Viaggio nelle campagne tra i timori degli incendi

Viaggio nelle campagne tra i timori degli incendi
di Stefano MARTELLA
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Giovedì 3 Agosto 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 07:02

«Mi allontano da casa per qualche ora, ci sei tu?”. “Sì vai tranquillo, ci sono io”. Non è un dialogo tra coinquilini ma tra vicini. Nelle contrade si iniziano a prendere queste precauzioni: prima di allontanarsi da casa ci si accerta che un vicino resti a presidiare la zona e sia pronto a chiamare i vigili del fuoco, il proprietario stesso o che inizi ad attivarsi da solo nelle attività di spegnimento. Di cosa si ha paura? Del fuoco. Le fiamme sono ormai una presenza costante per chi vive in campagna. Un mosaico fittissimo di incendi che non fa il clamore dei grandi roghi ma che ha seminato una psicosi, una sensazione di insicurezza perenne, soprattutto durante le ondate di calore, quando pare che la terra arda da sola. Nonostante il caldo, le tapparelle si tengono alzate nel caso si avvistasse del fumo, e spesso si esce per sentire se c’è puzza di bruciato. Una puzza che ormai è costante, insieme al suono delle sirene in lontananza. 

La testimonianza


Lo sa bene Davide Barletti, regista cinematografico, che qualche giorno fa ha lottato contro un incendio. «Ero fuori per un viaggio di lavoro e sulla strada del ritorno, superata Brindisi, la vista già incontrava decine di colonne di fumo, tra quelle c’era casa mia - racconta -. L’incendio è partito da un terreno accanto casa, uno dei tanti fondi agricoli lasciati all’incuria. Quando sono arrivato le fiamme erano già alte una quindicina di metri, se non fosse stato per l’intervento dei vicini non ce l’avrei fatta da solo. Abbiamo provato a spegnere le fiamme come potevamo, con le coperte e con le poche pompe a disposizione». È durata due ore, la battaglia. Poi, d’improvviso, il vento è cambiato e le fiamme hanno divorato i terreni adiacenti, abbandonando la casa. La sua pineta è stata distrutta, insieme alle querce che stava crescendo come figli. Ma poteva andare peggio, perché le fiamme hanno sfiorato il bombolone del gas. I vigili del fuoco sono arrivati un’ora e mezzo dopo la chiamata, ma non gliene fa una colpa, avevano già fatto più di quaranta interventi quella mattina e sono sotto organico. «La notte non ho chiuso occhio, per paura che potesse scoppiare un nuovo focolaio - continua Barletti - ho rischiato di perdere i miei affetti, la mia storia. Il giorno dopo ho pensato di vendere tutto e di far vivere i miei figli in un altro luogo, dove non avanza il deserto». 
I ragazzi di Abitare i Paduli, in quello che un tempo era il grande bosco di ulivi nel grande agro a sud di Maglie, si sono organizzati con delle ronde per controllare il proprio fondo, dove hanno delle strutture di accoglienza. «Abbiamo attuato delle difese, a turno siamo sempre in giro a presidiare la zona, abbiamo fatto delle trinciature e arature spingendoci anche nei campi dei vicini che sono abbandonati. Ci siamo attrezzati con estintori e linee di irrigazione, ma anche così non stiamo tranquilli», dice Giorgio Ruggeri. A Nardò l’imprenditore agricolo Gianni Casaluce ha visto distrutti i propri campi: «Ci hanno avvisati e siamo scappati, io ero in ciabatte e mani nude, abbiamo perso due ettari di ceci e tre ettari di grano».

Nelle campagne di Lequile c’è chi, come Maria Romita, si è organizzata installando degli idranti perché già l’anno scorso un incendio ha rischiato di divorare il suo giardino. 

Lo scenario


Guidare in alcune strade del Salento, verso il mare, è come addentrarsi in una pellicola post-apocalittica. Campagne annerite, con i corpi degli alberi riversi e ancora fumanti e il cielo costellato di colonne di fumo. Le fiamme non bruciano soltanto gli ulivi ormai morti ma portano via quello che di verde era rimasto, il mandorlo, il cotogno, il fico, la quercia. Sulla statale 275, all’altezza della zona commerciale di Surano, un incendio nelle campagne adiacenti ha sgretolato la base dei pali dell’elettricità, che giacciono a terra con i fili che brillano ancora di scariche elettriche. Ma c’è un altro binario che scorre parallelo a quello degli incendi figli del riscaldamento globale e delle campagne abbandonate per il disseccamento degli ulivi, ormai prive di custodi. Un fenomeno che unisce la Puglia da Vieste, passando dal Parco dell’Alta Murgia, scorrendo verso le terre di Bari fino alle provincie di Brindisi, Taranto e Lecce. Quello degli incendi boschivi, in esponenziale aumento. 
A San Cataldo, litorale leccese, i roghi sono partiti da quattro inneschi, accerchiando la marina. Per la prima volta il fuoco è entrato nelle case, ha divorato le auto. Il giorno dopo è stato il turno della marina di Corsano, sull’Adriatico (bruciati 10 ettari di macchia), e poi della pineta nella marina di Ugento, sul versante ionico, quasi polverizzata dalle fiamme. Non si tratta più di casi isolati e delle menti perverse di piromani. C’è qualcosa di strutturato. Ne è convinto Francesco Migali, vicepresidente provinciale della protezione civile di Lecce. «Fino a qualche anno fa ci occupavamo di incendi di sterpaglie o canneti. Dall’anno scorso quasi ogni giorno registriamo incendi boschivi, in luoghi protetti o sottoposti a vincolo. Quest’anno è impressionante ed è evidente che è qualcosa di organizzato. A San Cataldo ci sono stati più inneschi, il primo come esca e poi subito dopo gli altri. Non è un caso neanche quanto successo a Torre San Giovanni: l’incendio è stato appiccato nel punto perfetto dove soffiava il vento e dove il fuoco poteva mangiarsi il bosco. Chi appicca questi incendi ha un progetto definito nella scelta del dove, del come e del quando farlo».
Migali svolge da 20 anni questa attività ma non ricorda un’emergenza del genere. «Sono arrivate colonne mobili dei vigili del fuoco dall’Abruzzo, dalla Campania, dal Molise, dalla Basilicata. Si è dovuto far ricorso a dei mezzi dell’Esercito. Non è mai successa questa cosa». Intanto c’è chi si domanda quale spettacolo indecoroso si stia offrendo ai turisti, bisognerebbe anche chiedersi quanto sia ospitale questo territorio per gli abitanti che lo vivono e cos’altro debba succedere affinché le istituzioni, di ogni grado, si rendano conto che è in corso un attacco alla sicurezza dei cittadini, al benessere della comunità, al patrimonio della Puglia. 
 

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