Ex Ilva, il cda distribuisce 750 milioni per pagare gli arretrati

Eni e Snam riceveranno solo parte di quanto maturato. Il resto andrà alle ditte dell'indotto e ai fornitori

Le due nuove gru operative nell'area di Acciairie d'Italia nel porto di Taranto
Le due nuove gru operative nell'area di Acciairie d'Italia nel porto di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Sabato 4 Marzo 2023, 05:00

Acciaierie d’Italia sblocca i primi pagamenti arretrati. Dopo l’arrivo dei 680 milioni di Invitalia, ieri il consiglio di amministrazione della società si è riunito per decidere sulla ripartizione delle risorse. Una riunione tecnica, si spiega. 

La ripartizione

La seduta si è svolta nella stessa giornata il cui il presidente Sergio Mattarella ha firmato e promulgato la legge di conversione del decreto legge sugli impianti industriali di rilevanza strategica, fra i quali vi è appunto l’ex Ilva, dopo l’approvazione, l’altro ieri, della Camera. Il via libera del Senato c’era già stato nella settimana precedente. 
A fronte di 680 milioni messi da Invitalia, più altri 70 conferiti da ArcelorMittal sotto forma di crediti, si è dovuto fare anzitutto i conti con i debiti energetici contratti da AdI verso Eni e Snam. La prima società ha garantito la fornitura del gas sino a fine estate, poi AdI non ha rinnovato il contratto. La seconda, invece, lo fornisce tutt’ora attraverso il servizio di default. Su 750 milioni disponibili, se fossero state pagate per intero Eni e Snam, sarebbero andati via 650 milioni in un sol colpo lasciando praticamente AdI al punto di prima. E invece, si è appreso da fonti vicine al dossier, sia Eni che Snam si sono mostrate molto collaborative verso la situazione di Acciaierie d’Italia. Per ora hanno accettato il pagamento di una quota di quanto maturato. Questo consente da un lato di normalizzare i rapporti con due grandi fornitori - il gas è fondamentale per far marciare gli impianti - e dall’altro di avere la disponibilità di un’altra fetta di risorse per far fronte ai fornitori, anch’essi in attesa dei pagamenti, e ai lavori in fabbrica da far ripartire. 
Quotidiano apprende che qualche pagamento è già stato effettuato in questa settimana e che nella prossima ne dovrebbero essere effettuati degli altri sino a normalizzare o quasi lo scaduto. Anche per i lavori si profilerebbe un ripristino a breve. Erano stati sospesi a metà novembre, sollevando non poche proteste e spingendo le imprese dell’indotto a ricorrere alla cassa integrazione. Diverse le richieste aziendali gestite dai sindacati in questi ultimi mesi. Gli ordini sarebbero dovuti ripartire a metà gennaio, almeno così disse a novembre AdI nella lettera inviata alle realtà dell’indotto. Invece a gennaio non si è sbloccato nulla, così come è caduto nel vuoto l’invito al riavvio degli ordini che a metà novembre il ministro Adolfo Urso aveva fatto ad AdI. 
Adesso, però, si profilerebbe una schiarita. Gli ordini ripartono, ma c’è anche la possibilità che alcuni di quelli vecchi, sospesi, non siano riattivati e siano invece sostituiti da ordini nuovi. Al cda ha partecipato anche Invitalia, in quanto la società del Mef fa parte di AdI come socio di minoranza, ma ha lasciato all’autonomia del management aziendale la gestione delle somme. 
Debiti energetici, fornitori e lavori sono le tre voci prioritarie da affrontare. Poi, però, esistono tanti altri rivoli e scoperture. Esempio, il canone di fitto verso Ilva in amministrazione straordinaria - società proprietaria degli impianti - scaduto il 5 febbraio, pari a circa 22 milioni a trimestre, non sarebbe stato ancora pagato. 
Intanto, proseguono le proteste sulla legge ormai promulgata. Alle 12.30 di ieri si è concluso il flash mob social per dire no allo scudo penale che sulle pagine di Genitori Tarantini, di altri movimenti e quella Instagram della rubrica “Ma io come campo” era partito a mezzanotte del 2 marzo. «Doveva terminare alla mezzanotte del 3 marzo ma siamo andati avanti per altre 12 ore - spiega a Quotidiano Carmen Zaira Torretta, una delle animatrici dell’iniziativa - in coincidenza con la giornata di protesta Fridays for Future che era ieri. La nostra è stata una mobilitazione dal basso che si è espressa attraverso testimonianze e videomessaggi. Abbiamo chiesto instancabilmente giustizia sociale, ambientale, ecologica e climatica per Taranto. Ci siamo appellati al presidente Mattarella». 
«Questo decreto Ilva è un brusco, sorprendente e pericolosissimo ritorno al passato. A quel terribile passato caratterizzato da provvedimenti volti a garantire continuità produttiva e immunità penale per i gestori, tutto a discapito dei lavoratori, dell’ambiente e della salute pubblica. Da questo Governo ci saremmo aspettati scelte in direzione di una maggiore responsabilità dello Stato - commenta Michele Mazzarano, consigliere regionale Pd -. È evidente la lampante contraddizione tra i buoni propositi annunciati dal ministro Urso in direzione dell’accordo di programma e le scelte effettivamente compiute».
Infine il sindacato Usb dichiara che sono stati presentati in Parlamento, in sede di decreto sugli impianti strategici, due ordini del giorno finalizzati alla rivalutazione dell’integrazione salariale per i dipendenti di Ilva in amministrazione straordinaria che sono tutti in cassa integrazione straordinaria da anni.

Gli odg sono stati presentati dai deputati Dario Iaia (FdI), Ubaldo Pagano (Pd), Marco Lacarra (Pd) e dal senatore Mario Turco (M5S). Per il sindacato la “modifica da apportare” deve considerare «il 10% sull’imponibile contributivo o primo rigo lordo di ogni dipendente. Così l’integrazione salariale comporterebbe un preciso beneficio per i cassintegrati».

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