Il "fronte del no" tira dritto e chiede il ritiro della legge: «Operazione vergognosa»

Il "fronte del no" tira dritto e chiede il ritiro della legge: «Operazione vergognosa»
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Martedì 25 Luglio 2023, 10:23

«Fine mandato, mai», si legge sullo striscione affisso nella sede barese della Cgil di via Calace, dove ieri si è tenuta un'accesa discussione sulla reintroduzione del Trattamento di fine mandato per i consiglieri regionali pugliesi prevista come punto all'ordine del giorno del Consiglio regionale di oggi.
Quando il fronte del no al ritorno del trattamento di fine mandato in via Gentile si riunisce, in compenso, il colpo di scena è già avvenuto e la lettera del governatore ai consiglieri, per chiedere il rinvio della discussione, è appena stata diffusa. Eppure, non basta a colmare la distanza, non basta lo slittamento del punto all'ordine del giorno. Serve il ritiro: «Ci lascia basiti. Recita tutte le parti in commedia. In politica è sia maggioranza che opposizione. Sul tfm scrive una lettera a se stesso, perché è forse necessario ricordare che prima di essere presidente, è consigliere regionale», rinvia Gigia Bucci, da neo numero uno pugliese del sindacato, all'indirizzo di Emiliano.


Tutt'altro che un tappeto rosso, alla vigilia dell'ultima riunione della massima assise, prima della pausa estiva. Quella che rischiava di passare alle cronache per un muro contro muro evitato in extremis. Erano partiti in circa 40 sulle barricate: Confindustria, Confesercenti e Legacoop ma anche un asse tutto politico che tiene insieme "La Giusta Causa" di Michele Laforgia e "La Scossa", che annovera tra i fondatori l'ex assessore Ludovico Abbaticchio, Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana.
A partire dal fondatore, Nichi Vendola.

Le parole di Emiliano non convincono fino in fondo: «Avrebbe dovuto rispondere a tutti i cittadini, a quelli che rappresentiamo e gli hanno rivolto un appello, e invece si rivolge ai consiglieri e ai partiti», tiene il punto la segretaria. «Per il resto, c'è poco da dire. Non si può confondere artatamente il diritto al trattamento di fine rapporto di un lavoratore al trattamento di fine mandato di un rappresentante delle istituzioni. A mio avviso, è un'operazione politica vergognosa, specie se andiamo a guardare le dimensioni degli indennizzi che già sono percepiti mensilmente», chiarisce. Le dimensioni, appunto. «Circa undici o dodicimila mila euro al mese, che per cinque anni fanno, più o meno, un miliardo e quattrocento milioni del vecchio conio. Non una retribuzione ma una indennità, adeguata a garantire loro dignità e sostentamento proprio e del nucleo familiare. Ci devono convincere che sia anche necessario un tfm», fa i conti il penalista barese, Michele Laforgia. «Non penso che si possa restringere il problema all'interno del Consiglio regionale», spiega, tanto più dal momento che alla misura, per come è costruita, mancherebbero anche le incompatibilità: «Un consigliere che fa l'avvocato o il commercialista può continuare a svolgere la propria attività professionale, se vuole, può farlo e lo ritiene utile», puntella.

"Una norma sbagliata"


Insomma, nessun parallelismo possibile con il tfr di dipendenti pubblici o privati: «Tutte le sigle delle categorie produttive ritengono sbagliata quella norma», conferma Annabella Cascione da numero due di Confindustria Bari e Bat, chiedendo «un gesto opportuno come cancellare quella misura e dedicarsi a priorità molto più urgenti». Nella foto di rito, compaiono gli assessori baresi Pietro Petruzzelli e Paola Romano: «L'unico privilegio da estendere sono salari e pensioni dignitose», citano i cartelli imbracciati.
E così, la palla torna nell'altra metà campo: l'appello del governatore ai suoi a spiegare all'opinione pubblica le ragioni del provvedimento? «Discutiamone, visto che il loro datore di lavoro sono gli elettori. E discutiamone a viso aperto e non nelle sedute balneari. Diversamente, sarà difficile convincere chi non ha un lavoro, è precario o ha una famiglia monoreddito che bisogna dare altri denari a loro», attacca Laforgia.
Lo spazio di manovra è stretto, il fronte resta saldo e quella a un passo dal triplice fischio, prima delle ferie del parlamentino, è una tregua e non una pace: «I consiglieri, a partire dal presidente Emiliano, aprano una discussione a viso aperto e chiedano agli elettori cosa ne pensano sulla possibilità di legiferare in materia, anziché decidere a porte chiuse e secondo proprie priorità, che indubbiamente non corrispondono a quelle della collettività», tiene la barra dritta Gigia Bucci. O, detta in altri termini: «Noi non ci fermeremo».
A.Buc
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