Ex Ilva, a vuoto il cda. L'indotto fa partire la cassa integrazione

Ex Ilva, a vuoto il cda. L'indotto fa partire la cassa integrazione
di Domenico PALMIOTTI
5 Minuti di Lettura
Venerdì 29 Dicembre 2023, 05:00

Un ennesimo giro a vuoto, un altro consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia, quello di ieri mattina, che si chiude con un nulla di fatto. Sia che si tratti di cda o di assemblea dei soci, tutte le riunioni, almeno negli ultimi due mesi, seguono ormai lo stesso canovaccio. 

Il flop

Ieri il cda di Acciaierie non ha deciso alcunché sia perché i due soci (il privato Mittal, che è maggioranza, e la società pubblica Invitalia, partner di minoranza) hanno idee molto diverse su come procedere per l’ex Ilva, sia perché adesso - come scritto ieri da Quotidiano - la trattativa si sposta su un altro campo. Non più solo i due azionisti, sinora rappresentati dal management, ma i manager e i livelli superiori. Vale a dire il Governo e i ministri per la parte pubblica e i vertici di Mittal (forse gli stessi Mittal) per la multinazionale. Incontro che si terrà ai primi di gennaio e solo dopo, se ci sarà accordo, potranno ripartire (e magari decidere) cda e assemblea. 
In quanto alla divisione tra gli azionisti, resta quella nota. Mittal, in quota parte (62 per cento), vuole procedere per ora solo all’aumento di capitale da 320 milioni, mentre per l’acquisto degli impianti, sostiene che prima bisogna negoziare il prezzo da Ilva in amministrazione straordinaria (riducendolo), poi cercare di farsi finanziare dalle banche e infine coinvolgere gli azionisti. Invitalia, invece, vuole che gli azionisti si facciano carico di un’operazione da 1,320 miliardi: capitale e acquisto degli impianti. 
Il nulla di ieri, anche se nell’aria, ha determinato la reazione negativa dei sindacati e dell’indotto che fa capo ad Aigi. L’associazione delle imprese annuncia il ricorso alla cassa integrazione. 
Ieri stesso il presidente di Aigi, Fabio Greco, ha spedito tre lettere. La prima ai vertici di Invitalia (ad Bernardo Mattarella) e di Acciaierie (presidente Bernabè e ad Morselli). Si prende atto del “nulla di fatto” e si dichiara che c’è “una situazione di paralisi che si riverbera negativamente sulla situazione delle aziende nostre associate le quali, oltre a vantare crediti, non registrano novità sul fronte di nuovi ordini. Una situazione che non potrà non determinare il ricorso allo strumento della cassa integrazione”. 
C’è poi una lettera ai sindacati Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl, ai quali Aigi chiede un “incontro urgente, stante la gravissima situazione che si registra in AdI dopo l’ennesimo rinvio del consiglio di amministrazione della società”. Incontro, quello con le sigle, che servirà a formalizzare l’avvio della procedura di cassa. Alle stesse sigle sono state inviate per conoscenza anche le altre due lettere: quella ai vertici societari e quella all’azienda Acciaierie. In quest’ultima - destinatario è l’ufficio acquisti -, Aigi fa presente che diverse aziende “si ritrovano a fare i conti con ordini d’acquisto la cui validità è contrassegnata fino al 15/01/2024, mentre la data di consegna dell’ordine al 29/12/2023”. Poiché nella riunione di maggio scorso, le imprese “hanno appreso ufficialmente che a far data della scadenza dell’ordine, l’ufficio acquisti non avrebbe processato i relativi M.A.P. (documenti sui lavori affidati in appalto alle imprese) successivi a tale data”, si chiedono “delucidazioni urgenti in merito alla continuità produttiva. In assenza di risposte, le aziende, in autotutela, eseguiranno esclusivamente il riassetto e la messa in sicurezza dei propri cantieri”. E l’indotto di Aigi è quello che in molti casi non ha corrisposto le tredicesime non essendo stato pagato dall’ex Ilva. 
Intanto oggi alle 16 i sindacati incontrano di nuovo il Governo a Palazzo Chigi ma la linea l’hanno anticipata ieri. “L’esito del cda di Acciaierie d’Italia che non prende alcuna decisione sul capitale e sull'acquisizione degli impianti, è l’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di come la trattativa dell’ex Ilva sia completamente in mano ad ArcelorMittal. Il Governo non assume decisioni e la multinazionale continua a tenerci inchiodati a questa situazione drammatica che va avanti dall’estate e che non può portare a nulla di buono”, dichiara Rocco Palombella della Uilm. 
Per Roberto Benaglia e Valerio D’Alò della Fim Cisl, la “situazione di stallo continua ad essere fortemente pericolosa per il futuro dell’azienda, dell’occupazione e della produzione del più grande polo siderurgico europeo.

Ci chiediamo - proseguono - come mai il confronto con i vertici del Governo e i Mittal a livello mondiale non sia stato tenuto in questi mesi ma sia stato programmato per le prossime giornate di gennaio. Pensiamo che sia il momento delle scelte e non dei rinvii perché non c’è più tempo”. “E’ inaccettabile che il cda e l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia si riuniscano da mesi senza prendere decisioni per la salvaguardia dell’occupazione, dell’ambiente e della produzione di acciaio in Italia. E’ un comportamento irresponsabile” sostiene Loris Scarpa della Fiom Cgil, per il quale i siti industriali “sono in una situazione che peggiora di giorno in giorno a causa dell’incuria e dell’assenza di manutenzioni”. E l’Usb, con Sasha Colautti e Franco Rizzo, commenta: “L’ennesimo cda a vuoto è la dimostrazione, come se ce ne fosse bisogno, che a dettare le condizioni non è il nostro Governo, ma Arcelor Mittal. Da tempo stiamo stigmatizzando la scelta di voler continuare a correre verso il baratro, stretti nell’abbraccio mortale con la multinazionale indiana”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA