Polemica sull'assegno di fine mandato ai consiglieri regionali: è già possibile richiederlo

Polemica sull'assegno di fine mandato ai consiglieri regionali: è già possibile richiederlo
di Vincenzo DAMIANI
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Lunedì 23 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:39

L’unica via di uscita per evitare la beffa e un danno da diversi milioni di euro è convocare d’urgenza il Consiglio regionale e abrogare nuovamente il trattamento di fine mandato (Tfm). Il 6 agosto, infatti, l’emendamento approvato all’unanimità dall’Aula lo scorso 27 luglio è stato promulgato, è quindi ormai una legge. Cosa significa? Che sino a quando non verrà abrogato, come chiesto dallo stesso governatore Michele Emiliano, i consiglieri regionali in carica dal 2010 al 2015 e dal 2015 al 2020 potranno, se non lo hanno già fatto, chiedere legittimamente il pagamento arretrato del Tfr per gli anni che vanno dal 2013 sino al 2020.

Il "pasticcio" 
Un pasticcio che potrebbe pesare dai due ai quattro milioni sulle casse del Consiglio regionale, nessuno, difatti, potrà impedire ai consiglieri di incassare quello che, allo stato attuale, è un loro diritto soggettivo. La Corte Costituzionale, più volte, ha ribadito che l’abrogazione di una legge non può avere effetti retroattivi se questi sono a sfavore del cittadino. Quindi, se qualche ex consigliere avesse già provveduto a trasmettere istanza via Pec nessuno potrebbe negargli il diritto a ricevere la somma che gli spetta. Insomma, la vicenda si arricchisce di un ulteriore tassello destinato a far discutere e non è da escludere che ci sia adesso la “corsa” a farsi riconoscere l’assegno di fine mandato maturato nelle scorse legislature. Ecco perché l’unica soluzione per rimediare è convocare di urgenza il Consiglio regionale e procedere con la cancellazione della norma. «È l’unica cosa da fare», conferma l’ex assessore regionale al Bilancio, Rocco Palese, tra coloro che legittimamente potrebbe chiedere gli arretrati ma invece preme per l’abrogazione. «Il presidente della Regione Puglia – incalza – dovrebbe chiedere alla presidente del Consiglio regionale una convocazione di urgenza per poter procedere con l’abrogazione.

Se c’è accordo non vedo perché non si proceda rapidamente. L’assegno di fine mandato in questo momento è un diritto soggettivo, sancito da una legge». 

L'iter
In realtà, un accordo tra i gruppi consiliari non c’è, nemmeno all’interno della maggioranza di centrosinistra dove ci sono ancora delle resistenze nonostante la presa di posizione netta del capo della coalizione. Giovedì sera il governatore Emiliano aveva chiesto pubblicamente al Consiglio di tornare sui propri passi: «Mi pare che la proposta di immediata abrogazione sia la più giusta», ha sostenuto. «Hanno fatto questa delibera - è stato il rimprovero rivolto dall’ex magistrato - senza neanche avvisare il presidente, cosa che devo dire, mi ha molto amareggiato. Ma adesso vedo che ci stanno ripensando e la cosa mi fa immenso piacere perché evidentemente sono ancora rimasti collegati con l’opinione pubblica».
Il Tfm è stato riattivato a distanza di otto anni dalla sua abrogazione lo scorso 27 luglio attraverso un emendamento “anonimo” ad una proposta di legge che nulla c’entrava con il tema e senza discuterne alla luce del sole. Un “blitz” che però ha finito per indignare l’opinione pubblica: dai semplici cittadini che hanno protestato davanti alla sede del Consiglio, passando per i sindacati Cgil a Uil, sino a Confindustria Puglia, Confimi Puglia, e diversi esponenti politici, persino anche ex consiglieri regionali, come Elena Gentile, in tanti hanno contestato l’operato dei consiglieri. Adesso c’è una ipotesi sul tavolo della maggioranza di centrosinistra per uscire dalle polemiche: abrogare la norma approvata all’unanimità e riproporre la discussione in Aula alla luce del sole. Ma bisogna fare presto, ulteriori tentennamenti e giorni perdi potrebbero solamente provocare un danno alle casse del Consiglio e rendere quasi vana l’eventuale abrogazione.

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