Fabio Novembre e il futuro del design: «Una filiera in Puglia? Sì ma senza individualismi»

Fabio Novembre e il futuro del design: «Una filiera in Puglia? Sì ma senza individualismi»
di Alessandra LUPO
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Sabato 6 Maggio 2023, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 10:21
Fabio Novembre, designer tra i più influenti del panorama italiano ma anche mente pensante del settore, su posizioni mai prevedibili. All’ultimo Salone del mobile è stato protagonista con due progetti fortemente evocativi: “Green rabbit”, la poltrona che celebra uno dei brani indimenticabili dei Negramaro realizzata insieme a Natuzzi e poi l’allestimento per Iqos, che esplora l’abitare in termini di condivisione. Un tema, quello della condivisione, che apre necessariamente alla riflessione sulla condizione umana e la sua fragilità. 
Fabio Novembre, lei lavora ed è apprezzato in tutto il mondo ma non ha mai tagliato il rapporto con la sua terra di provenienza, la Puglia. Partiamo allora da un dato pubblicato recentemente dal Sole24ore: in termini di design l’Italia scavalca la Germania ma il contributo della Puglia resta piuttosto modesto. Come legge questo dato?
«La leadership italiana nel settore è nota. Il sorpasso sulla Germania lo interpreto in un’ottica di costante miglioramento su cui tutti lavoriamo. Se la produzione in Cina poteva essere una tentazione in passato, adesso la crescita dei loro prezzi, il costo del trasporto e la nostra crescente competitività hanno contribuito a rendere l’Italia una ottima opzione produttiva sia per il medio che per l’alto livello. A questo proposito incide anche una secolare “intelligenza delle mani” dovuta alla storica tradizione manifatturiera e artigianale, una qualità così diffusa sul territorio che potrebbe far pensare al nostro Paese come a un laboratorio a cielo aperto».
Cosa non decolla allora, posto che di questi giorni è anche l’intesa dei marchi storici con quella del design industriale?
«Il nostro panorama è effervescente ma spezzettatissimo: ci si muove come monadi di Leibniz e l’isolamento ha dei limiti oggettivi».
Come se ne esce?
«Pensando come in una partita di calcio, in cui ognuno gioca nel suo ruolo per un risultato comune. Pensiamo alla realtà milanese, la più importante del design non solo in Italia ma nel mondo. Nei settori legati alla creatività non c’è un brand internazionale che non metta in agenda questo evento eppure anche quest’anno abbiamo avuto vari disagi e malfunzionamenti. Il Salone è un fenomeno da proteggere! Ci stiamo lavorando insieme alla Municipalità perché si parla di un patrimonio dell’intero Paese ed è arrivato il momento di superare gli individualismi delle varie realtà che gli gravitano attorno».
La Puglia in tutto ciò?
«Io cerco sempre di essere ottimista, la Puglia paga senza dubbio un passato poco industrializzato ma a guardare bene quei dati del Sole è comunque capofila di un fenomeno meridionale. Come sempre in questi casi, il dato è tutto da inquadrare: siamo piccoli ma leader nel Mezzogiorno e dobbiamo vedere in questo il punto forte».
Qual è?
«Conoscendo la realtà pugliese, mi inorgoglisce ad esempio il lavoro che sta portando avanti l’assessorato allo Sviluppo economico regionale di Alessandro Delli Noci a favore dei sistemi di imprese. Qualche segno si inizia a vedere».
Lei sta collaborando con la Puglia a un grande evento che si terrà a breve, ci può anticipare qualcosa?
«In realtà si tratta di due eventi, con il mio Studio stiamo curando per la Regione Puglia l’allestimento a Index Dubai e un altro evento che sarà più avanti a New York. La Regione ha scelto di ampliare la prospettiva rispetto alla sua presenza in ambito internazionale e credo che sia la prima volta che uno grosso Studio come il mio viene coinvolto in un progetto del genere. Normalmente se ne occupano agenzie che propongono soluzioni più standard».
Lo stand pugliese diventerà quindi di per sé un evento?
«Ci proveremo, ma non si tratta solo di strutture fisiche quanto anche di reti e contatti. Quando si esprime qualità si ottiene credibilità».
Tornando ai dati, come si spiega una povertà del design industriale in una regione così effervescente e votata all’artigianato?
«Le faccio un esempio, nella selezione delle aziende che saranno in fiera, ci sono artigiani con fatturati di poche decine di migliaia di euro: l’individualismo ci contraddistingue dal punto di vista storico. E dobbiamo provare ad uscirne. Ovviamente senza perdere l’identità, che è un’altra cosa».
Università, scuole e aziende. Manca la filiera?
«Io non credo che l’Università sotto casa sia sempre un bene. Quando mi iscrissi ad Architettura la sede più vicina alla Puglia era Pescara e quindi decisi che tanto valeva andare a Milano. Non mi sono mai pentito di quella scelta, allora era come fare il servizio militare: eri costretto a confrontarti con il mondo esterno, ad abbandonare la comfort zone. Oggi i ragazzi hanno più scelta e anche a livello locale la formazione si è strutturata ma mi piace immaginare che ci si possa incrociare tra realtà geografiche diverse, io ho sempre creduto nel mescolamento e nel confronto. Con una formazione così capillare comunque la filiera si crea facilmente: la stessa Natuzzi oltre che i divani propone ormai un’idea di casa completa. A proposito di Natuzzi, in Puglia abbiamo la fortuna di avere il leader italiano del settore ma con poca sinergia con gli enti locali. Mi sto attivando con l’Assessore Delli Noci per creare un tavolo di lavoro che approfondisca possibilità di collaborazioni e sinergie. L’idea sarebbe un conglomerato del comparto che possa dialogare a più livelli con le istituzioni e i mercati per attrarre investitori».
Ha una ricetta per questo?
«La solita, che ripeto da anni: rinunciare ai fondi europei e detassare chi investe da queste parti. Sarebbe una manovra a costi contenuti e darebbe al territorio la possibilità di esprimere potenzialità enormi».
Sta pensando di entrare in politica?
«Ma no, io so fare soltanto il mio mestiere».
All’ultimo Salone ha portato un’idea concettuale molto sociale, quella realizzata per Iqos sui condomini come forma di condivisione. Un’idea che ritorna.
«Pur facendo l’architetto, c’è una parola che io odio: “appartamento” che deriva da appartare, separare. Io preferisco il concetto di casa, che unisce. L’attenzione al linguaggio è già una forma di selezione degli obiettivi. Stare insieme, collaborare, ha permesso ai nostri antenati di dominare il pianeta. Prima di scegliere una strada che porta inevitabilmente all’estinzione del genere umano, sarebbe bello rimboccarsi le maniche e darci delle nuove priorità per cui l’interesse collettivo trionfi sempre sugli egoismi individuali».
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