Taranto, viene dimesso e muore dopo poche ore, disposta l'autopsia. Indagati due medici

L'ospedale di Manduria
L'ospedale di Manduria
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Venerdì 13 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:07

Cinque ore d’attesa al pronto soccorso con un forte dolore al petto, nessun esame del sangue per mancanza di energia elettrica né una visita specialistica, poi le dimissioni senza una diagnosi. 
Ventiquattrore dopo altri ritardi nei soccorsi e infine la morte. Sembrerebbe un eclatante caso di malasanità e di malfunzionamento del servizio pubblico quello su cui la Procura di Taranto ha aperto un’inchiesta per ora con due indagati, due medici del pronto soccorso dell’ospedale Marianna Giannuzzi di Manduria
A non poterlo raccontare è un sessantatreenne di Sava, deceduto sotto gli occhi dei figli e della moglie. Sono loro ora che vogliono vederci chiaro e per questo hanno presentato ai carabinieri della stazione di Manduria una dettagliatissima denuncia querela dove sono descritte le ultime ore di vita di Giovanni D’Ambrogio, dipendente di una rosticceria di Campomarino, sul litorale di Maruggio. 

La denuncia 

Quello che si racconta in quelle pagine ha dell’incredibile perché non ci sarebbesolo la presunta responsabilità medica, ma anche l’inaccettabile giustificazione di non poter eseguire un esame di laboratorio per mancanza di corrente elettrica. Tutto questo in un ospedale pubblico. Anche per questo il pubblico ministero Francesco Ciardo ha indagato due medici del pronto soccorso che hanno avuto in cura il sessantatreenne durante quelle inutili cinque ore di attesa all’interno del pronto soccorso di Manduria. Il reato contestato è quello di aver «cagionato la morte per negligenza, imprudenza e imperizia». 
I due sanitari hanno ricevuto l’avviso di garanzia, atto dovuto per consentire l’accertamento tecnico irripetibile e di nominare consulenti di parte per l’autopsia che è stata già eseguita.

Per l’esito bisogna attendere sessanta giorni. 

L'ospedale

Secondo la versione dei familiari che sono assistiti dall’avvocato Lorenzo Bullo, D’Ambrogio che accusava un dolore al petto, alle 9 di domenica scorsa si sarebbe recato al pronto soccorso dell’ospedale manduriano accompagnato da uno dei figli. 
Dopo 45 minuti di attesa al triage esterno, l’uomo sarebbe stato fatto entrare e sarebbe stato visitato e sottoposto al prelievo del sangue. 
Il figlio dall’altra parte del vetro avrebbe parlato più volte con il padre che si affacciava di tanto in tanto per tenerlo aggiornato su quanto accadeva. Così avrebbe saputo che il laboratorio analisi non poteva eseguire l’esame perché mancava la corrente elettrica. 
La stessa cosa avrebbe confermato un infermiere a cui il figlio si era rivolto per avere conferma dell’increscioso impedimento. Alle 14,15, si racconta nella denuncia querela, il paziente sarebbe uscito dal pronto soccorso senza più l’ago al braccio dicendo al figlio di essere stato dimesso e che la documentazione gliel’avrebbero data successivamente, sempre per la stessa impossibilità di stamparla in assenza di elettricità. 
Tornati a casa con i disturbi di prima solo un po’ attenuati, l’uomo ha passato la serata accusando stanchezza e il giorno dopo, intorno alle 13.30, si è recato a Campomarino per dare il cambio alla moglie che lavora nello stesso locale. 
Alle 14 le sue condizioni sono precipitate, ha vomitato e si è accasciato sul pavimento privo di sensi. A questo punto nella denuncia si parla di altri ritardi, questa volta del 118 che sarebbe intervenuto dopo 40 minuti dalla chiamata. La corsa in ospedale è stata inutile perché il sessantatreenne è morto subito dopo l’ingresso al pronto soccorso. È così è partita la denuncia con la richiesta di sequestro di tutta la documentazione clinica.
Ora toccherà agli inquirenti accertare quanto accaduto e, soprattutto, eventuali responsabilità.

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