Salento, morì dopo l'intervento per ridurre l'obesità: medico assolto

La giudice Valeria Fedele
La giudice Valeria Fedele
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Sabato 23 Aprile 2022, 08:49 - Ultimo aggiornamento: 13:34

Si è concluso con una sentenza di assoluzione il processo avviato per verificare se il medico specializzato nella cura e negli interventi chirurgici per ridurre l'obesità, G.L., 74 anni, di Chieti, fosse stato responsabile della morte della paziente di Vasto (in provincia di Chieti) sottoposta a novembre del 2016 nella clinica Petrucciani di Lecce al quarto intervento per contenere la tendenza a prendere peso in eccesso. Fatto non sussiste, ha stabilito la giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce, Valeria Fedele, accogliendo le richieste del pubblico ministero Francesca Miglietta e dell'avvocato difensore Michele Bonsegna.

Il processo

A dare la svolta al processo è stata la scelta della giudice di nominare un perito, il dottore Innocenzo Bertoldi, dopo che i consulenti di accusa e difesa avevano tratto conclusioni opposte nell'esame in aula durante il processo. Il medico legale Andrea Mele ed il chirurgo d'urgenza Stefano Calderale per la Procura; il medico legale Roberto Vaglio ed il bariatra Marcello Lucchese per la difesa.

Il parere del perito

Esaminato nell'udienza del 17 febbraio, il dottore Bertoldi ha sostenuto questa tesi: «Per quanto riguarda gli interventi posti in essere durante il ricovero della signora ... presso la Clinica Petrucciani di Lecce, in tutti e tre gli interventi non ho trovato nulla di anomalo o comunque di criticabile dal punto di vista tecnico.

Ossia l’esecuzione, così come è stata descritta nei verbali operatori dei tre interventi, è stata ineccepibile per tutti quanti. La stessa cosa, d’altra parte, è confermata da tutti gli altri periti, sia i consulenti del pubblico ministero sia i consulenti delle diverse parti. Sotto questo aspetto, sulla tecnica, nulla ha da eccepire. Per quanto riguarda gli accertamenti eventualmente che dovevano essere eseguiti prima dei vari interventi, in riferimento principalmente al primo intervento, quello del 15, come veniva riportato dai colleghi del pubblico ministero, doveva essere eseguito un accertamento un po’ più completo rispetto alle condizioni della paziente. In particolare sullo stato nutrizionale della stessa prima dell’intervento. Io ho discusso. Vi ho portato anche quello che dice le Linee Guida della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità. Debbo dire che in queste Linee Guida e anche nella pratica comune non è previsto di ripetere tutto l’iter iniziale di un paziente che viene risottoposto ad intervento chirurgico, quindi non c’è bisogno di una rivalutazione pluridisciplinare coinvolgente lo psicologo, il nutrizionista e quant’altro».

L'accusa

Il processo ha accertato se fosse vero che prima dell'intervento del 15 novembre del 2016 non fossero state fatte accurate diagnosi ed anmenesi e nemeno uno studio preoperatiorio anche alla luce degli interventi precedenti. L'intervento - diceva l'accusa - fu eseguito nonostante la paziente soffrisse di peritonite. I familiari della vittima costituiitisi parte civile con l'avvocatessa Aurora Mancini attendo ora il deposito delle motivazioni della sentenza per valutare se ci siano i presupposti per impugnarle in appello.

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