L'intervista/Lopalco: «Focolai spezzati sul nascere, ma siamo pronti a tutto»

L'intervista/Lopalco: «Focolai spezzati sul nascere, ma siamo pronti a tutto»
di Vincenzo DAMIANI
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Lunedì 16 Marzo 2020, 10:49 - Ultimo aggiornamento: 12:14
«In base ai dati che abbiamo a disposizione in questo momento e ai modelli di progressione dell'epidemia elaborati, in Puglia possiamo definire la situazione tranquilla, ovviamente metta tra virgolette la parola tranquilla. Il rispetto del decreto che obbliga i cittadini a restare a casa sembra avere effetti positivi». Però, c'è una variabile che potrebbe far saltare i piani: «Il rientro dal nord Italia di migliaia di persone, per lo più giovani, è un motivo di preoccupazione».
Il professore di Igiene all'Università di Pisa, Pierluigi Lopalco, leccese, è stato nominato da circa una settimana responsabile della task force della Regione Puglia per il contrasto al coronavirus: nella comunità scientifica è considerato uno dei migliori epidemiologi a livello internazionale, ma ha scelto di tornare nella sua Puglia per mettersi a disposizione. Lavora a stretto contatto con il governatore Michele Emiliano, il direttore del dipartimento Salute, Vito Montanaro, e tutti gli epidemiologi e responsabili degli uffici Igiene delle singole Asl. Perché «il piano ospedaliero è importante», ma ancora più decisivo spiega - è il lavoro di prevenzione «sul territorio». Spezzare la catena dei contagi, è questa la principale strategia.
Professore, sulla scorta dei dati attualmente a disposizione, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi 14 giorni?
«In base ai modelli di progressione dell'epidemia elaborati, oggi abbiamo una situazione che possiamo definire tranquilla. I pugliesi stanno rimanendo in casa e questo corretto comportamento sta dando effetti positivi. Abbiamo un basso numero di casi, un numero facilmente gestibile. E sono persino inferiori a quello che prevederebbero i modelli elaborati».
Come si sta preparando il sistema sanitario pugliese a fronteggiare il picco di contagi?
«Sono due le linee di lavoro, c'è la linea ospedaliera e il presidente ha comunicato già cosa prevede lo schema. Stiamo organizzando all'interno degli ospedali aree per la gestione del Covid-19, ad esempio al Policlinico di Bari il padiglione Asclepios è destinato solo a pazienti coronavirus. Il numero di posti letto è già sufficiente, calcolando pubblici e privati. Non abbiamo particolare preoccupazioni. Però, poi, c'è una seconda linea di lavoro, che è quella in cui stiamo mettendo molto energie, cioè quella territoriale: è fondamentale identificare i casi rapidamente e avviare la messa in quarantena di tutti i contatti».
Il rientro di oltre 16mila pugliesi dal Nord potrebbe provocare focolai?
«È un motivo di preoccupazione perché parliamo di un numero significativo. Non possiamo escludere che possano esserci altre persone che sono rientrate, ma non si sono auto segnalate. Se tra queste migliaia di persone dovessero esserci dei positivi, magari asintomatici, vorrebbe dire aver portato il virus in casa, contagiare i parenti».
Come giudica le attuali misure di contenimento previste dal decreto del presidente del consiglio dei ministri? Si poteva essere più severi prima vista l'esperienza cinese?
«Le misure adottate sono il minimo che si potesse fare per rallentare il contagio. Adottarle prima? Con il senno di poi è semplice parlare, ma sono decisioni difficili da prendere. L'Italia lo ha capito subito che eravamo davanti ad un problema serio, altri Paesi dimostrano di non averlo capito».
In Inghilterra hanno optato per una strategia diversa.
«Non la considero nemmeno una strategia, ma una decisione criminale».
Che cosa accadrà in Puglia se le misure di contenimento non dovessero funzionare?
«Abbiamo un piano che è stato calibrato sullo scenario peggiore possibile, tipo Lombardia per intenderci. In teoria siamo pronti a ricevere una brutta ondata, siamo abbastanza tranquilli. Poi, noi studiamo dati e facciamo scenari, ma non abbiamo la sfera di cristallo. Abbiamo ipotizzato da due a tremila infezioni, per la metà di questi sarà necessario il ricovero, nel 10-15% dei casi la terapia intensiva».
Ci sono aree della Puglia che preoccupano più di altre?
«Bari presenta più casi ma lo avevamo messo in conto.Taranto è quasi indenne, le altre più o meno sono sulla stessa linea. Sul Gargano temevamo un focolaio tipo Codogno ma l'intervento è stato tempestivo e lo abbiamo evitato: ecco l'importanza della linea di lavoro territoriale. In Salento al momento situazione gestibile, non ci sono focolai».
In base ai dati, quando presumibilmente l'Italia uscirà da questa pandemia?
«Previsione davvero difficile, perché purtroppo l'andamento epidemico è disallineato. Buon per noi perché avremo l'epidemia più tardi e abbiamo avuto la possibilità di organizzarci. Però dobbiamo fermare ovunque il contagio, altrimenti lo blocchiamo in Emilia ma riparte nel Lazio».
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