Il segreto della vita oltre i limiti dell'uomo dal cuore dei ghiacci

Lo studio dell'Università del Salento

Il segreto della vita oltre i limiti dell'uomo dal cuore dei ghiacci
di Maria Claudia MINERVA
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 10 Maggio 2023, 15:00 - Ultimo aggiornamento: 15:06

Cosa accade al corpo di un uomo che, per un anno, vive sopportando temperature tra i -60 e -80 gradi centigradi, completamente al buio per sei mesi e completamente alla luce del sole per gli altri sei, convivendo in spazi ristretti con al massimo altre dieci persone e senza alcuno svago sociale? «Sicuramente avrà un aumento dei livelli circolanti di glutammina e lipidi, mobilitati per soddisfare il fabbisogno energetico dell'organismo, e anche una riduzione dei livelli circolanti di glutammato e N-acetil glicoproteine: indicatori dell'insorgenza di condizioni di stress e di possibili processi infiammatori.

Condizioni estreme

Ecco come i membri delle spedizioni in Antartide si adattano alle condizioni estreme, cioè in un ambiente caratterizzato dalla mancanza di ossigeno». A rivelarlo è la risonanza magnetica nucleare del loro sangue in uno studio dei ricercatori dell'Università del Salento, che hanno analizzato i campioni di siero di otto partecipanti della spedizione antartica della base "Concordia", dopo averli raccolti ad intervalli di tempo definiti e confrontati con quelli del periodo precedente la partenza.

Il loro studio ha permesso di accertare i cambiamenti acuti e l'adattamento cronico alla mancanza di ossigeno che si manifesta in un simile contesto.

 

L'indagine

L'indagine è stata effettuata utilizzando tecniche di risonanza magnetica nucleare, dai gruppi di ricerca di Chimica del professor Francesco Paolo Fanizzi e di Fisiologia del professor Michele Maffia, entrambi del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell'ateneo leccese. I profili metabolici dei campioni di siero, rappresentativi di tutte le componenti molecolari in essi contenute, sono stati ottenuti mediante spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e sono stati successivamente analizzati con tecniche di analisi statistica.
«Le possibili perturbazioni nei processi legati al metabolismo degli individui studiati, potenzialmente correlati all'adattamento fisiologico, sono state rilevate confrontando i valori relativi ai campioni di sangue raccolti prima dell'inizio della missione con quelli all'arrivo alla base e alla fine della missione» spiega il professor Fanizzi.

La ricerca universitaria

L'Università del Salento ha sempre partecipato alle missioni in Antartide, ma questa è la prima volta in cui uno studio è svolto completamente dai ricercatori salentini. «La base "Concordia" è italo-francese e si trova a poche centinaia di chilometri dal Polo Sud - sottolinea il professor Maffia, direttore scientifico del progetto "Concorde" di Biomedicina, subentrato al professor Michele Samaja - è situata a circa 3.200 metri sul livello del mare e si appoggia sulla calotta glaciale. Peraltro il clima è molto secco e c'è una bassissima percentuale di umidità, quindi si crea una situazione di "ipossia duratura ipobarica", che viene sperimentata per circa 12 mesi dai ricercatori che si recano in Antartide, una condizione che chiaramente è da tenere in considerazione, tanto che nelle spedizioni c'è sempre un medico, selezionato dall'Esa (Agenzia spaziale europea) che accompagna gli studiosi.

Condizioni ai limiti

Non solo. Ci sono anche altre condizioni che creano stress, come l'alterazione dei ritmi circadiani, perché si perde il ciclo "giorno-notte", considerato che si alternano sei mesi di buio e sei mesi di luce. Per non parlare poi delle ripercussioni psicologiche, conseguenti al fatto di vivere completamente isolati da tutto».

Esperimenti continui

Ma perché è importante studiare come reagisce il corpo umano a stimoli estremi? «L'Antartide viene definita come una sorta di base sperimentale per capire quale potrebbe essere, ad esempio, l'adattamento dell'uomo su Marte» rivela il professor Maffia. «Il nostro studio ha l'obiettivo di avere informazioni sull'adattamento fisiologico dei ricercatori in un ambiente abbastanza ostile - aggiunge -. Il siero di sangue utilizzato è stato prelevato in tempi diversi, sia prima della partenza che dopo, trasportato con congelatori a -80 gradi, in modo che potesse conservarsi integro per poter essere analizzato». E i risultati sono stati davvero eccezionali.

Dall'Antartide allo spazio

«Studiare le variazioni del metabolismo aiuta a capire cosa succede all'organismo e, anche, se eventuali danni potranno permanere anche dopo il rientro dalla spedizione». Ricerche rivolte al futuro prossimo, quando magari l'uomo riuscirà a conquistare altri pianeti. E non è un'ipotesi avveneristica, tanto meno il remake del film "Odissea nello spazio".

© RIPRODUZIONE RISERVATA