Casini, i ricordi e il futuro (con vista sul Quirinale): «Non ho programmi...». L'incontro con Berlusconi: «Mi disse: sarebbe meglio se io morissi»

L'ex presidente della Camera a Gagliano del Capo: il libro, la politica, gli aneddoti e l'attuale scenario

Un momento della presentazione del libro di Pier Ferdinando Casini a Gagliano del Capo
Un momento della presentazione del libro di Pier Ferdinando Casini a Gagliano del Capo
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Sabato 29 Luglio 2023, 11:45 - Ultimo aggiornamento: 12:05

Sul filo dei ricordi, delle analisi fuori dalla chiassosa mischia quotidiana, e delle lezioni di una politica d'altri tempi. E che ora andrebbe rigenerata, se non altro perché «non esiste meccanismo diverso dalla politica per essere partecipi delle scelte della collettività». Pier Ferdinando Casini, già presidente della Camera e parlamentare da 40 anni (nel 2023 è stato eletto da indipendente nelle liste Pd), ha la serenità d'animo e la pacata lucidità – condite sempre da una baldanza che il tempo non ha intaccato – di chi non è più tormentato da «ansia da prestazioni» (parole sue): «Sono appagato da una vita politica bellissima, la gente mi ascolta con rispetto e sono molto grato agli italiani» e insomma va bene così. Forse. «Il futuro? Non ho programmi, poi verrà quel che verrà...». Una pillola di buonsenso lasciata scivolare lì, quasi per caso, ma attenzione alla domanda d'innesco posta in una mite serata di luglio nella piazza di Gagliano del Capo: cosa vuol fare da grande Pier Ferdinando Casini? L'allusione, chiara, è alla presidenza della Repubblica, sfiorata nel gennaio dello scorso anno. Game over per il Quirinale? Chissà, la politica ha traiettorie spesso imperscrutabili e l'ex presidente della Camera è ormai una “riserva della Repubblica” stimata trasversalmente.

Il libro, l'intervista e l'impegno dei più giovani

Casini nel Salento è di casa, da sempre o giù di lì. Giovedì era ospite del primo appuntamento della rassegna “Il salotto del Capo”, a cura dell'associazione Acrobati, con la supervisione di Giovanna Campanelli e col patrocinio del Comune di Gagliano. Sul palco di piazza San Rocco il pretesto era il libro, pubblicato nei mesi scorsi e intitolato “C'era una volta la politica. Parla l'ultimo democristiano”: un po' autobiografia, un po' carrellata di aneddoti noti o laterali, ma soprattutto l'orgogliosa rivendicazione della cultura diccì, dell'estremismo di centro, del compromesso come segno distintivo, della politica dei partiti nell'accezione più classica e complessa. Si spazia in lungo e largo, le domande a Gagliano sono di Mauro Giliberti (Rai – Porta a porta) che coordina la serata e di Vito Bruno (Tgr Puglia), Francesco G. Gioffredi (Nuovo Quotidiano di Puglia) e Gianfranco Lattante (Gazzetta del Mezzogiorno). «Deve tornare quella politica – dice Casini – e c'è bisogno di professionalità, competenza, di partiti veri e non personali, di radicamento sul territorio. Moro e la Puglia, Forlani e le Marche, Andreotti e il Lazio: erano tutti espressione del territorio, parte di una storia. Oggi nessuno sa chi è il proprio parlamentare». Non è semplice passatismo: «Dico ai ragazzi: fatevi dei giudizi, diversi dai nostri, ma non basatevi sui pregiudizi», «i giovani di oggi sono migliori di noi, però sono più disorientati, è una società nella quale le grandi correnti ideali sono sparite. Ma vedete le battaglie dei ragazzi, il volontariato, la difesa dell'ambiente: è una generazione in gamba», che avrebbe bisogno di politica vera, com'era un tempo. Magari con schemi diversi: «La rappresentazione destra-sinistra non ha più ragione di esistere» e ci sono temi ed emergenze che dovrebbero essere di tutti, in sintonia con i tempi: lo Ius soli, per esempio, e Casini ricorda d'essere stato sempre a favore.

L'ultimo incontro con Berlusconi

Amicizia, affetto, grandi litigate: «Sì, con Berlusconi c'è stato tutto». «Un uomo – ricorda Casini - al quale piaceva piacere a tutti, una persona di una certa bontà e una certa umiltà. Qualche bugia la diceva... ma era così convinto che alla fine pensava fossero la verità». La rottura si consumò dopo 7-8 anni, «quando non condividevo più niente di quello che stava facendo e quando gli dissi che i nostri valori non erano in vendita».

