Violenza sulle donne, parla la mamma di Federica De Luca: «Investire sulla cultura del rispetto»

Violenza sulle donne, parla la mamma di Federica De Luca: «Investire sulla cultura del rispetto»
​Violenza sulle donne, parla la mamma di Federica De Luca: «Investire sulla cultura del rispetto»
di Mario DILIBERTO
4 Minuti di Lettura
Lunedì 20 Novembre 2023, 13:30 - Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 13:49

“Ogni volta respiro la stessa angoscia. E ogni volta provo la stessa sofferenza. E vivo nuovamente lo strazio di quel giorno in cui non sapevamo cosa fosse successo a Federica e ad Andrea”. Rita Lanzon trattiene a stento le lacrime quando parla del dramma di Giulia Cecchettin, ricordando la terribile tragedia costata la vita alla sua unica figlia e al suo unico nipote. Rita è la mamma di Federica De Luca, assassinata sette anni fa dal marito che aveva deciso di lasciare. Quell'uomo aggredì la moglie in casa e la massacrò di botte. Poi portò via Andrea, il bimbo nato da quel matrimonio. Un angelo biondo di soli tre anni. Un'ora dopo, prima di suicidarsi, l'assassino uccise anche il piccolo con un colpo di pistola alla testa.

Da quel giorno Rita e suo marito Enzo De Luca si sono trasformati in testimoni viventi di dignità e voglia di lottare contro l'orrore della violenza contro le donne.

Ecco perché il dramma di Giulia per Rita ha l'effetto di una pugnalata al cuore.

“Conosco l'angoscia provata dai familiari di questa sfortunata ragazza. So bene cosa vuol dire sperare sino all'ultimo di ritrovare in vita chi ami più di te stessa. E conosco soprattutto l'ergastolo del dolore al quale siamo condannati io e mio marito. Una pena che ora, purtroppo, condividiamo con il papà di Giulia”.

Come si affronta una tragedia come questa?

“Non la affronti. Sopravvivi e cerchi in qualche maniera di dare un senso a quello che rimane. Noi abbiamo pensato di raccontare al mondo questo dramma, nella speranza di salvare altre ragazze”.

E cosa si prova a vivere nel Paese in cui ogni due giorni una donna viene uccisa da chi sostiene di amarla?

“Si prova tanto sconforto ma anche la forza di andare avanti. Poco dopo la morte di Federica mostrammo il pubblico la foto del suo volto tumefatto dalle botte del suo assassino. Speravamo che quell'immagine servisse a far cambiare chi pensa alle donne come a un oggetto di proprietà. Evidentemente c'è tanta strada ancora da fare”.

Come ritiene che possano essere evitate queste tragedie?

“Credo che ci sia bisogno di educare i ragazzi a superare determinati retaggi culturali. Per questo noi accettiamo costantemente di partecipare ad incontri organizzati su questo tema nelle scuole. E poi serve ascoltare le donne con attenzione e non con superficialità. Troppe volte assistiamo a femminicidi che avvengono anche quando le vittime hanno denunciato i loro persecutori”.

Cosa intende?

“Guardi, queste tragedie hanno sempre degli aspetti praticamente sovrapponibili. Ho letto che nel caso di Giulia uno dei motivi di dissapore era rappresentato dalla imminente laurea della ragazza. Anche l'assassino di mia figlia all'epoca mostrò insofferenza per la laurea di Federica. Basti pensare che quel giorno non le portò neanche un mazzo di fiori. Sono segnali di persone che vivono male il successo delle donne e che le vorrebbero sempre un passo indietro. Segnali che vanno colti da chi ha il compito di comprendere le denunce e interpretare i racconti delle vittime”.

Cosa intende per ascoltare le donne?

“Le donne vanno credute e difese. Poche settimane fa ho incontrato una donna aggredita a Martina dal marito. Lei lo aveva denunciato. All'improvviso lui l'ha raggiunta in strada e l'ha accoltellata. È viva per miracolo. La sua denuncia non è servita. Lo Stato manca troppe volte”.

Cosa bisognerebbe fare, secondo lei?

“Lo ripeto da quando sono costretta a piangere ogni giorno mia figlia e mio nipote. Giusto puntare sull'educazione dei ragazzi e in questo un ruolo fondamentale lo hanno i genitori e la scuola. Ma servono anche provvedimenti chiari. Quindi certezza della pena, fine pena mai e niente permessi premio ai responsabili di queste atrocità”.

Sa che sui femminicidi le forze politiche hanno avanzato già un dialogo per individuare nuove contromisure superando diversità tra schieramenti?

“Si tratta di una battaglia di tutti. Ben venga quindi il dialogo. Posso dirle, però, che sono parole che ho già sentito in passato. Poi, però, partecipiamo a convegni in cui giudici e poliziotti vengono a raccontare che mancano anche i braccialetti elettronici per controllare chi è già colpito da provvedimenti cautelari perché responsabile di violenza”.

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