«Sono evaso per portare fiori sulla tomba di mio fratello». Si è costituito il 18enne scappato dal carcere minorile

«Sono evaso per portare fiori sulla tomba di mio fratello». Si è costituito il 18enne scappato dal carcere minorile
di Mario Diliberto
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Venerdì 4 Dicembre 2015, 09:36

Voleva pregare sulla tomba del fratello che ha ucciso un anno fa. E chiedergli perdono per quella pugnalata al cuore scagliata in un momento di rabbia, al culmine di una lite, scoppiata in strada a Monteparano, a pochi chilometri da Taranto. Per questo mercoledì sera è fuggito dalla comunità di Monteroni, dove scontava i domiciliari. È durata poche ore la fuga del diciottenne tarantino che l'altra sera si è allontanato da quella struttura con un compagno di 15 anni.



Il giovane ha raggiunto a piedi il centro di Lecce ed ha telefonato al papà. In lacrime gli ha spiegato il motivo di quel colpo di testa. «Vieni a prendermi e portami al cimitero. Voglio andare sulla tomba di Marco. Voglio pregare e chiedergli scusa», ha detto tutto d'un fiato. «Poi andiamo dove vuoi tu». Il padre è volato in macchina da Monteparano, sino al cuore del capoluogo salentino, poco lontano dal cinema Massimo. Ha abbracciato quel ragazzo che, a soli 17 anni, in un momento di follia, ha tolto la vita al suo figlio maggiore. Lo ha stretto forte come solo un papà può fare. E lo ha convinto a tornare sui suoi passi. Lui, che a settembre ha varcato la soglia dei diciotto anni, mentre era ancora rinchiuso nel carcere minorile di Bari, ha pianto a dirotto per oltre un'ora.

«Ti supplico, andiamo al cimitero da Marco. Dopo torniamo indietro», ha continuato a ripetere. Il papà, però, è stato irremovibile. Non voleva che la situazione si aggravasse dopo la fuga. Il diciottenne alla fine si è deciso a rientrare in quella comunità in cui da poco più di venti giorni si trova agli arresti domiciliari. E dalla quale si era allontanato poco dopo le 17 di mercoledì, per rientrare la sera stessa intorno alla mezzanotte. Ad accoglierlo ha trovato la direttrice e uno degli educatori che lo seguono.

Anche a loro ha spiegato che non intendeva sparire, ma piangere sulla tomba del fratello ucciso quel maledetto 17 ottobre dello scorso anno. «Non volevo fuggire», ha detto non riuscendo a trattenere le lacrime. Così ha raccontato la fuga con quel compagno di soli 15 anni. Un ragazzino di Molfetta, alla sua settima evasione. Insieme hanno percorso i chilometri che dividono Monteroni da Lecce. In città si sono separati. Avevano intenzioni differenti. Il tarantino ha fermato un ragazzo e gli ha chiesto di fargli fare una telefonata. Ha chiamato il papà che lo ha raggiunto per ricondurlo nella comunità rieducativa.

In quella struttura il diciottenne era arrivato da poco, dopo che il Tribunale gli ha concesso i domiciliari in comunità su richiesta del suo difensore, l'avvocato Franz Pesare. In carcere, invece, era finito la notte del 17 ottobre dello scorso anno, subito dopo aver confessato il tremendo delitto con i vestiti ancora sporchi di sangue. Quella sera si scontrò con il fratello, di cinque anni più grande, a casa della nonna. I due ragazzi continuarono a discutere in strada, proprio davanti all'officina del papà. La lite degenerò, sino a quando il più piccolo non tirò fuori il coltello che aveva in tasca. Lo conficcò nel petto di Marco e fuggì via. Anche quella sera il padre di questi due fratelli saltò in macchina per una corsa a tutta velocità. Portò Marco in fin di vita in ospedale nella speranza di strapparlo ad un destino tremendo. Quella pugnalata al cuore, però, non diede scampo al giovane. Si spense al Pronto soccorso tra le braccia del papà.

Il fratello, invece, dopo poco si consegnò ai carabinieri. Fu il maresciallo a confermargli la morte di Marco. Due vite spezzate. Perché il giovane assassino da quel giorno è entrato in un incubo. Fatto di celle e tribunali, in cui è rimasto solo il rimorso per il delitto. Un sentimento che lo perseguita e che l'altra sera lo ha tramortito sino alla scelta di fuggire per andare sulla tomba del fratello a chiedere perdono. Mentre è svanito tutto il resto. Compreso il suo talento di campioncino di motociclismo. Una passione che condivideva proprio con il fratello e con il papà. A quella passione, ora stanno provando a farlo riaggrappare i rieducatori che dovranno seguirlo.

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