La fuga per laurearsi al Nord: persi 80mila studenti in undici anni

La fuga per laurearsi al Nord: persi 80mila studenti in undici anni
di Giuseppe ANDRIANI
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Martedì 11 Aprile 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:43

Non basta, evidentemente, il sole, il mare, il buon cibo e spesso anche buoni corsi universitari a definire la qualità della vita. La Puglia, che pure queste caratteristiche le ha e le mette in vetrina, è la regione italiana ad aver perso più studenti universitari nel corso degli ultimi 11 anni. Dal 2010 al 2011 sono circa 80mila i ragazzi che dal tacco d’Italia sono andati a studiare altrove. Il dato è frutto di un’elaborazione di TalentsVenture su dati Miur e Istat ed è inserito in un contesto di studi per cui i piccoli atenei del Mezzogiorno sarebbero a rischio chiusura nel giro di una ventina d’anni per via del calo demografico. Al di là dell’allarmismo di fondo e dei conti - anche economici - che non tornano, il numero fa impressione. È come se negli ultimi undici anni si fosse spostata per andare a studiare al Centro o al Nord un’intera città grande quanto Brindisi, interamente costituita da ragazzi di un’età compresa tra i 18 e i 21 anni. Menti, a volte brillanti e altre volte meno. La narrazione della “fuga dei cervelli” è cambiata nel corso dell’ultimo decennio. I numeri, però, sono rimasti gli stessi. Chi parte, spesso, finisce per stabilirsi altrove. Perché vivere una città da studente universitario vuol dire colpirla al cuore e spesso essere colpiti allo stesso modo. Vuol dire stabilire un legame viscerale, forte. Almeno nella maggior parte dei casi è così. 

Il dato


Il dato non serve tanto a spiegare la fragilità degli atenei del Sud e in particolare di quelli pugliesi. Anzi, su questo terreno non attecchisce affatto. Anche perché si tratta di numeri che vengono, di fatto, storicizzati dalla tendenza più che decennale. Probabilmente dal post pandemia c’è stato un freno all’emorragia, anche se spesso per motivi economici. In parole povere, la crisi ha reso tutti più poveri, appunto, e ha fatto sì che più famiglie fossero quasi costrette a optare per un ateneo del Sud per i propri figli. Tanto che l’Università del Salento, quella di Foggia e quella di Bari, anche se a salti hanno fatto registrare discrete percentuali di incremento negli ultimi tre anni. In parte la tendenza si sarà anche frenata, ma il dato complessivo dal 2010 ad oggi restituisce l’immagine di un territorio in cui si è comunque ancora convinti che per avere più possibilità, bisogna studiare altrove. 
E - sia chiaro - il concetto dell’esperienza, da vivere da soli per altro, in un’altra città è un arricchimento.

E questo avviene ovunque. Ci sarebbe, però, da interrogarsi sul perché la Puglia diventi il principale serbatoio di giovani fuorisede per numerose città. Per ogni toscano che studia in un’altra regione, ci sono tre pugliesi. Al secondo posto nella graduatoria delle regioni che hanno “perso” studenti perché hanno deciso di immatricolarsi in altre città, c’è il Veneto. Laddove, però, il saldo migratorio viene poi compensato da un buon numero di lavoratori che dal Mezzogiorno si trasferiscono proprio in Veneto. E anche di studenti, soprattutto se si guarda a Padova come centro universitario d’eccellenza per numerose discipline. 

I motivi


Ma i pugliesi che emigrano per motivi di studio, dove vanno? Non è soltanto una questione di ateneo e di prestigio dell’università. C’è chi va altrove perché “tenta” la strada delle facoltà a numero chiuso (Medicina su tutti). Ma anche chi sceglie in favore di contesti che possano già garantire un futuro “avviato”. Ed è il caso di Bologna, Milano, Ferrara, Roma. Si fa una scelta di questo tipo per il prestigio dell’ateneo verso il quale si emigra ma anche per il contesto economico che si trova in quella città. Studiare a Milano vuol dire inserirsi in un contesto diverso, di natura ben differente da quello di Lecce o Bari. Vuol dire, in sintesi, aver più possibilità di trovare lavoro una volta finito il percorso di studi. O almeno questo è quello che generalmente si pensa quando si fa una scelta di questo tipo. 
A conti fatti, quello che resta, è un enorme bagaglio di studenti, menti, che vanno altrove e dopo aver studiato spesso vi si stabiliscono. A ricordare che il problema dello spopolamento, dei paesi che in Puglia arrivano a perdere anche il 25% dei residenti nel giro di dieci anni, non è solo la contrazione delle nascite. L’emigrazione incide. E quella degli studenti non è un partire con la valigia di cartone, ma con il notebook e i libri. Sperando di tornare.

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