Video dal drone, il day after a San Cataldo: cenere e devastazione. La marina in ginocchio dopo i roghi

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Bastassero, per una volta, le lacrime dei pugliesi. Le lacrime delle famiglie di Lecce, anima autentica della marina di San Cataldo: a causa degli incendi divampati nel primo pomeriggio hanno visto andare in fumo la villetta al mare, i sacrifici di una vita. O le lacrime degli imprenditori, titolari di campeggi, stabilimenti balneari e hotel nella perla del Gargano, Vieste. Nell’arco di un pomeriggio si sono ritrovati in mano soltanto un mucchio di cenere. Ma le lacrime non sono bastate a spegnere il fuoco che ieri ha divorato ettari di pineta e macchia mediterranea a San Cataldo e i boschi che orlano come un ricamo le scogliere viestane. C’è voluto il sudore dei vigili del fuoco, sempre sotto organico: manca il 30% delle unità previste per la Puglia. Ci sono volute le autobotti arrivate da Francavilla e da Taranto, quando si è compreso che i caschi rossi in servizio a Lecce, da soli, non avrebbero potuto fermare il fronte del fuoco. È servito il lavoro incessante delle squadre Arif e dei volontari della Protezione Civile; degli agenti della Polizia Locale che hanno bloccato ogni via d’accesso al mare mentre un’enorme colonna di fumo s’alzava fra i lidi pieni di villeggianti impauriti e gli ombrelloni punteggiati dalla cenere che pioveva dal cielo, fra i tricicli, i dondolo e le cycas nei giardini delle villette dei leccesi. Con i Canadair in volo - inizialmente soltanto uno perché gli altri erano impegnati altrove, in questo Sud che va bruciando - il rogo si insinuava fra le case, obbligando le famiglie ad abbandonarle. Chi non lo ha fatto spontaneamente, è stato costretto, anche con la forza: il pericolo era tangibile tanto quanto la disperazione.

Il Day after a San Cataldo

La marina leccese, ieri per la prima volta, è stata evacuata. Una ferita nel corpo vivo del paesaggio e del vissuto di un’intera città che a San Cataldo, fra il lungomare e la pineta, ha trascorso la sua infanzia, la sua giovinezza. Oggi sul campo restano i segni della devastazione: macchia mediterannea e abitazioni distrutte. Strade deserte e strutture ricettive e balneari chiuse. Si contano i danni e da domani si penserà alla ripartenza. Ma oggi è il giorno del silenzio, della rabbia e del dolore.