Videocamere contro lo spaccio: 42mila euro per le scuole leccesi

Spaccio a scuola
Spaccio a scuola
di Valeria BLANCO
3 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Aprile 2019, 09:18
Videocamere all'esterno delle scuole per contrastare lo spaccio. Centri storici, edifici pubblici, zone industriali: tutti sempre più coperti dagli occhi elettronici che offrono la sensazione di una maggiore sicurezza. E le città si trasformano, lentamente, in uno di quei paesaggi futuristici descritti da George Orwell nel suo Grande Fratello.
C'è anche Lecce tra le città italiane che beneficeranno dei fondi messi a disposizione dal ministero dell'Interno per dotare le scuole di videocamere di sorveglianza, con l'obiettivo di ostacolare lo spaccio davanti ai cancelli. E chissà, poi, se non si tratterà soltanto di far trasferire gli spacciatori altrove, magari appena dietro l'angolo. Fatto sta che è pronta per essere distribuita una seconda tranche di finanziamenti, pari a 4,2 milioni di euro, che rientrano nell'ambito del progetto Scuole Sicure, già varato lo scorso settembre e che ora amplia la sua platea ad altri cento comuni, tra cui rientra anche Lecce. Di questi fondi, in Puglia arriveranno 465mila euro che andranno a undici Comuni, purché gli amministratori ne facciano domanda entro il 31 maggio alla prefettura.
Il contributo si compone di una quota fissa, pari a 20mila euro per ciascun Comune, e di una parte variabile, commisurata al numero di residenti. A Lecce, sulla base dei calcoli, dovrebbero arrivare quindi 42.769 euro. Il finanziamento potrà essere utilizzato, a partire dal prossimo anno scolastico, soprattutto per installare sistemi di videosorveglianza efficaci nella prevenzione dei fenomeni di spaccio di droga, che sempre più spesso avvengono proprio all'entrata e all'uscita dei ragazzi da scuole. Ma i fondi potranno coprire anche le spese per assumere a tempo determinato agenti di Polizia locale, pagare le prestazioni di lavoro straordinario degli agenti di Polizia locale già in servizio e per acquistare mezzi e attrezzature. Inoltre, il 10% del contributo potrà essere impiegato per promuovere campagne informative volte alla prevenzione e al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti.
Una misura di cui il ministro Matteo Salvini va particolarmente orgoglioso. «Confermiamo l'impegno concreto a favore degli amministratori locali - ha spiegato il ministro - rafforzando un'iniziativa che abbiamo inaugurato un anno fa, dedicando risorse specifiche per contrastare gli spacciatori vicino alle scuole. Siamo sempre più attenti alle esigenze del territorio. Con il decreto sicurezza abbiamo dato più poteri e fondi ai sindaci, abbiamo iniziato a rafforzare tutte le questure d'Italia e abbiamo dato risorse aggiuntive per la videosorveglianza dei Comuni, per la Province, per i paesi sotto i 20mila abitanti. E oggi continuiamo in questa direzione. Dalle parole ai fatti».
Ma c'è tra dirigenti, professori, studenti e addetti ai lavori, anche chi ha un'idea di scuole sicure diversa da quella del ministro. Tra le voci fuori dal coro, quella della coordinatrice dell'Unione degli studenti, Giulia Biazzo, che ha invitato i sindaci a non richiedere quei fondi alle prefetture. «Scuole Sicure - dice - è stato un progetto fallimentare, uno spreco di risorse pubbliche servito solo a rendere le scuole dei campi di battaglia: altro che sicurezza. La scuola dovrebbe ospitare un dibattito libero ed informato sull'uso delle droghe per prevenire le situazioni di rischio, mentre dei 4,2 milioni assegnati solo il 10% potrà essere utilizzato per le campagne educative». Per l'Unione degli Studenti, i veri problemi delle scuole italiane sono ben altri: «È ridicolo pensare - conclude Biazzo - che la sicurezza si porti con telecamere e polizia quando tetti e muri rischiano di crollarci in testa ogni giorno. Chiederemo a tutti i comuni coinvolti di non fare il gioco di Salvini e non richiedere i fondi di Scuole Sicure. Pretendiamo che i fondi vengano immediatamente spostati per le riparazioni e la reale messa in sicurezza di tutti gli edifici: le scuole sicure sono quelle che non ci crollano in testa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA