Lavoratrice a 1 euro l'ora: «Fastweb ha annullato il mandato del call center»

Andrea Lumino (Slc) e Giuseppe Massafra (Cgil)
Andrea Lumino (Slc) e Giuseppe Massafra (Cgil)
di Alessio PIGNATELLI
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Martedì 22 Marzo 2016, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 16:11
Se importanti uomini della dirigenza di Fastweb si scomodano nel giro di ventiquattro ore, vuol dire che il nocciolo della questione è stato centrato. La storia del call center tarantino con stipendi da fame si arricchisce di altri particolari: il management della compagnia telefonica si è mosso in maniera decisa in seguito alla denuncia della Slc Cgil di Taranto.
Ieri pomeriggio, l’annuncio di Andrea Lumino. Il sindacalista che da anni denuncia situazioni anomale confermava che «a seguito della denuncia della Slc Cgil in quel call center che pagava i lavoratori a un euro all’ora per conto di Fastweb, apprendiamo ora che la stessa Fastweb ha annullato il mandato a quell'azienda che, in quella maniera, schiavizzava i lavoratori».
 
L’azienda specificava che il call center in questione non aveva alcun contratto o mandato con Fastweb ma operava come subagente non autorizzato per incarico di un’agenzia.
Tutto inizia la domenica delle Palme. Uno dei manager dell’area commerciale di Fastweb, allertato dalle notizie legate alla commessa in quel sottoscala con stipendi da un euro all’ora, contatta il sindacato nazionale per chiedere lumi su questa vicenda.
Uno dei tantissimi call center sottoscala operanti a Taranto retribuiva i dipendenti un euro all’ora: nella maggior parte dei casi, si arrivava a stipendi di 150 euro al mese. Non solo. Le condizioni di schiavitù ponevano le dipendenti di fronte a una scelta: avere un ulteriore periodo di prova di 15 giorni (sempre a 1 euro all’ora) oppure restare per altri 3 giorni per chiudere un contratto. Altrimenti si era licenziati.
A fare clamore e a smuovere le acque, un particolare non da poco: le circa cinquanta lavoratrici del call center operavano per conto di Fastweb. Il meccanismo del subappalto crea queste insopportabili situazioni in cui improvvisati call center di sgabuzzino possono operare in queste condizioni.
Solo a Taranto città, la Slc Cgil ne ha denunciati più di cento. Numeri impressionanti. C’è altro che fa assumere alla circostanza contorni ancora più spiazzanti: proprio quel call center era già stato denunciato agli organi competenti in passato.
«Non ci vuole niente per aprire un call center - spiega Andrea Lumino, segretario generale della Slc Cgil jonica - un minimo capitale per coprire il costo di sedie e computer. Ci fa piacere che rispetto agli scorsi anni, c’è meno omertà: le persone pretendono di non essere sfruttate. Denunciano, chiedono aiuto. Teoricamente sfugge poi il passaggio del subappalto ed è su questo che bisogna intervenire. Non è possibile che certe aziende permettano queste dinamiche».
Anche perché poi rischia di trasformarsi in un boomerang di immagine come dimostra l’immediata reazione risolutrice dell’azienda telefonica.
Il sindacato, inoltre, fa appello alla Regione Puglia per contrastare questo nuovo caporalato. Fino a qualche anno fa, c’era una convenzione con la Guardia di Finanza per il controllo del territorio.
Per il segretario regionale Slc Cgil, Nicola Di Ceglie, occorre rinsaldare i rapporti con le persone e stimolare continuamente chi è deputato ad intervenire e normare.
«Tanto è stato fatto anche dalle istituzioni, non vogliamo assolutamente disconoscerlo: l’approvazione della clausola sociale è uno strumento importantissimo in questo settore - si legge nella nota di Slc Cgil Puglia - Ma le vicende di questi giorni ci mostrano come sia necessario essere ancora più incisivi e determinati: le ispezioni e le sanzioni per chi sbaglia non sono un capitolo procrastinabile».
Proprio per questo motivo, infine, si chiede ufficialmente «al governatore Michele Emiliano e all’assessore al Lavoro di convocare urgentemente un tavolo e pianificare un intervento strutturale, volto a garantire i tanti giovani e precari dei call center».
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