Poi, l'ultimo ricordo: «Durante la vicenda del Quirinale lui è stato molto caro con me, e infatti un mese e mezzo dopo sono andato a trovarlo ad Arcore, è stato il nostro ultimo incontro. Siamo stati a pranzo insieme, abbiamo fatto un giro nel giardino, mi faceva tenerezza: nel tenermi sottobraccio si appoggiava molto. E a un certo punto mi ha detto: “Pier Ferdinando, mi sto chiedendo che cosa faccio ancora a questo mondo, forse sarebbe meglio se morissi”. Sono rimasto di sale, gli ho risposto: “Non esiste, devi lottare, tanti italiani ti vogliono bene”. Mi ha dato ragione e ha cambiato subito discorso».

Meloni e Schlein: «Ha vinto la politica»

Antipolitica dominante? Sì, ma fino a un certo punto: le due leadership di riferimento in Italia hanno un dna politico, in tutto e per tutto. «Giorgia Meloni? Ha vinto la politica. Non voto la premier in Parlamento, ma la rispetto: ha vinto col voto degli italiani, che hanno scelto un governo politico e chi lo doveva guidare. Abbiamo avuto governi tecnici, momenti di emergenza, lo dico e ripeto: sono come gli antibiotici, vanno presi il minimo indispensabile perché distruggono le difese immunitarie. La normalità sono i governi politici espressi dal voto degli italiani». E la destra, oggi, deve ringraziare anche Gianfranco Fini: «Ha avuto meriti importanti: per esempio quando ha rotto col fascismo e ha dichiarato pubblicamente che era stato un orrorre per il nostro popolo, ha reso un servizio alla destra e ha fatto un favore a Meloni. E mi meraviglia vedere che il 25 Aprile una parte di chi ha vinto le elezioni sia più indietro di Fini». «Elly Schlein ha dimostrato di competere in un partito contendibile, il Pd è l'unico partito che non è personale». Conflitto tra due leader donne, «ma non tra nemici, è necessaria anche la collaborazione: i governi passano, rimane il Paese. Nella dinamica maggioranza-opposizione è fondamentale il giusto rispetto reciproco che salvaguardia tutto il resto». Ci sarebbe magari lo spazio per una terza leadership centrista: «Sì, lo spazio c'è. Ma occorre qualcuno che lo occupi e sia credibile a farlo. Io? No, ho finito, sono un signore di una certa età, non fondo partiti, sono cose fatte già in passato. Lo spazio al centro però c'è, ma mi sembrano tutti impegnati a fare una grande cortesia alle due donne». La diaspora dei centristi e dei moderati, sparpagliati qui e lì, e nel centrodestra ce n'è uno particolarmente stimato da Casini: «Conosco bene e stimo Raffaele Fitto. Seguo quello che sta facendo, in Fratelli d'Italia è largamente il migliore. E ha gestito magistralmente la fase politica, portando FdI nei Conservatori europei».

Le “lezioni”, i rapporti e quel soprannome

Il campionario di pensieri-lampo è ricco. «Diffidate dei politici che si ritengono indispensabili, i cimiteri ne sono pieni». «C'è sempre una parte della politica pronta a denunciare i complotti della magistratura – dice dopo essersi soffermato sugli eccessi di certe toghe – per non guardarsi in tasca. Ci sono i malfattori tra i magistrati, ma non meno tra i politici». «Il soprannome Pierfurby affibbiatomi da Cossiga? Sapeva essere velenoso e amabile...ma tra le mie doti non c'è mai stata la furbizia. Se fossi stato più furbo...ma sono grato al mio destino». «Il potere logora chi non ce l'ha, come diceva Andreotti? No, penso sia il contrario. E forse per questo non ho mai fatto il ministro». E poi c'è «la stima» che lo ha unito a tantissimi protagonisti della scena italiana, della Prima e Seconda Repubblica: «Ho cercato sempre di rispettare tutte le persone, mi dà fastidio l'arroganza di alcuni politici, quando hanno lo sguardo dall'alto verso il basso fanno sempre poca strada. Ho imparato tanto, innanzitutto dalle persone umili e dai loro esempi di compostezza, fierezza, dignità». Per nuovi progetti politici e istituzionali c'è tempo, forse, chissà.

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