Tra non voto, Movimento 5 Stelle e centrodestra: così Emiliano ha pescato ovunque e vinto le Regionali

Tra non voto, Movimento 5 Stelle e centrodestra: così Emiliano ha pescato ovunque e vinto le Regionali
di Francesco G.GIOFFREDI
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 09:42 - Ultimo aggiornamento: 18:15
Ha gettato le reti in mare e ha pescato ovunque, da qualsiasi sponda. Senza nemmeno sfruttare l'esca del disgiunto, e viceversa evocando il voto utile. Michele Emiliano ha vinto tendendo al massimo l'arco del trasversalismo. Con tre strategie parallele: da un lato la mossa politica, imbastita negli anni, cioè includere pezzi di centro, di destra e civismo nella coalizione di centrosinistra; dall'altra parte attivando la mobilitazione contro il pericolo sovranista (e lo racconta l'affluenza al 56,4%); e infine la capacità di pizzicare le corde giuste dell'elettorato, spostandolo a blocchi sulla sua leadership aggregante.

Lo ha ammesso lo stesso governatore-bis, ma lo confermano anche i primi studi sui flussi di voto a firma Swg: solo il 36 % di chi aveva votato centrosinistra alle Europee ha barrato il nome di Emiliano, che viceversa ha scardinato il forziere del non voto (lo ha scelto il 40% di chi aveva disertato i seggi un anno fa) e col suo populismo soft ha sottratto fette di consenso a chi populista lo è di inclinazione, cioè M5s e Lega. Nel dettaglio: hanno votato Emiliano l'11% degli elettori cinque stelle (il riferimento è sempre alle Europee) l'11% dell'elettorato leghista (e il 10% dell'elettorato di centrodestra).

Matura così, grazie a questa azione a tenaglia, la performance del governatore, spalmata omogeneamente su tutto il territorio pugliese: il risultato finale è del 45,32%, otto punti in più rispetto al più diretto avversario (Raffaele Fitto, centrodestra, è al 38,93%). Il governatore vince a Lecce, Taranto, Bari (col massimo vantaggio: 51,41%, 18 punti sull'avversario), Foggia (minor percentuale: 43,79%) e Bat. Perde di misura solo a Brindisi: in terra messapica s'impone Fitto per 43,7% a 40,48%. La cinque stelle Antonella Laricchia - che ha evidentemente ceduto in piena emorragia flussi di voto al centrosinistra, e ha pesato la dinamica nazionale giallorossa - si ferma all'11,12%, oscillando tra l'8,67% di Lecce e il 14% della Bat.

Il ridotto impatto del voto disgiunto è testimoniato anche dal raffronto tra voto al candidato e voti delle coalizioni: nel caso di Emiliano lo scostamento è di appena 1,4 punti (a vantaggio del primo), Fitto raccoglie il 2,5% in meno delle liste, per Laricchia la forchetta è ridottissima (0,67% in più rispetto ai due simboli). I partiti, poi: il Pd è primo al 17,25%, la seconda forza è Fratelli d'Italia al 12,63%, poi la Lega crollata al 9,57%, incalzata da Forza Italia all'8,91% e da La Puglia domani (la civica fittiana) all'8,42%. Da approfondire la dinamica delle liste extra-Pd del centrosinistra, molte delle quali di matrice civica: Con Emiliano è al 6,59%, Popolari al 5,94%, Senso civico (che abbraccia anche Art1-Mdp) al 4,16%, poco sotto il 4% invece Italia in Comune e Puglia solidale e verde.

Il M5s implode al 9,86%. Ed è un caso aperto: impietoso il parallelo con le Europee 2019 (26,3%, persi oltre 250mila voti), nemmeno azzardabile quello con le Politiche 2018 (quando fu boom da 44%). Che fine ha fatto l'elettorato pentastellato? Sempre Swg: rispetto alle Europee, solo il 29% ha confermato il voto al M5s, il 17% si è spostato sul centrosinistra, il 6% verso il centrodestra e addirittura il 47% ha scelto di non votare. Cosa è successo? Hanno inciso senz'altro l'appello al voto utile, la disarmonia con lo scenario nazionale, i timori di un centrodestra incalzante, la confusione interna al movimento. Tanto che è già esplosa la resa dei conti, a cominciare dalla Puglia (alla vigilia segnalata come la regione della possibile miglior performance).

L'altro flop è la Lega, che toglie ossigeno al centrodestra. Non del tutto imprevedibile, a dire il vero. Il partito di Salvini era reduce da una prestazione in crescita, il 25,3% delle Europee 2018: s'è piantato al 9,5%, fuoriusciti oltre 240mila voti. Dove sono finiti? Sempre rispetto alle Europee: appena il 28% ha confermato la preferenza alla Lega, il 24% degli elettori 2019 s'è spostato su altre liste del centrodestra, il già citato 11% ha virato verso Emiliano e il 34% è rimasto a casa. Anche qui: perché? Più elementi: la profonda diversità delle regionali, dove pesano tanto la personalizzazione del voto e il ruolo dei candidati consiglieri (e la Lega in Puglia ha optato spesso per un nome-traino per provincia, affiancato da seconde schiere); l'appeal di Matteo Salvini non è esportabile, cioè si depotenzia e diluisce quando è slegato dalla figura del leader; e poi la già citata arma della mobilitazione di massa contro il sovranismo nordista evocata da Emiliano. Chi cresce da un anno all'altro è FdI: dall'8,9% al 12,6%, con flussi in entrata da altri partiti di centrodestra (ha sottratto perciò alla Lega) per il 32%, dal non voto (23%) e dal M5s (8%). Lo stesso Fitto ha di fatto consolidato il consenso del centrodestra (lo ha scelto il 69% dell'elettorato di coalizione delle Europee), ha pescato dall'astensionismo (24%), ma non ha fatto per niente breccia tra M5s e centrosinistra.

Emiliano intanto ammette: «Un mare di elettori leghisti ha votato per noi, quindi bisognerà avere grande rispetto di questo elettorato che vuole efficienza come al Nord. Dobbiamo far passare a loro questa nostalgia di Lega». E ancora: «Questo blocco sociale» che ha permesso al centrosinistra di vincere «ha voluto andare avanti anche se eravamo solo contro tutti. Questo blocco sociale, ora, ha bisogno di una rappresentanza, non viene rappresentato probabilmente dai partiti tradizionali». Con nuove aperture al M5s: «Sono pronto, sulla base di un programma, a qualunque tipo di apporto da parte loro, purché sia rispettoso. Perché in campagna elettorale sono stato spesso colpito sul piano personale, cosa che non ha mai fatto Fitto, che è stato correttissimo». L'inclusività continua.
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