2021, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 17:39

«Venite in via Manfredi, ho ucciso la mia compagna». È stato lui stesso a telefonare ai carabinieri piombati all'indirizzo che l'uomo aveva dettato con lucidità. Un piccolo appartamento al primo piano delle palazzine di edilizia popolare del rione Barco a Manduria.
Pietro Dimitri, 75 anni, ha poi atteso l'arrivo dei militari della locale stazione carabinieri a cui ha aperto la porta. «È lì, per terra», ha detto al primo in divisa indicando la stanza da letto dove il corpo di Giuseppa Loredana Dinoi, 71 anni, giaceva sul pavimento parallelamente al letto e immerso nel suo stesso sangue.

Il luogo del delitto e l'arma utilizzata ancora in terra

Un'altra scia rossa e lucida conduceva nella stanza vicino dove il 75enne si era disteso, anche lui coperto di sangue per le numerose ferite da taglio che si era procurate con la stessa arma usata per uccidere la sua compagna.
Un altro femminicidio, quindi, con tentativo di suicidio. L'umile abitazione si è ben presto animata di investigatori e soccorritori del 118. I sanitari, una volta accertato il decesso della donna, si sono dedicati all'uomo che continuava a perdere sangue per le ferite da taglio su entrambe le braccia e una più profonda sul collo, all'altezza della carotide, che non è stata intaccata.
Discorso diverso per la sua convivente, raggiunta da numerosi fendenti, almeno una ventina, su diverse parti del corpo con particolare accanimento su collo e volto.
L'arma, un taglierino di grandi dimensioni di quelli usati dai tappezzieri, era ancora vicino a lui, per terra, vicino ad un divano. Le indagini sono iniziate subito con gli investigatori del nucleo operativo radiomobile della compagnia carabinieri di Manduria e con gli specialisti della sezione scientifica del comando provinciale di Taranto che hanno cristallizzato la scena del crimine.
Dalla prima ricostruzione fatta dai carabinieri che hanno raccolto la versione dell'omicida, pare che tra i due appena alzati sarebbe iniziata una lite che man mano è degenerata sino al tragico epilogo. Sull'origine dell'animata discussione non ci sono certezze.
L'uomo avrebbe accennato a presunte incomprensioni che duravano da tempo sino alla volontà di lei di andarsene e lasciarlo solo. Sarebbe stata questa volontà della donna a far scattare l'aggressione brutale. I due indossavano ancora il pigiama per cui la lite sarebbe scoppiata abbastanza presto. Il medico legale Fernando Greco che ha effettuato la visita necroscopica sul corpo della vittima, ha evidenziato delle profonde ferite all'avambraccio sinistro, segno evidente che la donna ha cercato di difendersi dai colpi di lama facendosi scudo con le braccia. Più d'una invece le ferite mortali tutte alla gola. Nessuno nel condominio ha sentito urla o rumori.
Il pm Remo Epifani, dopo la sutura delle ferite eseguita dai medici del pronto soccorso dell'ospedale Giannuzzi, ha disposto l'arresto dell'uomo che è stato poi trasferito nel carcere di Taranto. Difeso dall'avvocato Dario Blandamura, deve rispondere di omicidio volontario.
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