Dalla xylella alle concessioni balneari, se l'incertezza è stabilita per ordinanza

Dalla xylella alle concessioni balneari, se l'incertezza è stabilita per ordinanza
di Rosario TORNESELLO
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Domenica 15 Maggio 2022, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 18:09

Le sentenze si rispettano, e ci mancherebbe altro. Ne deriva che delle ordinanze si può tranquillamente discettare. E perciò un paio di cose alla fine di sette giorni intensi meritano attenzione. Due pronunciamenti del Tar riaprono altrettanti fronti con cui il Salento in particolare, e la Puglia in generale, faticano a chiudere i conti. Più che altro, prolungano i tempi su problemi che proprio nell'elemento cronologico hanno una variabile straordinariamente decisiva. Primo, la xylella. Secondo, le concessioni balneari.

La xylella, dunque. Il Tar Bari blocca l'abbattimento nella piana degli ulivi monumentali, disposto dalla Regione, di 37 alberi infetti: entro il 30 giugno prossimo potranno essere effettuati tutti i trattamenti alternativi consentiti dalla Regione stessa (e non quelli sperimentali) per evitare la diffusione del contagio. Il 15 dicembre (ai fini del disastro, un'enormità) si deciderà nel merito. Nel quartier generale della sputacchina - principale vettore del batterio che in nove anni ha colpito 21 milioni di ulivi risalendo la Puglia dal basso Salento e invadendo ottomila chilometri quadrati di campi (fonte Coldiretti) - ancora brindano: ci fossero cure alternative per alberi irrimediabilmente compromessi, ovunque sia, qui, in Italia, in Europa o nel mondo, cesserebbe la materia del contendere. Non solo: proprio la mancata eradicazione immediata delle piante infette ha provocato uno scempio senza precedenti, con risultati ben visibili a tutti, residenti, turisti e visitatori occasionali. Storia, ormai.

Ritardi, inchieste penali, sottovalutazioni, populismo a buon mercato, letture dietrologiche e cacciatori di complotti hanno spianato la strada alla xylella, lanciata senza freni alla conquista di ulteriori territori inesplorati, sempre più a nord. Si fosse fatto così anche per la pandemia da Covid, saremmo ancora chiusi in casa o al più sui balconi a cantare l’inno nazionale (i pochi sopravvissuti, ovviamente). Ma le evidenze della scienza in questo caso passano in secondo piano, nonostante esperti e studiosi si siano sgolati e ancora oggi insistano nel dire che, ok, spiace, spiace molto, giacché l’albero non è solo coltura ma soprattutto cultura e identità perché era lì anche con tuo padre, tuo nonno e chissà quante altre generazioni prima, e però, appunto, ok: spiace, ma non ci sono alternative. Niente. Pazienza: da qui al 30 giugno assisteremo ai trattamenti alternativi indicati dalla Regione (che dispone tagli radicali, ma anche no) e poi avallati dal Tar. Sperando siano soprattutto efficaci. Altrimenti, auguri.

E poi i balneari. Vicenda complessa, leggere con attenzione le avvertenze tra auto-esecutività delle norme e concetti tutt’altro che labili di interesse transfrontaliero e scarsità di risorse. Con l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (novembre scorso) si riteneva chiusa la partita sul rinnovo automatico e generalizzato delle concessioni per i lidi: confermate solo fino al 31 dicembre 2023, poi tutte a gara.

Lo vuole l’Europa in base a una normativa sulla concorrenza in ambito comunitario, la cosiddetta Bolkestein. Così hanno deciso i giudici di tutte le sezioni del massimo organo di giustizia amministrativa, proprio per risolvere le differenti interpretazioni dei Tar. E, in particolare, così hanno stabilito intervenendo su un caso targato Lecce: il Comune aveva negato un rinnovo fino al 2033, ritenendo la legge nazionale superata dalla normativa comunitaria, ma i giudici del Tar avevano poi smentito l’amministrazione salentina, accogliendo le tesi dei ricorrenti. Il successivo appello dell’ente locale contro la sentenza del Tribunale è stato affrontato e risolto, appunto, con la decisione del presidente del Consiglio di Stato di convocare l’adunanza plenaria per dirimere la controversia una volta per sempre. Col risultato noto a tutti. Argomento chiuso, quindi? Proprio no.

Intervenendo su un caso di Ginosa, lo stesso Tar Lecce ha deciso di rilanciare la palla direttamente a Lussemburgo, nonostante il pronunciamento dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (su cui il governo ha fondato un emendamento al disegno di legge sulla concorrenza, ora in discussione al Senato) e rimettendo la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea con nove quesiti, per fare chiarezza «sullo stato di assoluta incertezza»: dalla gerarchia delle fonti al valore della Bolkestein, fino a un richiamo al diritto di proprietà con riferimento alle strutture in muratura, legittimo e tuttavia sorprendente se introdotto in tema di beni demaniali. Materia complessa, si era detto.

Passerà del tempo. Da Lussemburgo arriverà un pronunciamento (un altro, perché il precedente pare sia superato giacché la materia comunitaria evolve alla velocità della luce). Ma in attesa di sapere come l’Europa dirà a tutti (giudici inclusi) come si sta in Europa, passeranno mesi, probabilmente un anno. Il termine fissato dal Consiglio di Stato per le gare (dicembre 2023) verrà superato. Forse le concessioni saranno rinnovate ulteriormente, a vantaggio del fronte “eternalista” della questione (e a danno di quanti, invece, vorrebbero entrare nel mercato). Una normativa nazionale tarderà ad arrivare a mettere ordine sui canoni di concessione (ahi), sull’uso di spazi pubblici (ahiahi) e sul nodo degli accessi limitati (ahiahiahi). E prima o poi ci troveremo ancora una volta a ragionare sui ritardi del Sud. Sulla farraginosità delle procedure. Sulla complessità e indeterminatezza delle norme. Sull’incertezza dei tempi della giustizia. Sulla latitanza degli investitori, in particolare stranieri. E anche sul ruolo della magistratura in genere, detto alla vigilia di uno sciopero (comparto ordinario, non amministrativo) che pone non pochi quesiti sui rapporti tra poteri dello Stato per via di una riforma discussa e forse discutibile. Ma questo è un altro capitolo, non un’altra storia.

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