Non ci fu diffamazione: assolti giornalisti che avevano pubblicato l'intercettazione in cui Nichi Vendola rideva per le domande sui tumori

Non ci fu diffamazione: assolti giornalisti che avevano pubblicato l'intercettazione in cui Nichi Vendola rideva per le domande sui tumori
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Venerdì 16 Giugno 2023, 21:14 - Ultimo aggiornamento: 17 Giugno, 14:31

Non ci fu diffamazione. I giornalisti de ilfattoquotidiano.it sono stati assolti nel processo in seguito alla denuncia di Nichi Vendola. Il 15 novembre 2013, il quotidiano riportò un'intercettazione nella quale l'allora governatore della Regione Puglia rideva in una telefonata con Girolamo Archinà, all'epoca dei fatti alto dirigente dell'Ilva di Taranto. Le risate erano per una mossa con la quale Archinà aveva fisicamente bloccato un giornalista tarantino che aveva chiesto a Emilio Riva conto dell'alto tasso di tumori tra i cittadini. 

Secondo la Corte d'Appello di Bari (giudici Michele Ancona, Vittorio Gaeta e Paola Barracchia) non era diffamatorio né il titolo e neppure il montaggio video della telefonata. Sono per questo stati assolti - a distanza di tre anni dalla condanna in primo grado - il direttore Peter Gomez, i giornalisti Francesco Casula e Lorenzo Galeazzi e il montatore Samuele Orini (assistiti dagli avvocati Caterina Malavenda e Vincenzo Giancaspro).

Non dovranno 50mila euro all'ex governatore, che sarà invece tenuto a liquidare le spese legali sostenute in primo e secondo grado.  

Era corretto, quindi, il titolo secondo la Corte d'Appello (“Ilva, risate per le domande sui tumori. Ascolta la telefonata choc di Vendola”). I giornalisti cercarono una replica di Vendola.  “Trattasi – spiegano i giudici – di circostanza non contestata dal Vendola, con il quale il giornale evidentemente intendeva mettersi in contatto per consentirgli di fornire la sua versione dei fatti ed eventualmente favorire la rettifica di valutazioni errate, secondo una regola deontologica. Regola il cui rispetto, pienamente verificato nel caso di specie, costituisce un ostacolo insormontabile al riconoscimento della asserita volontà diffamatoria”.

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