Il reddito delle imprese agricole: Puglia al quintultimo posto in Italia

Il reddito delle imprese agricole: Puglia al quintultimo posto in Italia
di Maria Claudia MINERVA
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Sabato 9 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 15:09

Anche l’agricoltura divide il Nord dal Sud del Paese. Luci ed ombre di un sistema produttivo, su cui ha acceso i fari uno studio del Crea, che analizza la redditività delle aziende agricole italiane, al fine di fornire elementi utili a comprendere la situazione economica e lo stato di salute dell’agricoltura italiana. La ricerca - un interessante lavoro che riporta i risultati economici e produttivi, caratteristiche strutturali, sociali ed ambientali delle aziende agricole, e che tiene conto dei dati Rica (Rete di Informazione Contabile Agricola) – è stata attentamente esaminata dal professor Angelo Frascarelli, neo presidente di Ismea, e dal ricercatore Luca Palazzoni con risultati per certi versi – soprattutto per quanto riguarda il Meridione - sorprendenti. Dallo studio, pubblicato anche su “Terra e Vita”, settimanale di agricoltura, emerge che la Puglia con 19.102 euro è quintultima in Italia per reddito netto medio aziendale, seguita solo dal Molise (18.901), dall’Abruzzo (16.914), dalla Sicilia (14.619) e per ultima dalla Calabria (13.978). Saldamente al primo posto c’è la Lombardia con 41.433 euro di reddito netto medio aziendale, più del doppio della Puglia e quasi tre volte la Calabria. 

Il contesto

«Il contesto agricolo italiano è da sempre caratterizzato da una forte diversificazione territoriale e da un’ampia gamma di prodotti, contraddistinti da elevata qualità, elementi che contribuiscono a renderlo uno dei settori più rilevanti per l’economia nazionale - viene sottolineato nell’analisi di Frascarelli -. Le politiche agricole che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni hanno dato particolare importanza al ruolo fondamentale che questo settore svolge per lo sviluppo e la crescita delle aree rurali e per la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Favorendo così la crescita di un nuovo modello d’agricoltura, che affianca alla sua funzione primaria sia la produzione di beni e servizi collaterali che la salvaguardia delle risorse naturali e la produzione di beni pubblici ambientali».

Lo studio

Il valore totale della produzione agricola è dunque determinato dalla sommatoria delle attività tradizionali, delle coltivazioni e degli allevamenti, a cui vanno aggiunte le attività secondarie e quelle di supporto. Sulla base dei dati forniti dalla contabilità nazionale Istat, il valore totale della produzione agricola nel 2019 ammonta a 57.316 milioni di euro, di cui l’80% (45.814,6 milioni di euro) è dato della produzione agricola, al netto delle attività secondarie e di supporto. È emerso che i ricavi totali aziendali, derivanti sia dalle attività agricole in senso stretto che da quelle connesse, sono pari in media a 67.116 euro. Questi sono composti, in quota prevalente (80%), dalla vendita dei prodotti, mentre la restante parte dai servizi, nello specifico dall’agriturismo (7,4% del totale), da altri ricavi complementari e dal supporto pubblico (12,6%). La distribuzione territoriale dei ricavi medi aziendali presenta una marcata differenziazione tra le diverse regioni: le aree settentrionali registrano i valori dei ricavi più elevati, in particolare Lombardia (134.494), Emilia-Romagna (110.000 euro), Piemonte (94.620) e Veneto (94.306); le regioni centrali presentano valori dei ricavi abbastanza in linea con la media nazionale; infine, le aree meridionali che sono caratterizzate da minori valori, soprattutto in Calabria (32.802) e in Sicilia (38.000 euro), la Puglia (49.575). Una situazione abbastanza simile ai ricavi, per quanto riguarda i valori medi e la loro differenziazione tra le regioni, si rileva anche nell’ambito della Plv (produzione lorda vendibile) che come valore medio aziendale risulta pari mediamente a 63.407 euro, mentre la Puglia si ferma a 48.145 euro e con un valore aggiunto pari a 31.674 euro. 
In termini assoluti, nel 2019, le aziende del settore dei seminativi hanno registrato un reddito netto analogo (30.547 e 32.858 euro rispettivamente) come pure una simile ripartizione della componente fissa (4.795 euro e 5.311 euro) e variabile (30.921 e 27.895 euro) e dei costi, che hanno inciso in maniera molto simile sul totale dei ricavi aziendali, facendo rimanere il reddito netto a una quota del 46,1% e 49,7% rispettivamente.

Analizzando le colture permanenti le aziende olivicole sono quelle che hanno un reddito netto aziendale più basso (24.047 euro), ma anche costi medi variabili (11.529 euro) e fissi (4.259 euro) per azienda più bassi. 

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