Michele Emiliano: «Decaro un modello che ha trainato la Puglia»

Il governatore racconta la rinascita del capoluogo a partire dalla sua candidatura nel 2004. Tagliare quel ramo danneggerebbe anche chi vota a destra

Michele Emiliano
Michele Emiliano
di Alessandra LUPO
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Domenica 24 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 20:05

Presidente Emiliano, lei dice che gli accertamenti disposti dal Ministero non sono un atto dovuto. Perché?
«Normalmente la nomina di una commissione di accesso parte da un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in cui la magistratura, sulla base di una serie di elementi a disposizione, informa il prefetto e le forze dell’ordine di una possibile infiltrazione mafiosa che va tradotta in un’azione ispettiva per determinare se sia necessario o meno lo scioglimento. Invece non solo il comitato non c’è stato ma a bari il procuratore distrettuale antimafia Roberto Rossi ha ribadito per ben due volte che non ci sono elementi di infiltrazione mafiosa nell’amministrazione della città, che al contrario si è distinta nella lotta alla mafia. Quindi l’autorità che dispone degli elementi più importanti dell'indagine non ha ritenuto di fare segnalazioni. Poi ovviamente il ministro può decidere sua sponte di avviare l’approfondimento anche se risulta anomalo che lo faccia dopo aver ricevuto una delegazione di parlamentari del centrodestra, in campagna elettorale, che gli chiedono lo scioglimento del Comune di Bari».


Piantedosi è stato messo in difficoltà, come dice Casini?
«Un po’ più che in difficoltà. Perché la richiesta che gli è stata fatta lede la forma della terzietà».


Oltre a difendere Decaro, le migliaia di partecipanti al corteo barese riconoscono il valore del modello Bari. Un riscatto iniziato proprio da lei. 
«Questa storia incomincia nel 2004, ero ancora un sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia. Venni sollecitato da un’opinione pubblica vastissima che mi chiedeva di candidarmi. Capii che non era sufficiente far arrestare centinaia di persone per salvare la città in cui ero nato. Mi candidai con una lista civica perché i partiti, voglio ricordarlo, non trovavano un accordo sul mio nome. Quindi ruppi ogni indugio, mi misi in aspettativa e cominciai la campagna elettorale sostanzialmente da solo, dopo si aggiunsero tutti i partiti dell’Ulivo. Da lì iniziò un processo di ascolto profondo dell’anima della città, i 12 forum programmatici cui parteciparono migliaia di baresi, il programma che ne venne fuori corrispondeva a un piano strategico embrionale della città, e la campagna elettorale fu sui contenuti. Io non ho mai detto votateci perché siamo di sinistra ma fatelo perché vogliamo portare Bari fuori dal disastro in cui si trova».


Era un periodo di omicidi all’ordine del giorno.
«Ce n’erano così tanti che dovevamo seppellire le vittime in posti del cimitero lontani tra loro per evitare tensioni durante le visite ai defunti. Ma bisognava anche strappare l’economia al monopolio di poche famiglie cui il centrodestra aveva dato potere. Abbiamo liberato le energie più pure della città e abbiamo ripristinato un’economia di mercato basata sulla legalità. Oggi Bari è una realtà fiorente per occupazione, turismo e innovazione. Ed è chiaro che di fronte a un successo riconosciuto anche dagli avversari, Fitto, Gemmato, Melchiorre, D’Attis e Sisto pensino di avere con questa mossa una chance di sovvertire un verdetto elettorale già scritto, che vede la vittoria del fronte progressista».


Il danno riguarda anche alla carriera politica di Decaro?
«Il danno è alla sua persona, perché non sta scritto da nessuna parte che il sindaco Decaro debba essere additato in tutta Italia come uno che non si accorge di quello che accade in città. Il tutto di fronte a un’amministrazione comunale che si è costituita parte civile 11 volte. Nessuno ha mai negato che a Bari la mafia continui ad esistere e 130 arresti fanno parte della fisiologia antimafia ma il Comune di Bari va premiato per quello che ha fatto anche attraverso l'antimafia sociale».


Che succede in caso di scioglimento?
«L’eventuale scioglimento riguarderà l’amministrazione eletta a giugno nella misura in cui l’ispezione dovesse dimostrare che nemmeno il cambio di amministrazione sia stato sufficiente a rescindere queste fantomatiche infiltrazioni. Quello che ci preoccupa di più non sono le elezioni ma il danno di immagine a Bari, traino della Puglia vincente che è stata capace di ribaltare la questione meridionale. Ma i parlamentari del centrodestra sono così scollati dalla società pugliese da non capire che stanno tentando di tagliare un ramo su cui siamo seduti tutti, anche chi vota per loro. Invece di tentare questa strada dovrebbero cercare di vincere le elezioni presentando un programma e un candidato migliori dei nostri non tentare di approfittare dello smarrimento dell’elettorato».


È vero che ha sfilato uno a uno i possibili candidati sindaco del centrodestra?
«È una sciocchezza totale, loro dicono che ho scelto Simonetta Lorusso come presidente della Fiera per evitare che Ugo Patroni Griffi, suo parente, si candidasse con loro. Ma lui non ne aveva alcuna intenzione e lei è stata mia assessora per anni ed è stata scelta perché è una donna di valore. Stesso discorso per l’ex prefetta di Bari. Ha accettato di fare il presidente del nucleo ispettivo regionale in sanità, un incarico gratuito, perché ci crede e non certo per resistere alla tentazione di candidarsi a sindaco».


Di fatto il modello Emiliano, oltre a tenere insieme maggioranze extralarge, si basa anche su un civismo talvolta additato come strumentale e parente stretto del trasformismo. Lei dal palco l’ha chiamata una scelta di libertà ma non trova che questo porti a compagini a volte incontrollabili?
«Trasformismo significa cambiare idea e sposare un programma di governo diverso, che prescinde dalle posizioni ideologiche, e io non ci vedo nulla di male. Il trasformismo negativo è invece quello di chi elezione per elezione sceglie il campo in cui candidarsi per avere maggiori vantaggi. Le personalità politiche che il centrodestra reclutò nelle elezioni del 2019, compresi il candidato sindaco Di Rella e Olivieri che era uno dei suoi sostenitori, venivano dal centrosinistra quindi il trasformismo fu praticato dal centrodestra. Il centrosinistra ha sempre e solo accolto persone che hanno aderito al programma e purtroppo a un certo punto le due consigliere arrestate aderirono alla maggioranza senza aver nessun particolare ruolo. Decaro ha ammesso che questa inerzia nel tenerle nel centrosinistra è stata un errore ma sappiamo anche che è impossibile impedire a un consigliere così come a un parlamentare di votare con la maggioranza. È un principio di democrazia. E sappiamo anche tutti che il voto di scambio di cui sono accusate doveva favorire un candidato sindaco di centrodestra non certo Decaro».

 

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