Al cinema il "Comandante" Favino, storia che parte da Taranto

Al cinema il "Comandante" Favino, storia che parte da Taranto
di Anita PRETI
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Mercoledì 8 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:26

Chi ha la fortuna, a Taranto, di abitare in una casa con la vista sul mare, ogni tanto puntando lo sguardo lontano, li vede passare i sommergibili: lunghi stretti neri, scivolano sulla cresta dell’onda e sembrano pinne di squalo. Ma da Ostra Vetere non è possibile. È un piccolo paese sulle deliziose colline marchigiane. Non è in alto e pertanto, all’orizzonte, si scorge solo uno spicchio di mare, quello dolcissimo di Senigallia. Non è un uomo d’acqua, nascendo lì’, Francesco Ricci ma lo diventa fino al grado di ammiraglio. Ed è un sommergibilista. E loro, questi uomini, lo sanno tutti ormai, sono tipi un po’ bizzarri, fuori del comune. A Ricci oggi Taranto deve la sua seconda vita, quella turistica: il Castello aragonese che l’ammiraglio ha riportato al nerbo della sua storia è uno dei luoghi più visitati d’Italia, un richiamo per grandi e piccoli, italiani e stranieri. Perché, sarebbe domanda da farsi, un sommergibilista diventa una sorta di Indiana Jones; meglio gli sarebbero calzati i panni degli eroi di “20mila leghe sotto i mari”, il libro di Jules Verne. E la risposta forse la si può trovare anche nel film “Comandante” che Edoardo De Angelis ha scritto con Sandro Veronesi e girato in parte a Taranto (già set di altri film “militari”, dal serio al faceto). Per due mesi le riprese, ricostruito lo scafo con la collaborazione della Marina Militare e il lavoro di molte decine di uomini, sono avvenute all’interno dell’Arsenale dove la prima nave varata nel 1898 in un tripudio di gente e reali intervenuti alla cerimonia, non era stata un sommergibile ma la grande “Puglia” la cui prora svetta oggi all’interno del Vittoriale di D’Annunzio, a Gardone Riviera.

La storia

In compenso Taranto oggi è la sede del Comando della Flottiglia Sommergibili. Ed è stato quindi giusto ed opportuno che subito dopo l’annuncio di una proiezione nella multisala di San Giorgio Jonico se ne pensasse una immediatamente successiva al Savoia di Taranto. Presenti molti esponenti della Marina Militare e le maestranze dell’Arsenale. L’applauso, al termine della proiezione, non poteva essere altro che questo: commosso e commovente.Il film di De Angelis è tra i campioni di incassi al botteghino. Merito della bellissima storia raccontata: il senso di libertà, dignità e responsabilità che alberga in Todaro, comandante del sommergibile “Cappellini” durante la Seconda guerra mondiale pronto ad imbarcare i naufraghi di un’unità belga, “Kabalo” e a navigare per tre giorni in emersione per portarli in salvo; e merito di Pierfrancesco Savino, il protagonista, ancora una volta ai vertici delle sue capacità d’interpretazione. Ed anche ed infine merito dello stupore che ogni volta suscita la vita dei sommergibilisti, gente speciale. Basterebbe leggere, consultando il sito della Marina Militare, il piano di addestramento degli uomini di bordo. In un ipotetico diagramma della Marina Militare loro sono un po’ il numero 10 di una squadra di calcio, tanti Totti, tanti Maradona, tanti imprevedibili fuoriclasse. Perché occorre un coraggio da leoni per starsene dove se ne stanno con strati di mare sulla testa, sotto i piedi, tutt’intorno, per ore e per giorni che il tempo senza tempo di un sottomarino dilata a dismisura. Salvatore Bruno Todaro, messinese, nato nel 1908, al quale Pierfrancesco Favino presta le sembianze, ha incrociato almeno un paio di volte le vicende di Taranto: mentre è in fase di formazione la sua carriera militare e poi, negli anni Trenta, con il comando del Dipartimento. Quando scoppia la guerra sale sul sommergibile “Comandante Cappellini” e si tiene al largo, nell’Atlantico, fino all’ora in cui gli tocca fare quello che le circostanze impongono: affondare le navi nemiche. “Kabalo” non dovrebbe esserlo ma è un po’ la vivandiera degli Inglesi, che non sono alleati dell’Italia in quel momento. Lo farà di nuovo e proprio con un naviglio della perfida Albione, e ancora una volta imbarcherà naufraghi. Alla fine gli Inglesi avranno ragione di lui, in un’azione di guerra nel dicembre 1942.

Restano le tre medaglie al valor militare, l’imperitura stima dei posteri e il suo nome che campeggia sul più moderno sommergibile della Marina Militare italiana, il “Todaro”. Assegnato a Taranto. Le navi hanno un motto, quello del “Todaro” è “Osare l’inosabile”. Ci provano in molti, come il Comandante, a tenervi fede. 

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