L'Istat: «Chi studia di più vive più a lungo»

L'Istat: «Chi studia di più vive più a lungo»
di Giuseppe ANDRIANI
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Sabato 15 Luglio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:19

Un laureato, in media, vive più a lungo di un non laureato. Il dato, per alcuni tratti quasi sconvolgente, emerge dallo studio dell’Istat sulle disuguaglianze sulla mortalità. Più che uno studio vero e proprio un set di tavole che l’Istituto di Statistica ha reso disponibile da qualche giorno. I numeri si riferiscono al 2019, quindi al pre-pandemia, ma proprio dopo l’emergenza covid assumono ancora maggior importanza. “L’attenzione sul tema delle disuguaglianze sociali nella mortalità è sempre più attuale sia in Italia che in Europa. La crisi economica e la recente pandemia hanno evidenziato ulteriormente il bisogno di misurare le disparità all’interno del nostro Paese e il divario tra i paesi europei”, spiega l’Istat nella breve introduzione delle tavole messe a disposizione degli studiosi. Dati che “costituiscono una novità assoluta nel panorama delle statistiche ufficiali - viene specificato - e sono il risultato di un progetto di integrazione dei dati derivanti dall’indagine sui decessi e le cause di morte e il registro base degli individui. Tale integrazione permette di disporre dei decessi e della popolazione secondo le stesse caratteristiche, quali sesso, residenza e titolo di studio e di costruire tassi di mortalità coerenti”. 

I dati


Tra i numeri anche quelli della Puglia, che sono assolutamente in linea con quelli del resto d’Italia. A livello nazionale il tasso di mortalità standardizzato nel 2019 è pari a 122,3 per 10 mila residenti. Chi ha conseguito al massimo la licenza elementare ha un tasso di mortalità pari a 135 per 10mila residenti, valore che è 1,3 volte maggiore rispetto al tasso delle persone con un titolo universitario (104,4 ogni 10 mila residenti). E la disuguaglianza peggiora se si considera la fascia di età attiva. In Italia gli uomini di età compresa fra 30 e 69 anni e con un basso titolo di studio hanno un tasso di mortalità 2,3 volte superiore ai coetanei laureati. Nelle donne tale rapporto è meno accentuato, ma è comunque di 1,9 volte. E in Puglia? Il tasso di mortalità dei residenti maschi di almeno 30 anni è di 171 ogni 10.000 residenti per coloro che non hanno alcun titolo di studio o al limite la licenza elementare.

Scende a 124 ogni 10.000 abitanti, invece, tra i laureati (o con un titolo superiore, quale master o dottorato di ricerca). Tra le donne la differenza, in scala, è la stessa, tenendo però conto di un tasso in sé più basso. Si va da 111 morti ogni 10mila residenti tra chi non ha studiato fino alle 87 persone ogni 10.000 tra le donne laureate. In sintesi, il rapporto è lo stesso. E spiega come muore più spesso - numeri alla mano - chi non ha studiato. Le differenze diventano ancor più ampie e più urgenti se invece si guarda alla popolazione attiva, così come avviene nel resto d’Italia. E cioè: tra i 30 e i 69 anni il tasso di mortalità dei laureati è di 21 decessi ogni 10.000 persone. Il tasso tra coloro che non hanno neppure finito le scuole medie è di 54/10.000. 

I confronti


Tra i due esempi così distanti, chiaramente, c’è il cuscinetto - con una discesa graduale - delle persone con licenza media e dei diplomati. Verrebbe da chiedersi perché un laureato abbia più possibilità di sopravvivere rispetto a un non laureato. E soprattutto perché tra i 40-50enni i decessi delle persone con la licenza elementare o media sono il doppio rispetto a coloro che hanno un titolo di studio superiore. La risposta è da cercare negli effetti sociali e lavorativi del titolo. E cioè: più spesso chi ha studiato meno ha un lavoro più faticoso, magari usurante. E chiaramente entra in gioco il fattore economico: in media un laureato guadagna di più e di conseguenza ha migliori possibilità di cura, vive con maggiori comfort e così via. O almeno questo lasciano presupporre i dati forniti dall’Istat. Spulciando tra le cause di mortalità, connesse al titolo di studio e all’età, tra i residenti da 30 anni in su l’unica malattia che miete più vittime tra i laureati che tra i non laureati è la demenza senile o l’Alzheimer. In ogni caso i dati dell’Istat si prestano a una serie di interpretazioni e studi. A partire dalla necessità di abbattere le disuguaglianze sociali, economiche e culturali. Perché a queste è correlata anche la mortalità. In fondo era facile immaginarlo.

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