L’ultima puntata sono state le dimissioni di Giovanni Malagò (presidente Coni) dal Comitato organizzatore alla luce del «perdurante e irrisolto stato d’impasse» su cantieri e dintorni. Fin qui abbiamo già assistito a goffe piroette degne di Giochi senza frontiere: i ritardi accumulati negli anni, le stucchevoli polemiche sulle risorse, i vedremo e faremo, il commissariamento per le opere da parte del governo Meloni e le quotidiane crisi di nervi con Regione e Comune. A condire il piatto, ed è un pericoloso elemento spia, le dichiarazioni a gettone dei lanzichenecchi (ormai è parola sdoganata...) di partito, che danno al tutto quell’insano tocco da fine impero. La sensazione, ora, è una: centrodestra di governo (nazionale) e centrosinistra di governo (regionale e cittadino) da un lato stanno apparecchiando la tavola in vista del fallimento, cercando di imputare gli uni agli altri e viceversa qualsiasi colpa finale; e dall’altro lato puntano perlopiù a mettere le mani sulla governance dei fondi per l’organizzazione dei Giochi, appetitoso veicolo di consenso (le risorse per le infrastrutture sono invece vincolate e in capo al commissario). Le dimissioni di Malagò e le successive dichiarazioni di Michele Emiliano delle ultime ore, del resto, hanno di fatto svelato il vero cuore di questa ennesima pagina di antologia del paradosso: chi decide il cosa, il quanto e il dove. Siamo sempre lì. Come per il Pnrr e affini, appunto. Basterebbe dirlo - da entrambi le parti - a viso aperto e ci risparmieremmo un revival di Giochi senza frontiere, quando tutto sembrava possibile e le figuracce in tv costavano giusto un sorriso in prima serata d’estate.
I Giochi del Mediterraneo come Giochi senza frontiere. Con le stesse figuracce
La kermesse a Taranto del 2026 sempre più a rischio. Centrodestra e centrosinistra, governo e Regione e Comune: è lite continua

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Mercoledì 2 Agosto 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:02
L’ultima puntata sono state le dimissioni di Giovanni Malagò (presidente Coni) dal Comitato organizzatore alla luce del «perdurante e irrisolto stato d’impasse» su cantieri e dintorni. Fin qui abbiamo già assistito a goffe piroette degne di Giochi senza frontiere: i ritardi accumulati negli anni, le stucchevoli polemiche sulle risorse, i vedremo e faremo, il commissariamento per le opere da parte del governo Meloni e le quotidiane crisi di nervi con Regione e Comune. A condire il piatto, ed è un pericoloso elemento spia, le dichiarazioni a gettone dei lanzichenecchi (ormai è parola sdoganata...) di partito, che danno al tutto quell’insano tocco da fine impero. La sensazione, ora, è una: centrodestra di governo (nazionale) e centrosinistra di governo (regionale e cittadino) da un lato stanno apparecchiando la tavola in vista del fallimento, cercando di imputare gli uni agli altri e viceversa qualsiasi colpa finale; e dall’altro lato puntano perlopiù a mettere le mani sulla governance dei fondi per l’organizzazione dei Giochi, appetitoso veicolo di consenso (le risorse per le infrastrutture sono invece vincolate e in capo al commissario). Le dimissioni di Malagò e le successive dichiarazioni di Michele Emiliano delle ultime ore, del resto, hanno di fatto svelato il vero cuore di questa ennesima pagina di antologia del paradosso: chi decide il cosa, il quanto e il dove. Siamo sempre lì. Come per il Pnrr e affini, appunto. Basterebbe dirlo - da entrambi le parti - a viso aperto e ci risparmieremmo un revival di Giochi senza frontiere, quando tutto sembrava possibile e le figuracce in tv costavano giusto un sorriso in prima serata d’estate.
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