Il Mezzogiorno come leva di sviluppo per l'intero Paese. Il confronto tra ministri e il gotha dei manager

Il Mezzogiorno come leva di sviluppo per l'intero Paese. Il confronto tra ministri e il gotha dei manager
Il Mezzogiorno come leva di sviluppo per l'intero Paese. Il confronto tra ministri e il gotha dei manager
di Alessio Pignatelli
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Venerdì 7 Maggio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 01:36

La parola Sud o Mezzogiorno nel Recovery Plan - o, se si preferisce, nel Piano di ripresa e resilienza - ricorre continuamente e ciclicamente. Inevitabile che anche ieri, durante il webinar organizzato da Messaggero e trasmesso sulle testate online del gruppo Caltagirone editore (Quotidiano di Puglia, Mattino, Gazzettino, Corriere Adriatico), il Meridione sia stato tra gli argomenti più caldi di ministri e imprenditori dei più grandi player industriali nazionali.

Con un messaggio che la ministra per il Sud, Mara Carfagna, ha sintetizzato così: «L’obiettivo è di porre le basi per una riunificazione delle fondamenta economiche e sociali del Paese».

Il confronto online

 

Al dibattito da remoto “Obbligati a Crescere. Il Piano - L’economia della prossima generazione” moderato dalla giornalista Maria Latella e da Osvaldo De Paolini, vicedirettore de Il Messaggero, si sono alternati alcune tra le personalità che dovranno mettere le gambe alla ripresa nazionale.

A partire da Mara Carfagna: «Le misure e gli investimenti che stiamo mettendo in campo determineranno una crescita del Pil del Sud nel corso dei cinque anni di 24 punti percentuali rispetto a una media del 15% nazionale». E se i progetti del piano verranno realizzati nei tempi «si stima una crescita dell’occupazione femminile di 5,5 punti e di 4,9 punti per quella giovanile: significa centinaia di migliaia di donne e giovani che troveranno lavoro al Sud».

Categorie citate non a caso poiché sono la grande debolezza di un territorio che sconta ritardi con altre aree del Paese. Per il Sud c’è una quota di 82 miliardi di euro del Pnrr che diventano 130 miliardi se si aggiungono i fondi strutturali e quelli del React Eu. Altro tema fondamentale i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, che ha detto ancora il ministro sono «alla base delle disuguaglianze. I Lep sono una disposizione inserita nella Costituzione ma inattuata da venti anni. La conseguenza è che i fondi nazionali vengono distribuiti non per l’effettivo fabbisogno ma con il criterio della spesa storica. E questo crea disparità».

Un principio che ha alimentato le disuguaglianze: nel Nord ci sono 32 posti negli asili nido ogni 100 bambini, al Sud solo 13,5. «Questo vale per tutto, per l’assistenza degli anziani, per il trasporto locale, per il tempo pieno nelle scuole. Si tratta di un modello indegno per un paese civile» ha detto ancora Carfagna.

Lo sviluppo economico

 

A parlare di sviluppo economico, il titolare del dicastero dedicato Giancarlo Giorgetti. Focus sull’acciaio con la macrovertenza Ilva che attende il 13 maggio il responso del Consiglio di Stato sulla prosecuzione dell’attività dell’area a caldo. «Sono molto ottimista sul futuro produttivo di Taranto e Piombino, al netto della situazione molto complicata» ha dichiarato Giorgetti.

«L’acciaio, nell’opinione pubblica, è sinonimo di fallimenti seri.

Ma il governo ha un progetto che si avvarrà sia delle risorse del Pnrr, sia delle capacità tecnologiche offerte dai campioni nazionali che abbiamo nei vari settori». «Lo Stato deve fare la sua parte» ha aggiunto ricordando implicitamente l’ingresso di Invitalia nella compagine societaria Acciaierie d’Italia in partnership con ArcelorMittal.

La mobilità

 

Un altro ministero, quello delle Infrastrutture e della Mobilità, gestirà 62 miliardi del Piano. Lo ha spiegato lo stesso ministro Enrico Giovannini: «Una cifra ragguardevole», ha sottolineato. Ricordando poi alcuni progetti fattibili entro il 2030 tra cui «l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria».

Oltre alla cosiddetta cura del ferro, Giovannini ha ricordato che il governo ha ottenuto di poter finanziare con 300 milioni di euro le strade che collegano le aree interne alle nuove reti veloci per dare accesso ai cittadini che vivono in zone non raggiungibili dalle ferrovie.

E a dettagliare sui trasporti ferroviari, sulle risorse a disposizione e sull’impatto per il Mezzogiorno è stato Gianfranco Battisti, ad e dg del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane: «Riguardo ai 25 miliardi previsti dal Pnrr per il ferro, le Ferrovie se li aspettavano proprio per terminare i grandi corridoi europei che cambieranno l’assetto logistico del Paese. Per esempio, il cambiamento della Napoli-Bari. Nascerà un grande aerea urbana. Risultato? 20mila nuovi posti di lavoro e 1% del Pil. Metà degli investimenti verrà fatto al Sud».

La sfida del digitale e della transizione

 

L’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, ha parlato di digitale. Il gruppo, presente in Puglia nei siti produttivi di Grottaglie e Foggia (Aerostrutture), Brindisi (Elicotteri), Taranto (Elettronica), ha 2.700 imprese nella sua filiera di fornitura e «le sta supportando nella loro evoluzione digitale. Il digitale, se si usa in modo intelligente, valorizza le informazioni e si possono elaborare soluzioni che non saremmo capace di vedere in modo immediato».

Infine Francesco Starace, l’amministratore delegato dell’Enel che a Cerano (Brindisi) è presente con una centrale termoelettrica a carbone, ha parlato di transizione. Esiste una transizione giusta, con costi limitati, anche in termini di risorse umane nel passaggio all’elettrico dai consumi combustibili fossili?

«La prima cosa da fare è dire e spiegare quello che succede davvero, dire la verità di fronte a un cambiamento del settore così rivoluzionario. A quel punto è necessario attivare un percorso di riconversione professionale. E dunque, sono necessarie anche risorse. Questa transizione ha un costo e bisogna puntare sui nuovi settori. Il saldo per l’economia è sempre positivo ma evidentemente questo passaggio deve essere affrontato anche con il pubblico».

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