Stop al carbone nel 2025: «Ma ci vogliono le opere». Frenata sul gasdotto bis

Stop al carbone nel 2025: «Ma ci vogliono le opere». Frenata sul gasdotto bis
di Francesco G.GIOFFREDI
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Lunedì 27 Gennaio 2020, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 10:51
La lettura può essere duplice, da una parte ottimistica e dall'altra quantomeno cauta e realistica: l'Italia programma al 2025 l'addio alla produzione d'energia da carbone, ma stavolta fissa paletti prudenziali, implicitamente ammettendo il ritardo in fatto d'infrastrutture per gas e rinnovabili, cioè il mix della futura transizione energetica pulita. Nei giorni scorsi il governo ha pubblicato e inviato alla Commissione europea il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, ultima (e definitiva) stesura dopo un iter di oltre un anno. Il documento spiega come il Paese intende allinearsi agli obiettivi del 2030 su efficienza energetica, fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni di CO2, sicurezza energetica, interconnessioni, mercato, mobilità sostenibile.

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La principale e più delicata leva del Piano è però la decarbonizzazione, il cosiddetto phase out, strategia che in Puglia vuol dire molto: la centrale Enel di Cerano, a Brindisi, s'avvia a spegnimento e conversione a gas. Non è l'unico hub di riferimento nella rinnovata mappa energetica italiana: il Piano riconosce e rafforza la centralità del gasdotto Tap con approdo a San Foca (avvio del transito di metano sul finire dell'anno), ma stoppa quasi sul nascere la seconda infrastruttura con approdo salentino, cioè il gasdotto EastMed (gas dal bacino di Levante, tra Cipro e Grecia, e approdo tramite Poseidon a Otranto). «Il progetto - si legge nel Piano - pur potendo consentire dal 2025 un'ulteriore diversificazione delle rotte attuali, potrebbe non rappresentare una priorità visto che gli scenari di decarbonizzazione possono essere attuati tramite le infrastrutture esistenti e il Tap. Appare inoltre utile favorire la produzione di gas rinnovabili da immettere in rete e, in prospettiva, per tutti gli usi finali».


Il Piano dovrà adesso incassare il disco verde della Commissione europea e sarà operativo dal 2021. Insomma: si fa sul serio, e proprio per questo il governo ha sposato il profilo di maggior prudenza. La nuova stesura ingloba di fatto il decreto clima e le poste di bilancio per il Green New Deal previste dall'ultima Legge di stabilità. «L'Italia - spiega il Pisno - intende accelerare la transizione dai combustibili tradizionali alle fonti rinnovabili, promuovendo il graduale abbandono del carbone per la generazione elettrica a favore di un mix elettrico basato su una quota crescente di rinnovabili e, per la parte residua, sul gas. La concretizzazione di tale transizione esige ed è subordinata alla programmazione e realizzazione degli impianti sostitutivi e delle necessarie infrastrutture», ed è questo il passaggio cruciale, che vincola la decarbonizzazione alla realizzazione delle infrastrutture. C'è un passaggio che cita implicitamente Brindisi: «Il phase out dal carbone potrà essere implementato attraverso, tra l'altro, la realizzazione di unità termoelettriche addizionali alimentate a gas, necessaria anche in considerazione dell'incremento delle quote di rinnovabili». Il riferimento è, appunto, al percorso di riconversione a gas della centrale di Cerano avviato dall'Enel.

Per il gas viene ritagliato il ruolo di strategia-ponte: «Considerato che il gas continuerà comunque a svolgere nel breve-medio periodo una funzione essenziale, in sinergia con le fonti rinnovabili, per gli usi industriali e domestici (oltre che per i trasporti) e soprattutto per la generazione elettrica, occorre continuare a prestare una particolare attenzione alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Le forniture di gas attualmente provengono prevalentemente da Paesi con elevati profili di rischio geopolitico; per controbilanciare tale situazione sfavorevole si è cercato di diversificare i fornitori non europei (Algeria, Libia, Qatar, Russia) già da diversi anni e si continua ancora attivamente in questa direzione (Azerbaijan, Usa, Canada)». Ecco, appunto: Tap è «infrastruttura che verrà messa in funzione in un orizzonte di breve termine (entro il 2020) consentendo l'importazione di circa 8,8 mld di metri cubi all'anno di gas azero in Italia e con un potenziale incremento di capacità per ulteriori 10 mld all'anno realizzabile senza nuovi interventi infrastrutturali sul suo tratto italiano, per il quale è in corso il processo di offerta di capacità per la fase-2». Riguardo alle rinnovabili, argomenta il Piano, «l'Italia ne promuoverà l'ulteriore sviluppo insieme alla tutela e al potenziamento delle produzioni esistenti, se possibile superando l'obiettivo del 30%».

Ma i costi? Si stima che, nel periodo 2017-2030, occorrano oltre 180 miliardi di investimenti aggiuntivi. L'attuazione del Piano sarà assicurata dai decreti legislativi di recepimento delle direttive europee in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili e di mercati dell'elettricità e del gas, tutti da emanare nel corso del 2020. «L'obiettivo dell'Italia - dichiara il Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli - è quello di contribuire in maniera decisiva alla realizzazione di un importante cambiamento nella politica energetica e ambientale dell'Unione europea, attraverso l'individuazione di misure condivise che siano in grado di accompagnare anche la transizione in atto nel mondo produttivo verso il Green New Deal». Ma occorre fare in fretta, senza lasciare i progetti sulla carta.
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