Salento, falsi braccianti alle dipendenze di un'impresa agricola: truffa all'Inps per 140mila euro, 50 indagati

Salento, falsi braccianti alle dipendenze di un'impresa agricola: truffa all'Inps per 140mila euro, 50 indagati
di Matteo CAIONE
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Sabato 14 Agosto 2021, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 09:45

Falsi braccianti alle dipendenze di un'impresa agricola che esisteva solo sulla carta. Sono 50 gli indagati nell'ambito di un'inchiesta per truffa ai danni dell'Inps, che nelle scorse ore hanno ricevuto l'informazione di garanzia firmata dal pm Maria Consolata Moschettini, titolare del fascicolo. Indagini del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Lecce.

L'azienda esistente solo sulla carta 

Si tratta dei titolari dell'azienda fittizia e dei finti braccianti: uomini e donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni, tutti residenti nel Salento tra Trepuzzi, Surbo e Squinzano, ma anche a Lecce, Campi, San Pietro Vernotico e Lizzanello. L'avviso di garanzia è arrivato a braccetto con il contestuale sequestro preventivo delle somme depositate sui conti correnti degli indagati. Congelati anche conti e depositi bancari e postali che, sebbene non intestati alle persone finite sotto inchiesta, sono comunque a loro riconducibili.


La truffa allo Stato ammonterebbe a circa 140mila euro. Ovvero, la somma delle indennità di disoccupazione, maternità, malattia e delle indennità Covid che i finti braccianti avrebbero percepito negli anni 2019 e 2020.

Indennità ottenute indebitamente, perché erogate dall'Inps sulla base di un rapporto di lavoro subordinato in agricoltura che però era soltanto apparente. Secondo l'accusa, infatti, il raggiro sarebbe stato organizzato a partire dalla costituzione di un'azienda agricola fittizia (cioè l'apparente datore di lavoro) che mai ha perseguito l'oggetto sociale. Si tratta di un'impresa creata nel febbraio 2018 e con sede a Surbo.

L'inchiesta

Dalle carte dell'inchiesta emergono tre personaggi chiave, cioè i promotori dell'azienda agricola: M.P., una 44enne di Surbo, amministratore di fatto della società con la partecipazione di I.B., 52 anni, di Surbo. E con loro P.I., 49 anni, di Trepuzzi, il legale rappresentante della società che sostanzialmente, secondo le risultanze delle indagini, era soltanto un prestanome. Disoccupato e in difficoltà economica, con la promessa di aiuti finanziari sarebbe stato convinto a comparire formalmente come rappresentante dell'impresa.
Le indagini hanno infatti messo in luce che proprio la 44enne, amministratore di fatto, avrebbe pagato il notaio per l'atto costitutivo della società e si sarebbe recata in banca col 49enne per aprire il conto della società. Il prestanome sarebbe stato peraltro istruito dalla donna sulle cose da dire agli organi ispettivi in caso di controlli e su un terreno abbandonato da indicare come oggetto di coltivazione da parte dell'impresa agricola. Questa è, dunque, la tesi dell'accusa. Intanto, i 50 indagati, che sono difesi dagli avvocati Christian Quarta (di fiducia) e Loredana Maruccia (d'ufficio), con la notifica dell'informazione di garanzia avranno la possibilità di esercitare il diritto di difesa.

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