Piano Casa, Barbanente: «La Regione deve scegliere ed evitare di scaricare sui Comuni»

Piano Casa, Barbanente: «La Regione deve scegliere ed evitare di scaricare sui Comuni»
di Alessandra LUPO
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Giovedì 14 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:56

Fresca di elezione a presidente nazionale della Siu (Società italiana degli urbanisti) Angela Barbanente, professore ordinario di urbanistica al Politecnico di Bari e già assessore della Regione Puglia e presidente regionale di Inu (Istituto Nazionale Urbanistica) Puglia, è considerata a ragione tra le protagoniste delle pratiche più avanzate di governo del territorio. Ora quell’esperienza viene tenuta in grande considerazione. 
Architetto, la Legge Urbanistica nazionale è del 1942, ora cambierà?
«È in corso l’attività ministeriale e l’Istituto Nazionale di Urbanistica dedicherà il prossimo congresso alla nuova Legge, che tutti auspichiamo da decenni. Ovviamente anche la Siu dovrà essere coinvolta in questo processo».
In che direzione si andrà?
«L’idea è che debba essere una legge di principi perché le Regioni hanno innovato tanto e sono andate anche differenziando le proprie pratiche».
Lei ha una lunga esperienza accademica, ma è anche stata per anni un’amministratrice. All’Urbanistica viene da sempre rimproverato di essere un po’ scollegata dall’esistente. Penso a temi cari anche alla Puglia come l’edificato spontaneo. Crede che questo approccio si possa rivedere?
«L’Urbanistica non consiste sono nell’attività legislativa e in quella di redazione dei piani. Secondo me tante critiche che vengono addossate alla disciplina si legano a questa visione molto istituzionale e poco pratica. L’Urbanistica non è solo ciò che viene calato dall’alto, ha molto a che fare anche con le pratiche di trasformazione del territorio, così come esse si sviluppano, a partire dalle istanze dal basso. Oggi abbiamo molte realtà vivaci, iniziative che puntano alla riappropriazione di luoghi, a nuove economie legate al cibo e alla filiera corta. Il problema è mettere in relazione queste due direzioni e sinora ci si è dedicati poco a questo».
La sua esperienza in Puglia è andata in questa direzione.
«La mia esperienza amministrativa mi suggerisce che è molto importante essere vicini ai territori, comprenderne le istanze, le potenzialità e i problemi. E trovare insieme le soluzioni. Si fa un gran parlare di co-pianificazione o di co-produzione, ma la si pratica poco. Resta appannaggio di un’accademia sensibile, ma non di pratiche concrete e soprattutto ordinarie. Dobbiamo fare uscire le esperienze di collaborazione tra le istituzioni e i gruppi di cittadini, di associazioni, ma anche di imprese dalla nicchia delle buone pratiche e renderle la prassi».
Pnrr, la semplificazione delle procedure e il poco tempo a disposizione, sono un rischio per le politiche ambientali?
«Sulla semplificazione in Italia bisogna fare un ragionamento più profondo e forse il Pnrr ce ne fornisce l’occasione. Non dobbiamo dimenticare che alla base del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza c’è il Green New Deal e allora sarebbe un paradosso che la pianificazione del territorio diventasse un ostacolo per la messa a terra di questi progetti. La sfida è quella di utilizzare i piani esistenti, soprattutto quelli aggiornati e innovativi rispetto alle sfide ambientali, climatiche e sociali. Non c’è dubbio che abbiamo sfruttato eccessivamente le risorse a disposizione: lungo le coste, nei centri urbani, consumando suolo e depauperando la falda. Tutto questo in Puglia è affrontato dal Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, che non è un piano di soli vincoli, ma al contrario contiene cinque progetti territoriali orientati verso la sostenibilità, la tutela e la valorizzazione delle risorse. Quella dovrebbe essere una specie di miniera a cui attingere per realizzare progetti coerenti con il Green News Deal».
L’emergenza energetica non rischia di creare ulteriori deroghe?
«Dobbiamo chiederci come intendiamo interpretare la transizione energetica: è paradossale che per realizzare energie rinnovabili consumiamo suole fertile quando la guerra in corso ci fa capire che sarebbe saggio anche preoccuparci della sovranità alimentare. Io sarei più flessibile nelle autorizzazioni di impianti energetici nelle aree urbane, sui tetti di case, sui capannoni industriali e i centri commerciali. Lo sarei meno per il suolo agricolo». 
L’agrifotovoltaico è molto in voga però...
«Sì, ma occorre lavorare all’integrazione: l’agricoltura multifunzionale deve usare le energie rinnovabili per contenere i costi di produzione ma anche per abbattere le emissioni di Co2».
Torniamo al Pptr, in Puglia in questi ultimi anni si è spesso invocato un aggiornamento delle norme attuative. Ma intanto gli adeguamenti al Piano sono stati portati a termine da pochissimi comuni pugliesi. Perché?
«I Comuni vanno accompagnati nell’attività di adeguamento. Noi nel 2014 organizzammo un’articolata attività di formazione insieme a Ministero, Regione, Comuni, liberi professionisti. Non mi pare che questa attività sia stata promossa negli ultimi otto anni». 
I comuni fanno i conti con l’abusivismo, però.
«Noi confermammo i Pirt (Piani integrati di recupero territoriali), proprio per gli insediamenti abusivi. Ma adesso questi strumenti vanno utilizzati, non si migliora la qualità del territorio facendo finta che questi insediamenti non esistano. L’efficacia di un piano consiste nella realizzazione dei sui obiettivi». 
Sta seguendo la discussione sul Piano Casa in Regione. Crede che si possa trovare un compromesso?
«Sì, io penso che vada trovato un punto di equilibrio sulla base dell’osservazione di quanto è accaduto. Gli effetti negativi del Piano Casa sono sempre la sottrazione di aree destinate a servizi. Non è possibile consentire che ovunque residuino dei ruderi si possa demolire e trasformare in fabbricati residenziali sottraendo le aree a verde e servizi. L’altra criticità riguarda le zone industriali, che non sono adatte alle residenze. Io credo che si possa arrivare a una legge che preveda queste premialità nelle aree idonee, evitando di scaricare sui comuni le scelte più spinose. Si tratta anche di un esercizio di responsabilità da parte delle Regione».
A proposito di responsabilità, Lecce ha appena consegnato il suo Piano delle coste, anche facendo scelte coraggiose, cosa ne pensa?
«Un piano delle coste ancorato al Piano Paesaggistico, ma anche a quelle pratiche cui accennavamo, dalla partecipazione alla rigenerazione.

Il metodo utilizzato non ha confinato il Piano delle coste alla sua dimensione puramente gestionale, ma ha cercato di immaginare un destino diverso per la costa basandolo su varie attività. Un bellissimo esempio che spero possa essere seguito anche da altri comuni della nostra regione».

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