L’utilità di un Tecnopolo a Taranto non è tramontata nonostante siano passati anni dalla legge di bilancio - era il 2019 - che lo ha istituito prevedendo anche un primo stanziamento di 9 milioni.
Parola di Enrico Giovannini, due volte ministro (al Lavoro nel Governo Letta e alle Infrastrutture e alla mobilità sostenibili in quello Draghi), già chief statistician dell’Ocse, presidente dell’Istat e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
Le proposte
In un colloquio con Quotidiano, che nelle scorse settimane ha dedicato al tema Tecnopolo una serie di approfondimenti (ultimo quello con Tiziano Treu, presidente del Cnel, il 27 novembre), Giovannini suggerisce di «spingere in tutti i modi affinché il Tecnopolo possa partire. Si potrebbe creare - spiega - un consiglio informale di advisor e board e provare a costruire una mission e un piano strategico credibile per anni successivi. Si può fare un esercizio di ricognizione per vedere cosa è stato fatto altrove, quali esperienze, buone pratiche, e posizionare il Tecnopolo all’interno di un quadro che, rispetto al 2019, è sì mutato ma non ha fatto venire meno le ragioni di fondo della scelta compiuta».
L'esempio
«Di Tecnopoli ne esistono già - dichiara Giovannini a
L'opera incompiuta
Chiediamo a Giovannini, visto che è stato ministro nel Governo Draghi, perché non si è riusciti a sbloccare il Tecnopolo di Taranto da febbraio 2021 a ottobre scorso. «Non era il mio settore di attività - risponde -. Il progetto veniva dal Governo Conte che non ha proseguito nell’investimento e nella nomina degli organi statutari. Però se mi domanda è ancora ragionevole e utile pensare ad un Tecnopolo a Taranto? La mia risposta è sì. Lo è ancor più di prima e per quattro precise ragioni».
I punti di forza
Quarto motivo richiamato da Giovannini è la presenza del porto di Taranto. «I porti - ragiona l’ex ministro alle Infrastrutture -, su cui ho lavorato molto in questa mia ultima esperienza al Governo, non sono solo un luogo di attrazione di merci o di passeggeri ma sempre di più un luogo di innovazione. Rotterdam, per esempio, ha un retroporto dove sono arrivate imprese innovative, start-up, centri di ricerca. In Italia, grazie al Pnrr e agli altri fondi stanziati, stiamo investendo molto per avere retroporti connessi alle reti di trasporto e attirare attività industriali e terziarie avanzate. Un’opportunità da non perdere, tanto più per un porto e un luogo come Taranto molto più inserito nel Mediterraneo rispetto ad altri. Un Tecnopolo in un luogo così centrale del Mediterraneo può diventare un luogo di attrazione e un riferimento anche per i Paesi del Nord Africa». «Ma se si vuole essere ponte verso il Mediterraneo - riflette Giovannini -, la specializzazione del Tecnopolo deve essere definita nell’ambito di una strategia del Paese verso il Mediterraneo. Abbiamo a Palermo un centro di ricerca sulla biodiversità e Napoli sulle tecnologie per l’agricoltura. Sono due città del Sud orientate al Mediterraneo. Ed è evidente che nello scegliere le specializzazioni del Tecnopolo di Taranto, bisogna essere complementari».
I tempi
Ci vorrà tempo e impegno per vedere il Tecnopolo realizzato a Taranto. Non basta una legge o un finanziamento. E non è detto che la mission riesca anche dopo la ripresa del dibattito in queste ultime settimane.
Specie in una città segnata da crisi ed emergenze d’ogni tipo. «La politica alta è quella di riuscire a fare simultaneamente più cose» dice Giovannini, che in conclusione cita un’intervista a Tony Blair, il quale raccontò che, quando non era ancora primo ministro inglese, incontrò Bill Clinton che era già presidente americano. «Clinton - racconta Giovannini - disse a Blair che una volta entrato nella «stanza dei bottoni», avrebbe trovato la scrivania ingombra di emergenze. E anche se le risolverai tutte, gli disse, il giorno dopo ne troverai di nuove e così ogni giorno». «Il grande segreto che Clinton disse di aver scoperto - rievoca Giovannini -, è che per fare le cose importanti bisogna dedicargli tempo, altrimenti le emergenze ti succhiano tutte le energie». Traslato nella realtà d’oggi e nello specifico del Tecnopolo da istituire, conclude Giovannini, è che «forse bisogna costituire un gruppo di esperti che pensi a fare questo, che aiuti la politica ad occuparsene seriamente».